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Negli ultimi anni l’aceto ha conosciuto una crescente popolarità, come dimostra l’ampliamento dell’offerta. Accanto alle tipologie classiche come quelle di vino rosso e bianco, balsamico e di mele, oggi si trovano facilmente anche quello di riso, quello di cereali e altri. Probabilmente, il successo è dovuto ad alcuni studi che hanno dimostrato i benefici di piccole ma quotidiane aggiunte di aceto per esempio sulla glicemia, o contro le infezioni. Tuttavia, come sempre accade, quando si tratta di mode, non tutto ciò che viene detto è dimostrato. Per questo Time ha pubblicato una guida, stilata con l’aiuto di alcuni esperti, per cercare di fare chiarezza e distinguere le fake news da ciò che, invece, è reale.

Un condimento vecchio di 7.000 anni

Secondo quanto scoperto, l’aceto era già prodotto e utilizzato dai Babilonesi, circa 7.000 anni fa, per scopi medicinali, come conservante per gli alimenti e, già allora, come condimento. Il medico greco Ippocrate (460 – 370 a. C. circa), poi, utilizzava il sidro di mele unito al miele per trattare le infezioni respiratorie, mentre nel Medioevo in Europa si pensava che l’aceto fosse efficace contro la peste e in Cina si utilizzava contro i dolori di vario tipo.

Tutti questi effetti almeno in parte sono reali, e sono dovuti al componente fondamentale dell’aceto: l’acido acetico che, una volta ingerito, diventa acetato, una molecola che favorisce la digestione, il metabolismo e la produzione di energia. Tutti i tipi di aceto sono realizzati a partire da qualche zucchero, pressato e fatto fermentare con lieviti fino a quando diventa alcol, a sua volta trasformato in acido acetico. Questi passaggi forniscono all’aceto una quantità di acido acetico significativamente maggiore rispetto a qualsiasi altro alimento.

Di solito, gli aceti commerciali contengono tra il tre e il cinque per cento di acido acetico; alcuni tipi come quello balsamico hanno un elevato contenuto in polifenoli, che spiega alcuni degli effetti positivi antiossidanti e antinfiammatori, e altri nutrienti.

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L’aceto era già utilizzato, circa 7.000 anni fa, per scopi medicinali, come conservante e, già allora, come condimento

La fermentazione e l’acido acetico

Il vantaggio dell’aceto risiede nel fatto che si assume uno dei prodotti fondamentali dell’effetto del microbiota: l’acetato. Di solito quest’ultimo viene sintetizzato nell’intestino, per effetto dei batteri “buoni”. Tuttavia, consumando l’aceto, questa sostanza si assume già pronta, e in quantità decisamente superiori. Nella maggior parte dei casi, gli effetti si vedono con un quantitativo di due-quattro cucchiai al giorno, ed è comunque sempre meglio non esagerare, cioè andare oltre i quattro (suddivisi nei due pasti principali).

La madre dell’aceto

Alcuni tipi di aceto non vengono filtrati, e contengono una massa gelatinosa normalmente conosciuta come “madre”, ricca di proteine, di enzimi e di batteri che arrivano direttamente dalla fermentazione. Alcuni produttori sostengono che questi aceti sono ancora più benefici rispetto a quelli filtrati, e non di rado applicano un sovrapprezzo. Secondo uno studio del 2021, il principale beneficio è quello su alcuni batteri come gli stafilococchi e l’Escherichia coli, e la madre sarebbe anche positiva per il microbiota intestinale, l’immunità in generale e l’assorbimento dei nutrienti da parte dell’intestino. L’aceto di mele con madre sarebbe più efficace rispetto agli altri.

Secondo altri ricercatori, tuttavia, la madre non sarebbe in alcun modo utile, perché i batteri che vi sono contenuti sarebbero tutti aerobi, cioè avrebbero bisogno di ossigeno per sopravvivere, e morirebbero subito, una volta entrati nell’organismo. Inoltre, la madre conterrebbe poche sostanze utili, e i benefici sarebbero soprattutto per la fermentazione, non per gli esseri umani. Se ciò fosse vero, non ci sarebbero differenze tra i diversi tipi, e la presenza della madre non apporterebbe alcun valore aggiunto.

