Perché il prezzo del panettone venduto nei supermercati oscilla da 4 a 15 €/ kg? Il listino è correlato alla qualità degli ingredienti o prevalgono altri fattori legati al marketing? Prima di andare avanti è bene ricordare che il panettone è uno dei pochissimi prodotti da forno industriali di alta qualità proprio in virtù della lievitazione naturale. Giustificare queste differenze è complicato proprio perché la produzione del dolce tipico natalizio è regolamentata dal Decreto 22 luglio 2005, che prevede un’unica ricetta con l’impiego di farina, burro, uova, uvetta e canditi. Solo chi lo rispetta può scrivere la parola “panettone” sulla confezione.
Falsi panettoni
Per questo motivo i dolci a forma di panettone per vegani e quelli senza zucchero non possono riportare il nome per esteso. La normativa regolamenta solo le quantità minime dei suddetti ingredienti: di conseguenza ogni azienda può impiegare più ingredienti pregiati come uvetta, canditi e burro e di migliore qualità. L’altro fattore non stabilito dal disciplinare riguarda i tempi di maturazione e di lievitazione che varia da 24 a 72 ore.
Quanti impasti?
L’impasto e la lievitazione con la successiva maturazione sono una fase importante perché si utilizza il lievito madre abbinato a piccole quantità di lievito di birra. Ogni azienda custodisce gelosamente il proprio lievito madre caratterizzato da microrganismi selezionati, che conferiscono al panettone un profilo organolettico preciso.
Nella lavorazione servono due impasti con lievito madre che diventano tre se si aggiunge il lievito di birra. Il primo è chiamato “bianco”, nel secondo si aggiunge il lievito di birra (la biga) mente nel terzo, detto “giallo” compaiono uova, canditi, uvette e aromi. I marchi più attenti usano uova o tuorli di uova di galline allevate a terra e lo scrivono in etichetta, altrimenti si usano quelle di animali allevati in gabbia. Per il burro si può scegliere tra quello tradizionale con il 18% di acqua oppure quello anidro. Ogni azienda stabilisce autonomamente le modalità e i tempi della lievitazione.
“Tre Marie – spiega Luciano Triangeli, direttore qualità di Galbusera proprietaria del marchio – parte con un lievito madre che viene rinfrescato con acqua e farina 3 volte ogni 4 ore per un totale di 12 ore di lievitazione. Dal terzo rinfresco viene prelevata una porzione di pasta che dopo una maturazione di durata variabile (da 36 a 48 ore), è destinata ad avviare un nuovo ciclo produttivo. Sommando le varie fasi di produzione, cottura, raffreddamento e confezionamento il ciclo si conclude dopo quasi tre giorni”. Vergani fa lievitare l’impasto per 31 ore mentre la la fase di raffreddamento (naturale, a temperatura ambiente) dura 15-16 ore. Maina e Balocco fanno durare la lievitazione 2 giorni, mentre il raffreddamento si completa in 8 ore in modo naturale. Bauli indica una lievitazione di 48 ore ma non specifica le modalità del raffreddamento.
La qualità o quantità degli ingredienti influisce sul prezzo?
Due ingredienti che incidono maggiormente sui costi di produzione sono la frutta candita e l’uvetta. La frutta candita – arancia e cedro – può essere italiana oppure spagnola o arrivare dal Sud America. I prezzi variano da 1,0 €/kg per le scorze di arancia importate conservate in salamoia, fino a 3,5 €/kg per la qualità top (scorzoni italiani congelati provenienti da arance siciliane). Per il cedro la differenza è minore: dai 2,5 ai 3,5 €/kg. L’uvetta proviene prevalentemente dalla Turchia, e possono esserci differenze sensibili di prezzo in funzione della selezione e del calibro.
