Polpette facili di filetto di pesce bianco: merluzzo o eglefino con patate e prezzemolo, impanato nel pangrattato servito su un piatto con salsa tartara in una salsiera su fondo di legno, vista dall'alto, primo piano vegetariano vegan vegano vegetariano vegetale

Con una sentenza a suo modo storica, la Corte di giustizia dell’Unione Europea, in risposta a uno specifico quesito francese, fa finalmente chiarezza sul cosiddetto meat sounding, e sulla possibilità, per i singoli stati, di vietare o comunque porre limiti arbitrari alle denominazioni di prodotti vegetali che ricordano gli omologhi a base di carne o insaccati. E ciò significa che, per esempio, la parte della legge italiana fortemente voluta dal Ministro Francesco Lollobrigida nel 2023, che vietava di applicare i nomi conosciuti quali hamburger ai prodotti con la soia o simili, è di fatto nulla. Ma cerchiamo di vedere meglio che cosa è successo.

La causa e i precedenti

Tutto ha avuto inizio quando quattro aziende e società che promuovono il consumo di proteine vegetali in Francia, il consorzio Protéines France, l’Union végétarienne européenne (EVU), l’Association végétarienne de France (AVF) e la società Beyond Meat Inc., si sono appellate al Consiglio di stato francese per bloccare un decreto che aveva lo scopo di vietare il meat sounding. Il testo, approvato nel 2021 e seguito da un altro decreto del tutto simile del 2024, non era mai di fatto entrato in vigore proprio perché le associazioni avevano sostenuto che le aziende non avrebbero avuto abbastanza tempo per modificare il packaging e lanciare nuove campagne pubblicitarie, e ne avrebbero avuto quindi un grave danno. Per questo il Consiglio ha chiesto lumi alla Corte, che ha pronunciato una sentenza che sembra fare finalmente chiarezza.

Due anni prima, del resto, la campagna Ceci n’est pas une steak, lanciata al Parlamento Europeo, era anch’essa fallita, anche se nel 2017 lo stesso tipo di iniziativa aveva avuto successo per i latti vegetali.

Il pronunciamento

Lo spirito della sentenza è chiaro: salvo motivi del tutto particolari, uno Stato non può vietare di usare nomi classicamente associati alla carne per indicare prodotti a base vegetale, né definire limiti di proteine al di sotto o al di sopra dei quali scattano i divieti. Il riferimento, per questa precisazione, è al testo francese che, in modo abbastanza curioso, stabiliva che le diciture fossero regolate in base alla percentuale di carne o in generale proteine animali presenti. Il testo recita infatti “Qualora non abbia adottato delle denominazioni legali (e quindi non vi siano denominazioni specifiche protette per legge, ndr), uno Stato membro non può impedire, mediante un divieto generale e astratto, ai produttori di alimenti a base di proteine vegetali di adempiere, mediante l’utilizzo di denominazioni usuali o di denominazioni descrittive, l’obbligo di indicare la denominazione di tali alimenti”.

Assortimento di sostituti vegetali della carne (burger, salsicce, trita, nugget e cotolette) attorno a una lavagnetta luminosa con la scritta “plant based meat”; concept: prodotti vegetali, prodotti vegani
Uno Stato non può vietare di usare nomi classicamente associati alla carne per indicare prodotti a base vegetale

Meat sounding e consumatori

Inoltre – e si tratta di una sottolineatura che rende giustizia ai consumatori, trattati finalmente come persone in grado di comprendere un’etichetta – parla di presunzione relativa (in forza del regolamento n. 1169/2011), cioè del fatto che, anche qualora si tratti di un solo componente sostituito totalmente da un prodotto vegetale (per esempio: la carne di un hamburger rimpiazzata da una farina di piselli), le norme già vigenti tutelano a sufficienza i consumatori.

L’unica situazione in cui uno stato può intervenire è quella in cui le modalità concrete di vendita o di promozione inducano in errore il consumatore, e quindi ci si trovi di fronte a una truffa. Tuttavia, in quel caso, si potrà perseguire l’operatore del settore alimentare, e non vietare genericamente quel tipo di denominazione.

Le reazioni

Francesca Gallelli, responsabile per le relazioni istituzionali per il Good Food Institute (GFI) Europe così ha commentato la sentenza: “Alla luce della decisione della Corte Europea di oggi, il Governo italiano deve tempestivamente rispettare l’impegno preso con il settore plant-based a rivalutare la norma, e abolire il divieto di meat sounding.”

Il GFI Europe ricorda anche che, secondo un sondaggio pubblicato in giugno e condotto da You Gov, sette italiani su dieci sono a favore di denominazioni che conoscono già, e pensano che le aziende dovrebbero poterle usare. Solo uno su cinque pensa che potrebbero confondere il consumatore.

