Polli in un allevamento all'aperto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le carni avicole – e fra queste soprattutto il pollo – sono le preferite degli italiani che nel 2023 ne hanno consumato 21,4 kg a testa. Il pollo è fra i prodotti che entrano in (quasi) tutti i carrelli, soprattutto sotto forma di petto, fettine o preparazioni gastronomiche, più raramente intero, da fare arrosto. D’altra parte, l’Italia è al quinto posto in Europa fra i produttori di pollo: gli allevamenti nazionali garantiscono l’autosufficienza e una certa quota di export (il 14% nel 2022).

Secondo la Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica (BDN), al 31/5/2024 erano allevati in Italia quasi 75 milioni di polli da carne. Il 92,7% di questi allevati in modo ‘convenzionale’, cioè in allevamenti intensivi, il 2,3% secondo il disciplinare biologico e il restante il 5% con ‘metodi alternativi’, che comprendono essenzialmente l’allevamento all’aperto.

La normativa sull’allevamento dei polli

Tutti gli allevamenti di polli devono rispettare le norme indicate dalla Direttiva 2007/43/CE del Consiglio Europeo che stabilisce gli standard di benessere minimi: gli animali devono avere accesso all’acqua, al mangime e a una lettiera “asciutta e friabile”, i cicli di illuminazione nei capannoni devono seguire ritmi simili a quelli naturali e gli allevamenti devono essere ispezionati almeno due volte al giorno per individuare eventuali anomalie o animali sofferenti.

La densità massima ammessa è di 33 kg/m2, con possibili deroghe fino a 42 kg/m2. Queste sono le condizioni richieste dalla legge, quelle seguite dalla stragrande maggioranza degli allevamenti. I polli da carne, quindi, vivono in condizioni di sovraffollamento. Sono per la stragrande maggioranza boiler, cioè razze a crescita rapida (ne abbiamo parlato anche in questo articolo sui produttori di polli da carne) e vengono macellati di solito fra il 35° e 42° giorno di vita, quando sono poco più che grossi pulcini.

polli allevamento avicolo
Secondo la normativa europea la densità massima ammessa in un allevamento di polli è di 33 kg/m2, con possibili deroghe fino a 42 kg/m2.

Le alternative all’allevamento intensivo

I documentari e le notizie relative a questo argomento descrivono spesso animali che trascorrono la loro breve vita in situazioni drammatiche. D’altra parte, alcuni ‘indizi’ che possiamo trovare nei polli in commercio, come le bruciature al garretto o le strisce bianche nel petto (leggi questo articolo sulla carne di pollo venduta al supermercato) suggeriscono che questi siano animali sofferenti. I consumatori sono sempre più sensibili a questi temi, ma quali sono le alternative all’allevamento intensivo?

Per ora troviamo solo polli da allevamento biologico o polli allevati all’aperto. Queste dichiarazioni non sono semplici claim, ma condizioni definite da una normativa specifica. Per quanto riguarda la densità, per esempio, negli allevamenti biologici deve essere inferiore a 21 kg/m2 e in quelli “all’aperto” non più di 27,5 kg/m2. Purtroppo, queste definizioni si possono confondere con affermazioni più generiche che si leggono a volte sulle confezioni. Per esempio, possiamo leggere “Polli allevati a terra” una dichiarazione priva di valore (solo greenwashing), perché, mentre le galline ovaiole possono essere allevate in gabbiette sovrapposte (in batteria), i polli da carne sono sempre allevati a terra.

Lo European Chicken Commitment

Cosa si può fare per migliorare le condizioni dei polli allevati per la carne? Ne abbiamo parlato con Bianca Furlotti, responsabile del settore alimentare di Compassion in world farming (Ciwf) associazione che si occupa del benessere degli animali allevati a scopo alimentare.

“Il Ciwf, insieme ad altre Ong che si occupano di benessere animale, ha elaborato una serie di richieste raccolte nello European Chicken Commitment (ECC, o BCC). Il documento prevede diversi punti: maggiore disponibilità di spazio vitale, l’utilizzo di luce naturale, posatoi e substrati per stimolare l’espressione di comportamenti naturali, l’adozione di metodi di macellazione più efficienti e, soprattutto l’utilizzo di razze a crescita più lenta e che dimostrano migliori risultati di benessere. Il tutto supportato da sistemi di controllo da parte di enti terzi. Attualmente sono più di 380 le diverse realtà in Europa che hanno aderito agli standard, molte delle quali stanno attivamente lavorando alla transizione, tra cui la catena Lidl in Francia e in Belgio”

In Italia i supermercati Carrefour hanno  deciso di sostituire il 15-20% dei polli a crescita rapida con quelli a crescita lenta entro la fine del 2026. Fra i produttori Fileni si è impegnata a soddisfare gli standard dell’ECC ma solo per  il 20% della propria produzione entro il 2026. Gli impegni sono interessanti, ma impiegare tre anni per rinnovare solo una piccola parte degli animali è uno sforzo davvero minimo.