Aromi
L’ultimo elemento da valutare riguarda gli aromi naturali come la vaniglia e l’olio essenziale di arancia, entrambi molto pregiati e costosi. Qualche azienda preferisce quelli di sintesi (come si legge in etichetta). Un altro particolare è la scarpatura, ossia l’incisione sulla sommità del panettone, che ricorda un po’ l’antico gesto del taglio a croce durante la benedizione del pane, che può essere fatta a mano (Tre Marie) o meccanicamente prima della cottura in forno. La fase di raffreddamento è importante perché incide sui costi, e anche sulle caratteristiche organolettiche. Qualcuno raffredda in modo statico mettendo i panettoni a testa in giù per 16 ore, mentre altri mettono il prodotto a testa in giù per otto ore. Altri raffreddano rapidamente in tunnel e il processo si conclude dopo 10-15 minuti.
Come si conserva fino a Natale?
Per mantenere un aspetto morbido e soffice sino a Natale non si utilizzano conservanti. Oggi con l’aiuto di emulsionanti e preparati enzimatici si riesce a mantenere il prodotto in ottime condizioni e a non farlo asciugare.
I panettoni industriali si distinguono in tre categorie. La prima comprende i prodotti top di gamma venduti a 11-16 €/kg, seguiti da altri che costano la metà (6-9 €/kg) e dai prodotti con il marchio delle catene di supermercati (4,5-7,5 €/kg). A fare scendere questi prezzi contribuiscono le promozioni che permettono di svendere un prodotto di alta qualità a un prezzo inferiore a quello dei biscotti per la colazione. Questo avviene nel mese di dicembre a ridosso delle festività.
È difficile pensare che un tempo di lievitazione così lungo e l’impiego di ingredienti di pregio, possa essere remunerato con un prezzo inferiore ai 5 euro. In questi casi si tratta di vere vendite sottocosto. La parola “vere” non è casuale, perché per anni le catene di supermercati hanno venduto panettoni in perdita. Nelle vendite sottocosto che si susseguono durante l’anno per altri prodotti, a dispetto delle evidenze, il bilancio delle catene dei supermercati non indica mai il segno meno.
Riassumendo…
Numero di impasti, tempi di lievitazione e tipo di lievito, insieme al sistema di raffreddamento, oltre alla qualità e quantità delle materie prime sono gli elementi che determinano le differenze dei dolci di Natale. Abbiamo detto qualità e non prezzo, perché quando si parla di panettone il listino è spesso sganciato da questi elementi, perché può subentrare il vero sottocosto.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Vero le differenze tra panettoni però non è assolutamente giustificata l’enorme differenza di prezzo.
Sono molto goloso di panettone e nel periodo natalizio ne compero almeno una dozzina per consumarmeli a colazione, merenda, post pranzo, ed occasioni varie.
Ogni volta che acquisto una marca diversa dai precedenti, li scansiono con l’App Yuka, sperando di veder apparire un giudizio almeno mediocre.
Ma niente. I giudizi vanno da 0/100 (tra i tanti, con mia gran delusione, anche il panettone Tre Marie!!), ad un massimo di 7/100.
Una desolazione.
Io continuo a mangiarli lo stesso, nonostante i giudizi catastroficamente pessimi.
Ma vi sembra possibile che qualsiasi panettone, di qualsiasi marchio, sia valutato così male?
Gentile Flavio, se consideriamo gli aspetti nutrizionali, è molto difficile consigliare un prodotto come il panettone. Come abbiamo scritto in un altro articolo, un giudizio negativo di Yuka, o un Nutri-Score negativo, non significano che dobbiamo evitare questi prodotti in modo assoluto, ma quando mangiamo un dolce così ricco di grassi e zuccheri dobbiamo tenerne conto per “bilanciare” la dieta, cercando di essere più moderati negli altri pasti. Consumare panettone a colazione, dopo pranzo e a merenda, dal punto di vista nutrizionle non è consigliabile. Per quanto riguarda la valutazione di Yuka, pesa anche il fatto che in generale questi prodotti contengono emulsionanti come i mono e digliceridi degli acidi grassi, recentemente messi sotto accusa dal mondo scientifico e considerati da Yuka sostanze “a rischio”. Comunque, anche il Nutri Score, sistema che valuta esclusimante gli aspetti nutrizionali, attribuisce a tutti i panettoni una E e un bollino rosso.