Infine, secondo gli ultimi dati, aggiornati a settembre 2024, il mercato al dettaglio dei prodotti plant-based in Italia vale oltre 640 milioni di euro, ed è cresciuto del 16% tra il 2021 e il 2023.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos

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MaxTo
MaxTo
5 Ottobre 2024 06:14

In buona sostanza altri cibi ultra processati in giro, oltre ai tradizionali. Vittoria per l’industria.

R.Squillantini
R.Squillantini
5 Ottobre 2024 09:32

Alla luce di questa sentenza, andrebbe rivista anche la “guerra” che è stata scatenata contro il “latte” di soia e tutti i sostituti vegetali del latte che non potevano utilizzare denominazioni utilizzate dai prodotti lattiero-caseari?

Pinuccio
Pinuccio
Reply to  R.Squillantini
8 Ottobre 2024 09:42

Il latte e i suoi derivati sono altra cosa, perché la sua denominazione, a differenza della carne che è generica, è regolamenta per legge: il latte può essere solo quello secreto dalle mammelle.

Kalos Kagatos
Kalos Kagatos
8 Ottobre 2024 09:44

il latte è prodotto dall’emuntorio mammario ed ha particolari caratteristiche. sig. Squillantini provi ad alimentare un neonato di una qualsiasi specie mammifera con il latte di mandorle.

Gaia
Gaia
Reply to  Kalos Kagatos
8 Ottobre 2024 12:11

Beh, ai neonati si da il latte della propria madre/mammifero/umana, che ha appunto, particolari caratterisctiche per la corretta nutrizione del suo piccolo. Il latte di mucca prodotto da altra ghiandola mammaria, da altro mammifero, per il suo piccolo, ovvero il vitello, ha diverse caratteristiche, peculiari anch’esse, dovendo nutrire un’altro mammifero notoriamente diverso da un essere umano. Da tempo, tanto tempo, quando non si può allattare e non si utilizza il latte vaccino, si usano i latti vegetali, oh pardon, le bevande vegetali, dalla soia, alle mandorle, al riso, ecc… e i suddetti bimbi crescono che è una meraviglia, quindi provi lei ad informarsi meglio

Roberto
Roberto
Reply to  Gaia
11 Ottobre 2024 11:34

Mi scusi Gaia, ma le sue affermazioni sono molto pericolose:

“Da tempo, tanto tempo, quando non si può allattare e non si utilizza il latte vaccino, si usano i latti vegetali, oh pardon, le bevande vegetali, dalla soia, alle mandorle, al riso, ecc… e i suddetti bimbi crescono che è una meraviglia, quindi provi lei ad informarsi meglio”

Ci sono stati casi di gravissime carenze alimentari in lattanti (figli di vegani) cui sono stati somministrati “latti vegetali” (di riso, in prevalenza) che hanno caratteristiche totalmente differenti dal latte animale.
La spiccata carenza o pressochè totale assenza di grassi e proteine nei “latti vegetali”, è critica per i bambini lattanti.

Gaia
Gaia
Reply to  Roberto
11 Ottobre 2024 19:14

Non ritengo affatto di essere pericolosa: la sua notazione si riferisce al latte animale, con rapporti nutrizionali proporzionalmente diversi da quello materno umano, e quindi diversi dalle necessità fisiologiche del bambino, e su questo non ci sono dubbi, che poi la prassi accettata sia di utilizzare latte vaccino non ne implica la correttezza, tant’è vero che si usano dei preparati, dei latti in polvere industriali.
Per contro i genitori vegani, quelli che sanno bene come occuparsi dell’alimentazione dei neonati, non mettono a rischio i loro figli: le gravi carenze, rarissime, a cui si riferisce, sono appunto, dei casi, non rispecchiano la realtà proprio perché eccezioni, non esiste una pletora di bambini rovinati come solitamente si vuol far passare…i vegetali sono ricchissimi sia di grassi che di proteine, basta riferirsi ad esempio, ai semi oleosi come le mandorle, anziché porre l’attenzione solo sui cereali come il riso, cerchiamo di ampliare il concetto di vegetale e di informare che non esistono solo le carote e la lattuga.

Massimo M
Massimo M
Reply to  Gaia
19 Ottobre 2024 10:48

Buongiorno Gaia, purtroppo in questo argomento l’ignoranza e sovrana, mia figlia oggi 37 anni vegetariana, non vegana, alla nascita non tollerava se non poco latte materno e assolutamente niente latte vaccino, creciuta con tanto latte di soia a quei tempi si trovava solo in polvere in farmacia e non costava poco laureata alta 1,80 bella, tutti belli i figli, diventata vegetariana all’età di 23 anni, perfettamente sana. Non ho mai capito perché se uno è vegetariano vegano sia diverso, forse anormale, oggi invece di sostenere il cambio di passo verso un alimentazione più sana e sostenibile ci astigiano a tenere in piedi l’industria della carne con costi sociali elevatissimi. Basta