Le tipologie di allevamento dei polli

Attualmente, come si vede nella tabella, le differenze principali fra un tipo di sistema e l’altro sono lo spazio a disposizione di ogni animale, l’accesso all’esterno e la durata della vita, che deve essere di almeno 81 giorni per il pollo biologico e quello allevato con il sistema rurale all’aperto. Quest’ultimo sistema è l’unico che richiede esplicitamente razze a crescita lenta. L’allevamento biologico richiede una macellazione tardiva, l’accesso all’esterno, la presenza di luce naturale e di arricchimenti.

Tabella metodi di allevamento polli
n.s. = non specificato

Lo schema ECC non parla di razze a crescita lenta, ma di razze che mostrano migliori indicatori di benessere, inoltre prevede arricchimenti ambientali e un po’ più di spazio rispetto al convenzionale. Certo che, se gli allevamenti sono meno affollati e i polli vivono più a lungo, questo ha ricadute sul prezzo.

“Questo è un punto centrale – fa notare Furlotti – perché il pollo rappresenta una delle fonti proteiche più popolari proprio per la propria accessibilità. Un rapporto commissionato da AVEC, associazione che riunisce le rappresentanze del settore avicolo europeo, ha calcolato che l’adozione dei criteri dello European Chicken Commitment, risulterebbe in un aumento del 37,5% dei costi di produzione per chilo di carne. Questo studio però non tiene conto del ‘risparmio’ dovuto al miglioramento del benessere animale, che ha come risultato, fra l’altro, una minore mortalità e un minor uso di antibiotici, ma anche migliore qualità della carne.”

I polli di Pagliarini Avicola

A livello locale si possono trovare piccole realtà che utilizzano l’allevamento rurale all’aperto secondo sistemi che si allontanano molto da quello intensivo. A Canaro, in provincia di Rovigo, per esempio, si trova Pagliarini Avicola, azienda a conduzione famigliare, attiva dal 1957, che produce carni avicole, uova e conigli.

“Fino alla fine del secolo scorso – racconta Mirco Pagliarini responsabile dell’azienda –l’attività principale era la vendita di animali vivi a chi aveva il pollaio domestico. Poi la richiesta è cambiata, e si è focalizzata sui prodotti pronti da cucinare. Così nel 2005 abbiamo fatto le prime macellazioni e siamo arrivati a gestire l’intera filiera: allevamento, macellazione, confezionamento e buona parte della commercializzazione.”

Primo piano di pollo in allevamento
L’azienda Pagliarini Avicola utilizza un metodo di allevamento rurale all’aperto per i suoi polli

Che cosa differenzia il vostro allevamento dai sistemi intensivi?

“Innanzitutto, noi utilizziamo razze a crescita lenta – fa notare Pagliarini – e i polli vengono macellati a 80-90 giorni di vita, quando hanno il peso di 2-3 kg (a seconda dell’utilizzo previsto). La densità massima nei capannoni arriva a 18 kg/m2 e hanno accesso all’esterno. Adesso, per esempio, dato che è caldo, lasciamo aperte le porte anche alla notte, così entrano ed escono quando preferiscono. Abbiamo un mangimificio interno all’azienda e produciamo noi stessi il mais che rappresenta il 70% del cibo dei polli, cui aggiungiamo elementi come crusca ed erba medica.  È un regime alimentare molto diverso da quello utilizzato negli allevamenti intensivi, adatto a una crescita graduale. Questo regime di allevamento permette di ridurre notevolmente lo stress per cui sono animali che si ammalano raramente.”

Ma quanto costa questo pollo?

“In questo momento il pollo intero costa 10,40 €/kg – dice Pagliarini – non compete con i prezzi del supermercato ma i costi di produzione sono molto più alti rispetto ai polli ‘industriali’ e si tratta di prodotti diversi. Devo dire comunque che i miei clienti sono persone che non mangiano molta carne, e penso che mangiare carne di qualità migliore, riducendo la frequenza sia una scelta utile sia per il benessere animale che per la sostenibilità ambientale e la salute.”