Beh, chi compra il panettone usando l’app Yuka messa a punto dai francesi (sulla base del Nutri-coso) non è un intenditore.
Io so quali sono quelli più burrosi e me sbatto.
W l’Italia e le nostre eccellenze (alla faccia dei francesi!)
se mangi il panettone artigianale di 40 euro al kg. che dura solo 30 giorni, vedrai che non magherai più i panettoni della grande distribuzione !
Faccio una considerazione a carattere generale.
La politica dei sottocosto applicata dalla GD ha ripercussioni molto pesanti, sulle aziende e , soprattutto, sui consumatori. Le prime si vedono comprimere i margini per mantenere i fatturati e, a loro volta scaricano tutto ciò sui costi della manodopera e sui fornitori. I consumatori sono da molti anni allontanati dalla percezione del valore di produzione di ciò che acquistano, le catene di distribuzione utilizzano olio, latte, pasta tutto l’anno e panettoni pandori e colombe pasquali in certi periodi, come prodotto richiamo per attirare i clienti e recuperare poi marginalità su altri prodotti che lo stesso acquisterà insieme a questi.
Non c’è soluzione se non cercare di tornare a divulgare, informare e formare tutti noi a capire come si crea la catena del valore del prodotto che acquistiamo, ma questo và esattamente contro gli interessi di alcuni fornitori e di tutte le catene distributive. I primi producono per se stessi e per altri con stessi costi e marchi e margini diversi, i secondi vogliono le mani libere per sostituire tutto ciò che possono con marchio proprio in modo che un consumatore sempre più frettoloso, povero e distratto non decida davanti agli scaffali ma si affidi al marchio che pensa a lui.
Buongiorno a voi. Ho letto con attenzione l’articolo, sono rimasto molto sorpreso dal prezzo della frutta candita, Per me c’è un errore di trascrizione, ho appena preso un kilo di candidi di arancia bio a 20 euro al kilo, quelli non bio potrebbero costare la metà ma certamente non 1 euro al kilo.
Non sono un “mangiatore” di panettoni, certamente i prezzi sono eccessivi e quelle poche volte che ho mangiato un panettone “convenzionale” ho avuto sempre bruciori di stomaco.
Francesco
Sono anni che non compro panettoni dalla grande distribuzioni ma solo da produttori che utilizzano materie prime di alta qualità e che utilizzano un processo di maturazione e lievitazione dell’impasto lungo e senza l’utilizzo di temperature spinte per la lievitazione per avere un prodotto più digeribile e con uno sviluppo di aromi migliore. Per me un panettone di qualità deve avere:
– 100% pasta madre
– canditi di qualità (e non costano solo 3 €!)
– burro di qualità da centrifuga
– cioccolato di qualità (valrhona o callebaut o simile… vedete voi quanto costano)
– assenza di aromi di sintesi aggiunti
– assenza di emulsionanti e preparati enzimatici di sintesi
Un panettone così lo pagherei anche 50 € ma credo che sia un’esperienza che ne valga la pena!
I prezzi finali indicati comprendono ovviamente i margini di guadagno dei rivenditori: quale è il margine di guadagno di questi ultimi, e può variare tra il singolo rivenditore (pasticceria, bar etc.) e la grande distribuzione? Inoltre il prodotto di pasticceria (es. l’ottimo panettone Biffi), cioè di nicchia, costa di più al produttore rispetto ai prodotti delle grandi aziende?
Interessante apprendere quanto lavoro di lievitazione e di cura è necessario per un panettone. Per questo occorre un consumo consapevole, per assaporare intensamente e con lentezza il gusto, senza ingozzarmi ma mangiandone il giusto. Credo che acquisire consapevolezza comprando e gustando prodotti meritevoli, sia importante a farsi per un bravo cittadino. Per risparmiare se ne compra e mangia di meno