La notizia dei tubetti di concentrato di pomodoro dell’azienda italiana Petti preparati con pomodoro cinese e venduti nei supermercati britannici diffusa dalla BBC ha creato in molti consumatori dubbi sull’origine e sulla qualità delle conserve Made in Italy. Questo succede perché gli italiani sono convinti che la penisola sia da anni invasa dal pomodoro asiatico. I motivi sono da ascrivere alle campagne allarmistiche di Coldiretti e di alcuni servizi televisivi, come quella realizzato nel 2015 fa da Nadia Toffa, inviata del programma Le Iene, che allertava sull’arrivo in Italia di pomodoro ammuffito e di scarsissima qualità.
Ad alimentare la confusione contribuisce il pressappochismo degli articoli e dei servizi televisivi che parlano genericamente di ‘pomodoro cinese’, senza precisare che si tratta di fusti di triplo concentrato. Non si dice nemmeno che il concentrato arriva anche dalla California e dal Cile.Non si dice che questi fusti sono utilizzati solo da 5-6 aziende localizzate in Campania e servono per produrre conserve da esportare in Paesi extra UE, soprattutto africani. Su questi barattoli e tubetti esportati in Africa compare la scritta “Packed in Italy” e non “Made in Italy”. Le altre 120 aziende conserviere che operano nel nostro Paese utilizzano solo materia prima italiana.
Pomodoro cinese in Italia?
Prima di continuare, occorre precisare che in Italia dal 2005 si possono produrre solo pelati, passate o tubetti di concentrato ottenuti da pomodoro fresco coltivato sul nostro territorio. Lo prevede la legge. Non così è in Francia e in Germania e nel resto della UE, dove la passata di pomodoro si può fare diluendo il triplo concentrato cinese, ma in questo caso in etichetta bisogna indicare l’origine della materia prima. La regola non vale per il Regno Unito, essendo ormai un paese Extra UE.
Un altro elemento da considerare è che in Italia non c’è mai stata una segnalazione, una denuncia, un’analisi delle Asl o dei Nas che abbia rilevato l’utilizzo di pomodoro cinese nel conserve vendutei nei supermercati. Nessuno ha documentato la presenza o l’uso di concentrato asiatico nella polpa, nei pelati e nella passata. In un simile contesto, la leggenda dell’invasione del pomodoro asiatico ha trovato terreno fertile solo grazie a fake news. Anche il libro Rosso Marcio di Jean Baptiste Malet (Piemme Editore, 2017), che descrive molto bene la filiera del pomodoro asiatico in Europa, pur evidenziando alcune criticità italiane per quanto riguarda il caporalato, non segnala mai l’impiego del concentrato cinese nelle nostre conserve.
L’inchiesta della BBC sul pomodoro cinese
Ma allora perché l’inchiesta della BBC ha destato tanto rumore? Nel Regno Unito, sulla base di analisi di laboratorio commissionate dalla stessa BBC, su 64 tubetti di concentrato di pomodoro venduti in UK, USA e Germania, è risultato che solo 47 contenevano effettivamente materia prima italiana. Si è confermata l’autenticità di tutti i prodotti in vendita negli Stati Uniti, di quelli con i marchi italiani più celebri, come Mutti e Napolina (Princes), nonché quelli di alcuni supermercati tedeschi e britannici, quali Sainsbury’s e Marks & Spencer.
Dieci dei 17 tubetti di concentrato di pomodoro sospettati di contenere concentrato cinese sono firmati dall’azienda italiana Petti, che riporta sull’etichetta la dicitura “Made in Italy”. L’azienda non ha negato l’origine della materia prima, precisando che la norma lo consente, e anche la scritta “Made in Italy” è permessa perché l’ultima operazione di trasformazione è avvenuta nei suoi stabilimenti di Nocera Superiore. Questo è però un punto dolente perché può trarre in inganno i consumatori britannici, anche se è permesso per l’ambiguità di una norma internazionale. Detto ciò, dal mese di ottobre 2024 Petti ha smesso di importare concentrato di pomodoro asiastico. La soluzione del problema è quella proposta dall’associazione di categoria delle industrie conserviere Anicav, che spinge Bruxelles a varare una norma per indicare sempre in etichetta l’origine delle materia prima, come prevede la norma italiana, e non solo in casi particolari come prevede quella europea.
Il pomodoro nei supermercati italiani
La vicenda sollevata dalla BBC non ha quindi nulla a che vedere con le conserve vendute nel nostro Paese preparate con pomodoro fresco coltivato in Italia e riconosciute come un prodotto di ottima qualità. Lo conferma un test di Altroconsumo su 25 marche datato maggio 2023, che promuove tutti i campioni con giudizi più che positivi. Analoghe le conclusioni di una prova del gennaio 2023 pubblicata dalla rivista Il Salvagente su 20 marche.
In questa cornice, la segnalazione della BBC e lo scandalo Petti (oggetto nel 2021 di un maxi sequestro e di un indagine proprio sull’origine del pomodoro) assumono contorni diversi ed esclude qualsiasi collegamento con il prodotto italiano. Qualsiasi riferimento diverso da questo è in malafede. Purtroppo queste fake news sono ormai consolidate fra molti consumatori e anche fra alcuni giornalisti, che hanno la cattiva abitudine di tradurre male gli articoli pubblicati da riviste straniere e di copiare i comunicati stampa di Coldiretti sul pomodoro cinese senza i necessari accertamenti.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Coldiretti, Il Fatto Alimentare
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
L’acquisto di materia prima estera è prassi consolidati in molti settori agroalimentari e andrebbe destigmatizzata anche per il pomodoro, ovviamente l’impresa italiana che compra dall’estero deve essere garante della qualità del prodotto che compra (come succede senza eccessivo clamore per la pasta).
La cina non è più solo il paese del basso costo – pessima qualità e sicuramente si possono importare prodotti di qualità pari ai nostri anche da lì.
I pomodori italiani poi non sono sicuramente un esempio di trasparenza e umanità.