L’offerta dei supermercati italiani e stranieri

Andando a vedere nei nostri supermercati, l’offerta di prodotti alternativi a quelli convenzionali è molto scarsa e i prezzi decisamente più alti. Oltre ai petti di pollo e alle fette di petto biologici certificati, per i quali si spende il 60-70% in più degli analoghi convenzionali, sulle piattaforme online di Esselunga, Coop e Carrefour troviamo solamente una referenza di pollo a crescita lenta. Quello di Esselunga costa 9,50 €/kg, più del doppio del pollo Smart, venduto a 4,19 €/kg. Il pollo a crescita lenta di Coop costa 7,50 €/kg ed è l’unico pollo intero disponibile sulla piattaforma. Anche il prodotto analogo a marchio Carrefour costa circa 7,50 €/kg, il 50% in più del pollo ‘base’ presente sulla piattaforma a 5 €/kg.

Sulle piattaforme di catene straniere, come Tesco, Aldi e Sainsbury per il Regno Unito, o Carrefour France per la Francia, l’assortimento di polli interi è invece molto variegato, così come i prezzi. Nei supermercati britannici il pollo intero convenzionale costa l’equivalente di 3-4 €/kg mentre con meno di 6 €/kg possiamo acquistare un pollo certificato RSPCA, protocollo che garantisce un maggior benessere (più spazio, luce naturale, arricchimenti ambientali ecc.). Sulla piattaforma Carrefour France un pollo convenzionale costa 4,60 €/kg e l’analogo Label Rouge – certificazione che garantisce allevamento all’aperto – costa 6,50 €/kg. Nel complesso, per quanto riguarda il pollo, quelli del Regno Unito e della Francia sembrano mercati più ‘maturi’ di quello italiano.

Pollo Label Rouge Carrefour
Pollo Carrefour France con certificazione di allevamento all’aperto Label Rouge

Serve un’etichetta sui metodi di allevamento dei polli

“In Francia e nel Regno Unito – precisa Furlotti – esistono sistemi di etichettatura che permettono ai consumatori di distinguere le diverse tipologie di allevamento.  In Italia si registra un aumento della sensibilità su questi temi, ma nel complesso, per quanto riguarda il benessere animale siamo piuttosto indietro. Tendenzialmente agli italiani stanno molto a cuore aspetti come la qualità organolettica del cibo, la provenienza delle materie prime e i metodi di lavorazione tradizionale, mentre le preoccupazioni relative alla tutela del benessere animale nel ciclo produttivo sono un fenomeno più recente.

Chi vuole sostenere le aziende che lavorano per garantire un maggior benessere ai polli allevati, ad oggi può solo indirizzarsi verso prodotti che riportano dichiarazioni come ‘allevato all’aperto’ o ‘biologico’, mancando un sistema che permetta di differenziare i sistemi al coperto, come convenzionale ed ECC. Questo rallenta la transizione nel settore e limita la possibilità di scegliere un prodotto che rispetti maggiormente il benessere degli animali, ma che sia comunque economicamente accessibile. Per questo da tempo chiediamo l’introduzione di un sistema di etichettatura secondo il metodo di allevamento, analogo ad esempio a quello utilizzato per le uova in guscio”.

Insomma, il quadro non è roseo: la maggior parte dei polli vivono in condizioni di sovraffollamento, sottoposti a regimi di vita per cui dopo 35-40 giorni vengono  macellati. Il mercato offre poche alternative, non facili da individuare. Per cambiare le cose è necessario cambiare la domanda, quindi dobbiamo informarci e fare richieste precise ai punti vendita in cui acquistiamo il pollo.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Fotolia, Carrefour FranceEuro

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Federico
Federico
2 Agosto 2024 07:46

Fino a quando coloro i quali sono preposti a controllare metodi di allevamento ed etichettature saranno pagati dai produttori è inutile parlarne. Mancano serenità di giudizio e vera terzietà. La Repubblica non lo può fare perchè costerebbe il triplo degli organismi privati. Servirebbe un cambio di mentalità ma sarà (forse) materia delle prossime generazioni. Ma soprattutto incominciamo a ragionare intorno alla carne come un bene non economico ed a prezzi stracciati.

Riccardo
Riccardo
7 Agosto 2024 10:51

Ottimo che finalmente sia saltato fuori qualche nome di aziende che producono carne di pollo in maniera ben differente dall’allevamento intensivo.
Che poi questa azienda sia di Canaro, a pochi km da casa mia e non la conoscevo, è quasi una coincidenza che praticamente mi obbliga ad informarmi e verificare in loco, non mancherò di farlo.
Finalmente ho un’alternativa concreta ai prodotti da supermercato, per quanto anche qui non posso mancare di evidenziare macroscopiche differenze fra, ad esempio, ciò che si può trovare al Lidl (e molti altri, ampiamente documentato), e ciò che si può trovare alla Coop.

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