I bambini inglesi già prima dei due anni di vita ottengono quasi metà delle calorie giornaliere da alimenti ultra processati, e quando arrivano ai sette anni la percentuale è al 59%. Anche per questo, probabilmente, il governo laburista di Keir Starmer, a poche settimane dall’insediamento, ha annunciato una serie di misure drastiche, alcune delle quali sono l’attuazione di norme ‘congelate’ dai due precedenti governi conservatori, ma la maggior parte delle quali rappresentano l’attuazione del programma elettorale che ha riportato il partito al governo.
Lo studio Gemini su bambini e ultra processati
Per fotografare l’alimentazione dei neonati britannici, i ricercatori dello University College di Londra hanno selezionato quasi 2.600 gemelli nati tra il 2007 e il 2008, e hanno chiesto ai genitori di annotare che cosa davano loro da mangiare e da bere per tre giorni consecutivi, a partire dal compimento del ventunesimo mese di età. Di circa 600 bambini hanno ottenuto anche i dati registrati all’età di sette anni. In base alla quantità di alimenti e bevande ultra processati (o UPF, censiti secondo la classificazione NOVA), hanno suddiviso i bambini in cinque categorie, che andavano dal 28% al 69% di calorie giornaliere ottenute da ultra trasformati.
Come hanno poi riportato sullo European Journal of Nutrition, ciò ha permesso di vedere che, appunto, a 21 mesi i bambini assumevano già il 47% delle calorie da questo tipo di alimenti e bevande; tra questi, gli yogurt aromatizzati e i cereali integrali da colazione avevano un ruolo predominante. A sette anni, poi, i genitori avevano aggiunto il pane bianco industriale e vari tipi di pudding e cereali zuccherati, e la percentuale era salita al 69%. Tra l’altro, la quantità di ultra processati consumati nella prima infanzia rifletteva fedelmente la tendenza a consumare lo stesso tipo di alimenti a sette anni: i bambini che ricadevano nella fascia peggiore, avevano una probabilità pari a 9,4 volte quella di chi ne consumava di meno di figurare nella stessa categoria anche a sette anni, a conferma dell’importanza delle abitudini acquisite nei primi mesi.
Tanti ultra processati, ma non solo
Va detto che gli alimenti ultra processati consumati dai bambini non sono tra i peggiori, e anzi, di solito sono percepiti come positivi, e spesso etichettati come tali. Tuttavia, hanno comunque elevati livelli di zuccheri e sale, sono iperpalatabili e influenzano il gusto. E comunque, in tutti e cinque i gruppi il consumo di zucchero eccedeva il 5% delle calorie quotidiane indicate nelle linee guida, e nei due gruppi peggiori la media superava il 10%.
Infine, dalla ricerca è emerso anche un altro aspetto che sembra marginale, e che invece è assai significativo. Nella dieta dei bambini sono infatti sempre più spesso inclusi prodotti a base vegetale che non rientrano negli ultra processati, come per esempio snack di verdure, ma che ne ripropongono le caratteristiche fisiche e organolettiche. Secondo gli autori, questi prodotti non abituano a mangiare verdure, ma a cercare quel tipo di consistenza e di sapore, e sono quindi meno positivi di quanto si potrebbe pensare. Oltretutto, le verdure conservate e lavorate sono molto meno benefiche rispetto a quelle fresche.
Vista la situazione, gli autori chiedono l’adozione di una serie di norme che aiutino anche i genitori a fare scelte migliori, tenendo in considerazione che si vive in un ambiente obesogeno, e che orientarsi non è per nulla facile.
Il piano di Keir Starmer
Ai ricercatori dello University College ha risposto indirettamente il premier Keir Starmer, che ha annunciato alla Camera dei Comuni una lotta senza quartiere al cibo malsano. Il primo ottobre 2025 entrerà in vigore il divieto di trasmettere qualunque tipo di pubblicità di junk food prima delle ore 21, e sarà vietato il marketing online di tutti gli alimenti e bevande con quantità eccessive di zuccheri, sale e grassi. Sarà vietato aprire fast food vicino alle scuole, e si pensa di vietare la vendita di energy drink ai minori di 16 anni. Inoltre, saranno introdotte nuove tasse specifiche (tra le quali una sugar tax più estesa rispetto a quella attuale), mentre le aziende potrebbero essere obbligate a rendere pubblica, una volta all’anno, la quantità relativa e assoluta di prodotti venduti appartenenti alle categorie che, secondo le linee guida del governo, sono classificabili come ‘junk food’.
Starmer sta poi lavorando anche con persone come Jamie Oliver, che da anni si batte per interventi molto più incisivi sull’alimentazione dei più piccoli. Secondo il Guardian, Oliver propone di prendere esempio dalle iniziative che si stanno rivelando efficaci adottate in altri Paesi, come i corsi di alimentazione nelle scuole di Amsterdam, o l’etichettatura con bollini neri dei Paesi del Sud America.
Le reazioni
L’annuncio ha raccolto l’adesione entusiastica delle numerose associazioni che, nel Regno Unito, si battono contro l’obesità infantile e non solo. Nella speranza che Starmer riesca laddove Rishi Sunak e Boris Johnson hanno fallito, e cioè resistere alle fortissime pressioni delle aziende, che faranno di tutto per boicottare il piano. Alcune di esse si sono fatte sentire, con il solito argomento del nanny state, cioè lo stato balia, che limiterebbe la libertà di scelta e tratterebbe i cittadini come bambini incapaci di decidere che cosa è meglio per la loro salute.
Nel Regno Unito, secondo le stime, il numero di anni trascorsi dalle persone a lottare contro una disabilità legata al sovrappeso è passato da 573.266 nel 2011 a 755.212 nel 2021. Si stima che si potrebbero salvare 6mila vite all’anno e si potrebbe evitare il 10% di disabilità se tutti mangiassero il 30% in più di frutta e verdura, il 50% in più di fibre, il 25% in meno di cibi grassi, salati e zuccherati e il 30% in meno di carne. A cominciare dall’infanzia, visto che un bambino su cinque è in sovrappeso o già obeso quando inizia ad andare a scuola, e che un ragazzo su tre lo è quando finisce la scuola dell’obbligo.
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Giornalista scientifica
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