Nonostante gli impegni solenni, le dichiarazioni e gli appelli, il commercio illegale di carne di animali selvatici, sintetizzato sotto il nome di bushmeat, negli ultimi anni è cresciuto, facendo aumentare il rischio di estinzione di decine di specie e la diffusione di patogeni, più o meno noti, con un possibile salto di specie o spillover. Tutto accade attraverso il trasporto aereo, che resta il sistema più usato dai contrabbandieri. I tempi del trasporto marittimo sono poco compatibili con quelli della carne che deve essere mangiata poco dopo l’uccisione dell’animale.
Lo studio per scoprire i traffici di carne
A inquadrare il fenomeno e, al tempo stesso, a denunciare la scarsa attenzione su di esso a livello internazionale, è uno studio condotto all’aeroporto di Bruxelles, crocevia tra Asia e Africa – le due aree principali di provenienza della bushmeat – ed Europa, e punto di arrivo di molti di questi prodotti. Per un mese i ricercatori di diverse università hanno presidiato l’aeroporto, seguendo la polizia doganale ed effettuando test specifici per capire di quale animale fosse la carne scoperta. Come hanno raccontato al Guardian, e riferito in una pubblicazione scientifica uscita su One Health, si sono trovati di fronte a carni di ogni tipo, da uno squalo di 1,5 metri intero chiuso in una scatola a una scimmia affumicata, e poi pezzi di ratti, antilopi, pesci, serpenti, pangolini, elefanti e coccodrilli, non di rado già in decomposizione, pieni di mosche e larve, fino per un totale di 3,9 tonnellate di carni.
Un rischio per tutti
Nella maggior parte dei casi, si trattava di specie a rischio più o meno elevato di estinzione, presenti nelle liste della Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES), che infatti sta collaborando con le autorità doganali e di polizia di 133 Paesi nell’operazione Thunder, lanciata nel 2017. L’iniziativa non è focalizzata esclusivamente sulla carne ma su qualunque tipo di animale o pianta a rischio commerciata illegalmente. Nel 2023 ha portato a oltre 500 arresti e a più di duemila sequestri di piante o animali iscritti appunto nelle liste CITES e il cui commercio, per tale motivo, è vietato. Per dare un’idea, sono state sequestrate migliaia di uova di tartaruga, 300 kg di avorio, dozzine di parti di grandi felini e di corna di rinoceronti, scimmie, uccelli e specie marine, oltre una quantità di legnami pregiati equivalente a 440 container.
Domanda della carne in crescita
Per quanto riguarda la carne, come indicava anche una revisione del 2018, oltre alla domanda europea sta crescendo anche quella nei paesi di origine quali l’Angola o la Nigeria, aggravando ulteriormente la situazione, e alimentando traffici e scambi sempre più frequenti. Secondo un altro studio, tra coloro che provengono dalle aree a rischio, un viaggiatore su 12 esporta illegalmente nel bagaglio qualche “pezzo” di animale a rischio, e alcuni viaggiano regolarmente, tutte le settimane, con bagagli di decine di chili. Qualche anno fa, in uno di questi sono state scoperte, all’aeroporto De Gaulle di Parigi, pecore e vitelli interi apparentemente macellati subito prima del decollo, messi in buste di plastica e poi in borsoni da viaggio.
Dal punto di vista della sicurezza per la salute umana, ciò che si teme di più è il trasferimento di qualche germe pericoloso come Ebola o il vaiolo delle scimmie (ora chiamato Mpox), così come quello di virus come i coronavirus, che potrebbero mutare e fare un salto di specie percorrendo migliaia di km in poche ore.
Ancora pochi controlli
Ciò che lo studio a Bruxelles mette in evidenza è la necessità si dotare gli uffici doganali di strumentazioni adeguate. Durante i controlli il personale non è in grado di stabilire il tipo carne, a meno che non sia immediatamente riconoscibile. Poi c’è la possibilità che mandino le carni nell’inceneritore, rischiando di contaminare qualcosa nei vari passaggi.
I ricercatori, invece, hanno portato uno strumento per il sequenziamento rapido chiamato MinION, messo a punto dall’Università di Oxford, portatile, e sono così riusciti a identificare l’animale dalle carni trovate, in sole otto ore. Per esempio, nel mese dello studio, le autorità hanno fermato un uomo con mezzo chilo di carne di due antilopi africane a rischio estinzione. Qualcosa del genere, scrivono, dovrebbe esserci in tutti gli hub internazionali. I quali, inoltre, dovrebbero controllare molto meglio di quanto non facciamo oggi che cosa passa dai loro nastri trasportatori.
Quello di Bruxelles è uno dei pochi aeroporti che compie controlli abbastanza accurati, ma in molti casi non ve ne sono quasi. Sempre secondo gli autori, questo è un punto debolissimo nei programmi europei sulla biosicurezza, e va emendato al più presto. Oggi, chi vuole trasportare illegalmente carne di animali selvatici, nella maggior parte dei casi riesce a farlo senza troppi problemi, soprattutto se non passa da Bruxelles. Fino alla prossima pandemia.
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Giornalista scientifica