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Il vantaggio dell’aceto risiede nel fatto che si assume uno dei prodotti fondamentali dell’effetto del microbiota: l’acetato

L’aceto di mele

Una delle tipologie più apprezzate, soprattutto in alcuni paesi, è l’aceto di mele che, secondo alcuni studi, abbassa la glicemia e, se utilizzato regolarmente, aiuta a controllare anche il diabete di tipo 2, come dimostra anche una metanalisi del 2019. Tuttavia, la stessa sottolinea come la qualità delle ricerche pubblicate sia piuttosto bassa, e come sia necessario attendere risultati su più persone ottenuti con metodologie statistiche migliori, prima di potersi esprimere in modo più netto.

Il meccanismo d’azione sarebbe un rallentamento dello svuotamento gastrico, che permetterebbe di metabolizzare meglio gli zuccheri. Uno studio del 2018, su una quarantina di persone in sovrappeso o obese, ha poi messo in luce un possibile effetto sul peso ma, anche in questo caso, sono necessarie indagini di portata più ampia. Mentre uno più recente, condotto su 120 adolescenti in sovrappeso o obesi, ha evidenziato un beneficio sui parametri metabolici, sul grasso viscerale e sull’indice di massa corporeo.

L’aceto di vino rosso e quello balsamico

Nell’area del Mediterraneo, grazie all’abbondanza di uva, l’aceto di vino è più diffuso rispetto a quello di mele. Secondo gli esperti interpellati, non ci sarebbero grandi differenze: si tratterebbe di abitudini dettate dalla disponibilità di un certo alimento di base come le mele o appunto l’uva. Alcuni studi recenti dimostrerebbero, oltre all’effetto sulla glicemia, anche un beneficio sul tono dell’umore, che si spiegherebbe con l’azione antinfiammatoria, ma anche con un quella sulla plasticità nervosa e sulle prestazioni cognitive. Nel vino rosso, inoltre, ci sono i polifenoli che, a loro volta, aiutano a contrastare le infiammazioni del cervello e, quindi, a combattere la depressione.

I polifenoli sono poi presenti in quantità nell’aceto balsamico, soprattutto in quello di Modena e Reggio Emilia, più denso e scuro, prodotto secondo specifici disciplinari. Questo tipo, in particolare, migliorerebbe la digestione.

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I polifenoli sono poi presenti in quantità nell’aceto balsamico, soprattutto in quello di Modena e Reggio Emilia

L’aceto di riso

Secondo alcuni dati l’aceto di riso avrebbe caratteristiche simili ai procedenti, mentre su altre tipologie come quello di melograno, cocco o zucchero di canna le ricerche sono pochissime, anche se vanno nella stessa direzione. Questi aceti contengono però minori quantità di polifenoli e di altri nutrienti benefici, perché i procedimenti di fermentazione sono più complicati e le filtrazioni più stringenti. Hanno comunque elevate quantità di acido acetico e possono quindi avere effetti positivi.

Come consumare aceto

“Bere” aceto, specie se concentrato, non è sempre semplice e può avere anche effetti negativi, a causa dell’elevata acidità, per esempio sui denti, o sulle mucose del cavo orale. Per questo si deve sempre assumere con il cibo o diluito con acqua, ricordando che non è un farmaco e non andrebbe mai assunto da solo, tantomeno a stomaco vuoto. Può essere invece assunto subito prima dei pasti, per potenziare l’effetto sulla glicemia e quello antisettico. Inoltre, chi soffre di una malattia renale cronica dovrebbe prestare attenzione, perché i reni sono particolarmente coinvolti, quando c’è da metabolizzare un eccesso di aceto.

Infine, è bene ricordare che la cottura diminuisce il quantitativo di acido acetico, che tende a evaporare con il calore. A quanto se ne sa oggi, non ci sono effetti collaterali né rischi significativi, se si rispettano le cautele dette.

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