Pinuccio
Pinuccio
8 Ottobre 2024 09:59

Esagerati… sentenza storica, dai non diciamo fesserie.
Capisco l’enfasi quasi fosse stata una vittoria, ma era nell’aria il pronunciamento della Corte di Giustizia alla luce del fatto – come decritto nella sentenza – che “carne” non è una denominazione regolamentata per legge (a differenza del latte).
Tuttavia si è parlato di meat sounding quando impropriamente qualcuno che ha investito parecchi dollaroni ha voluto chiamare hamburger un preparato a base di verdure. Non era una questione contro il consumatore, perché il consumatore capisce la dizione di “arrosto fatto di verdure” e capisce la differenza tra carne e vegetale. Non ce ne sarebbe stato bisogno se si fosse usato del buon senso, perché la carne è carne, le verdure sono le verdure.
Comunque sta di fatto che al di là di questa sentenza, non cambia nulla nel mercato.
Anzi i prodotti plant-based non sfondano (come auspicato dai colossi americani di Beyond Meat) e non sostituiscono i prodotti a base di carne. Addirittura il mercato langue: il business rimane milionario (per carità, nessuno lo nega), ma in America che fa sempre tendenza prima che da noi molte aziende di prodotti plant-based dichiarano fallimento e la stessa Beyond meat ridimensiona il proprio mercato e riduce pesantemente gli organici

Augusto
Augusto
Reply to  Pinuccio
8 Ottobre 2024 10:31

D’altronde se i cibi ultraprocessati a base di vegetali fossero più attrattivi di quelli a base di carne non gli darebbero dei nomi che già esistono a base di carne. E i consumatori benchè ovviamente capaci di leggere le indicazioni sulle confezioni le dovranno leggere con più attenzione e impiegare più tempo nei negozi.

Roberto Pinton
Roberto Pinton
Reply to  Pinuccio
20 Ottobre 2024 20:20

Non è esatto. “Carne è una denominazione più che regolamentata.

Per il regolamento CE n.853/2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, “carni” sono tutte le parti commestibili di:
– “ungulati domestici” (bovini, compresi bufali e bisonti, suini, ovini e caprini e di “solipedi domestici” (cavalli, asini);
– “pollame”
– “lagomorfi” (conigli e lepri)
– “selvaggina selvatica” piccola e grossa
– “selvaggina d’allevamento”.

Il successivo reg. UE n.1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori definisce “carne” i muscoli scheletrici delle specie di mammiferi e di volatili riconosciute idonee al consumo umano con i tessuti che vi sono contenuti o vi aderiscono, per i quali determina il tenore massimo totale di grassi e tessuto connettivo.

Non era in questione l’utilizzo del termine “carne” (che, come il termine “latte” trova appunto una precisa definizione legale che nessun operatore del settore plant based ha mai proposto di utilizzare; non ci sono mai state “carne di soia” o “carne di ceci”), ma di denominazioni descrittive e trasparenti, quali “würstel di soia”, “burger 100% vegetale”, “polpette di ceci”, “cotoletta di verdure” o “crocchette di patate e piselli”, che le organizzazioni degli allevatori e degli industriali della carne erano riuscite a indurre le autorità francesi e italiane a vietare.

Al di là del tifo da stadio, i provvedimenti frncesi e italiani avevano raccolto pesanti critiche per l’incompatibilità col quadro giuridico UE, che la Corte di Giustizia ha confermato.

Le sentenze della Corte sono vincolanti per i giudici nazionali dei Paesi parte in causa (nello specifico la Francia), che sono tenuti a disapplicare le norme nazionali in conflitto, ma anche per i giudici degli altri Stati membri, Italia compresa.

Barbieri Guido
Barbieri Guido
8 Ottobre 2024 15:02

Giustissima sentenza della corte europea, tanto piu’ che il ministro dell’agricoltura italiano mi sembra che non sia molto preparato sul tema una nuova agricoltura che rispetti e migliori il rapporto ambiente
uomo. Andava bene a fare il ministro negli anni 60 / 70 adesso non mi sembra il ministro delle nuove sfide del mondo agricolo .

filippo
filippo
8 Ottobre 2024 18:19

Sono completamente d’accordo con la normativa europea.

Roberta
Roberta
8 Ottobre 2024 23:18

Non ho mai capito questa difesa estrema contro i prodotti vegetali.
Per prima cosa l’acquirente non è così ingenuo da non distinguere, leggendo l’etichetta, che quel così denominato latte, latte non è. E meno male, magari chi soffre di intolleranze compensa senza rischi con un latte (pardon, bevanda va meglio? ) al riso o avena etc.
Secondo poi l’acquirente é libero di decidere, anche solo a livello etico, di ridurre le emissioni o disboscamento, che sottendono alla produzione di carne, e DI NON MANGIARE CARNE.
O è questo che disturba?
A buon intenditor poche parole…

Anna
Anna
12 Ottobre 2024 14:00

Oh, e il buon ministro che voleva evitare che noi analfabeti bevessimo latte detergente col pane spalmato di burro di cacao.