Una lettrice ci scrive per chiederci di fugare i suoi dubbi sull’etichetta di una ricotta. È vaccina? Di capra? Di pecora? Dalla confezione la consumatrice non riesce a capirlo. Di seguito la lettera della nostra lettrice e le risposte di Roberto Pinton, esperto di normativa alimentare, e Francesca Conte, del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Messina
La lettera sulla ricotta
Per errore ho acquistato questo prodotto, definito in etichetta come ‘ricotta classica’, ma che tra gli ingredienti indica soltanto “siero di latte, latte e sale”. Sul sito si vede che trattasi solo di latte di vacca. È corretta l’informativa? Sembra poco chiara. Non parla di pecore e neanche di mucche…
La risposta di Roberto Pinton
L’etichetta non presenta criticità. C’è una copiosa normativa sul formaggio, iniziando dal Regio Decreto-Legge 15 ottobre 1925, n. 2033 convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562, che indica “Il nome di «formaggio» o «cacio» è riservato al prodotto che si ricava dal latte intero ovvero parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e di sale di cucina”. Come si vede, la ricotta sfugge a questa definizione: non deriva dal latte intero, ma dal siero, né ha subito una coagulazione acida o presamica. Non rientra, quindi, tra i ‘formaggi’, ma è un più generico ‘latticino’, per il quale non c’è un quadro normativo specifico.
Si fa quindi riferimento al Regolamento UE 1169/2011, secondo il quale si deve ricorrere:
- alla «denominazione legale», quella prescritta da disposizioni dell’Unione europea o, in loro mancanza quella prevista da disposizioni nazionali (sulla ricotta non ci sono né le une né le altre) o, in subordine:
- alla «denominazione usuale»:quella che i consumatori accettano senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni o, in subordine
- alla «denominazione descrittiva»: una descrizione sufficientemente chiara per consentire ai consumatori di capire la natura del prodotto e di non confonderlo con altri.
‘Ricotta’ è senz’altro una «denominazione usuale» che consente al consumatore di individuare le caratteristiche del prodotto, il cui ingrediente principale è il siero di latte (a seconda delle diverse tradizioni, con l’eventuale aggiunta di minori quantità di latte ‘di rinforzo’ o di panna liquida) oltre al sale.
Il siero di latte utilizzato è di gran lunga prevalentemente di vacca (a livello nazionale si producono circa 13 milioni di tonnellate di latte di vacca contro circa 450mila tonnellate di latte di pecora e meno di 45 mila tonnellate di latte di capra), tant’è che se si usa siero di latte di vacca nemmeno è necessario indicare l’origine bovina, che viene data per scontata. Per la produzione di ricotta si può comunque utilizzare, e ciò soprattutto nelle regioni centro-meridionali, siero di latte di pecora (in Sardegna si allevano circa 3 milioni di pecore, in Sicilia più di 900mila, in Lazio 750mila, in Toscana più di 400mila) o di capra: in ambedue questi casi va però specificata la specie.
È assolutamente corretto il riferimento al ‘latte di vacca’: il termine tecnico è proprio ‘vacca’ (al più, ‘bovina da latte’). Il termine ‘mucca’, forse derivato dallo svizzero tedesco ‘mugg’, è utilizzato nel linguaggio comune, non non in quello tecnico né regolatorio: se a un esame di medicina veterinaria o scienze della produzione animale scappa il termine ‘mucca’, in aula cala il gelo, quando non si venga invitati a partecipare al prossimo appello. D’altra parte, si dice ‘formaggio vaccino’, non ‘formaggio mucchino’, ‘vaccheria’ e non ‘muccheria’…
La risposta di Francesca Conte
La lettrice ha scritto “Per errore ho acquistato questo prodotto, definito in etichetta come ‘ricotta classica’, ma che tra gli ingredienti indica soltanto “siero di latte, latte e sale”. Sul sito si vede che trattasi solo di latte di vacca. È corretta l’informativa? Sembra poco chiara. Non parla di pecore e neanche di mucche…”
Pertanto, a quanto risposto dall’esperto, è utile integrare quanto indicato nel Regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari e dell’articolo 3 del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2019, n. 44, per quanto riguarda il latte bovino. In particolare, nell’allegato VII, parte I “Latte e prodotti lattiero-caseari”, la norma recita:
1. Il “latte” è esclusivamente il prodotto della secrezione mammaria normale, ottenuto mediante una o più mungiture, senza alcuna aggiunta o sottrazione.
4. Per quanto riguarda il latte, le specie animali che ne sono all’origine devono essere specificate, quando il latte non proviene dalla specie bovina.
Sulla base di tale definizione, è corretta la sola indicazione di ‘latte’, apposta sull’etichetta della ‘Ricotta classica’. In tal caso, l’Operatore del Settore Alimentare (OSA) non ha, quindi, l’obbligo di indicare la specie bovina.
Preciso, altresì, che il Regolamento n. 853/2004/CE (e s.m.i.), riguardante le norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, riporta la definizione di ‘latte crudo’, ossia “il latte prodotto mediante secrezione della ghiandola mammaria di animali di allevamento che non è stato riscaldato a più di 40 °C e non è stato sottoposto ad alcun trattamento avente un effetto equivalente”. Detta definizione risulta di notevole importanza, in quanto è correlata ad ulteriori normative comunitarie.
In merito all’aggiunta di latte al siero, per aumentare la resa finale della ricotta, può essere aggiunto latte intero o crema di latte (5–15%) e sale (0,5–1,5%) al siero. La legislazione non si esprime in merito alla percentuale di latte o crema di latte che è consentito aggiungere al siero. A ciò fa eccezione, a titolo di esempio, il disciplinare della denominazione di origine protetta Ricotta di Bufala Campana (Provvedimento 18 aprile 2023 del MASAF).
In Allegato, si legge: “È ammessa l’aggiunta di latte di bufala crudo, termizzato o pastorizzato, proveniente dalla zona di cui all’art. 3 in misura massima del 6% della massa del «primo siero» (o «siero dolce»). È ammessa l’aggiunta di panna fresca di siero di latte di bufala proveniente dalla zona di cui all’art. 3 nella misura massima del 5% della massa del primo siero. Tale procedimento serve per aumentare la consistenza della ricotta e favorirne anche la cavatura o estrazione”
© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Foto inviate dalla lettrice, Fotolia
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Ottimo articolo! Come sempre, bravi