Il 27 luglio è stato lanciato Farming Future, il Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico nato dalla collaborazione tra CDP Venture Capital Sgr e da ToSeed & Partners, società che si occupa della creazione di startup in campo agroalimentare. “Farming Future è un veicolo di investimento che nasce dal desiderio di trasformare la migliore ricerca universitaria in tecnologie che possano avere un impatto reale sull’agricoltura italiana”, spiega Luigi Galimberti, fondatore della serra tecnologica Sfera Agricola e cofondatore di ToSeed & Partners.
“L’innovazione nel settore agricolo in Italia oggi è in mano soprattutto agli imprenditori. Anche il mondo universitario è fonte di molti progetti innovativi, ma questi rimangono limitati all’ambiente della ricerca senza riuscire a fuoriuscire sul mercato. L’obiettivo di Farming Future (che è nato anche in collaborazione con diverse università, tra le quali l’Università degli Studi Federico II di Napoli, l’Università degli Studi di Siena e l’Università degli Studi di Milano) è proprio quello di permettere a questi progetti di emergere dandogli una forma organizzata di impresa, così che possano avere un impatto sulla vita di tutti.”
Quando si parla di innovazione in agricoltura si pensa subito alle tecnologie che consentono di migliorare e aumentare la produzione, ma questi non sono gli unici obiettivi verso cui si dirigono le novità del settore, che puntano anche ad affrontare problemi derivati dai cambiamenti climatici e dall’aumento della popolazione globale, aderendo al contempo a principi di sostenibilità.
“La direzione dell’innovazione non è necessariamente quella di creare nuovi prodotti, ma quella di trovare soluzioni per la coltivazione dei prodotti già sul mercato. Le tecnologie che saranno cruciali per i prossimi anni sono quelle che puntano a far risparmiare il consumo di acqua e di concimi per la coltivazione, permettendoci di produrre di più con meno. Andiamo verso un bisogno di razionalizzare le risorse, e in particolare l’acqua, perché quando scarseggerà i costi per la produzione agricola renderanno l’ortofrutta troppo costosa per le fasce più povere della popolazione. Un sistema di irrigazione evoluto permetterebbe di dosare con maggiore precisione acqua e nutrienti, contenendo i costi, e rendendo il cibo accessibile a più persone”.
“Risultati come questi saranno resi possibili attraverso l’utilizzo di sistemi di sensori, e in generale tramite una componente di digitalizzazione con cui controllare l’intero processo, che si traduce in una qualità più alta e una riduzione degli input. Il settore agricolo infatti deve ancora beneficiare della rivoluzione digitale. Il progetto di Farming Future è pensato affinché queste nuove tecnologie possano trovare terreno fertile per svilupparsi in Italia, così come la relativa industria: basti pensare che a oggi la maggior parte delle tecnologie per il risparmio di acqua sono di derivazione israeliana”.
La parola innovazione però quando è legata all’alimentazione porta sempre dei timori dal lato dei consumatori. “Questo accade perché pensiamo all’agricoltura come qualcosa di tradizionale”, precisa Galimberti, “ma in realtà l’agricoltura da sempre è innovazione, perché di anno in anno vengono introdotte nuove trasformazioni. Più che le tecniche, ciò che va preservato sono sapore, stagionalità e territori, ma la tecnologia non si oppone a questi valori. D’altro canto non bisogna andare contro i cambiamenti: pensiamo per esempio all’aumento delle temperature, che rende alcuni territori adatti alla coltivazione di prodotti che non fanno parte della nostra tradizione, come gli avocado in Sicilia. Ciò permette di ridurre l’impronta carbonica di un prodotto che altrimenti andrebbe importato, a tutto vantaggio del gusto e del contenuto nutritivo. Innovare significa anche cambiare certi schemi mentali”.
Oltre alle componenti che permetteranno di rendere le tecniche di coltivazione sempre più precise, ci sono altre direzioni verso cui si muove la ricerca: “Un altro obiettivo importante è la riduzione degli agrofarmaci tramite la sostituzione con molecole biologiche di estrazione vegetale, una caratteristica che si ripercuote direttamente sulla qualità del cibo. Nasceranno inoltre tecnologie finalizzate alla produzione di ortofrutta con un contenuto di nutrienti maggiore”.
“Tra le necessità a cui va incontro la tecnologia in agricoltura c’è anche quella della tracciabilità. Una delle possibilità a disposizione è la blockchain, ma oltre alla tecnologia che verrà utilizzata sarà importante concentrarsi sulla tipologia di informazioni che ha senso certificare. Un altro bisogno dei consumatori a cui risponderà l’innovazione poi sarà la certificazione dei prodotti agroalimentari adatti ai soggetti allergici, come per esempio gli allergici al nichel o i celiaci. In ogni caso quello che è fondamentale è che ci si metta responsabilità, sia dal punto di vista del produttore, sia in quanto consumatori. Anche l’atto di acquisto è un gesto agricolo, come lo sono la coltivazione, il trasporto, la trasformazione e la distribuzione, e in quanto tale va fatto con responsabilità”.
“Infine, le nuove tecnologie possono anche andare contro lo sfruttamento dei lavoratori tramite l’automazione, non con lo scopo di togliere lavoro alle persone ma con lo scopo di rendere il lavoro più umano. Nei prossimi anni potremmo assistere a una riconversione del comparto, a cui seguirà una maggiore valorizzazione dei prodotti: l’innovazione porterà alla necessità di lavoro più qualificato, che richiederà una sempre maggiore presenza di tecnici e laureati che sappiano gestire le nuove tecnologie. Tra queste, ci saranno anche i software predittivi, che già in molti altri settori supportano i decisori nel prendere scelte complesse”.
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Articolo assai rilevante.
Alcuni metodi e attrezzature possono essere assai positivi nel tentativo di non sprecare risorse, soprattutto l’acqua.
Sui sistemi per risparmiare concimi e pesticidi ci sarebbero già conoscenze.
Capisco che però queste conoscenze non si adattano bene alla fretta di accelerare e aumentare la produzione oltre un certo limite….e la “necessità” di realizzare valore è impellente , ma ci risulta difficile e ragionevole ottenere grandi quantità salvaguardando anche la sostenibilità in ottica futura.
La terra non è un limone da spremere e poi buttare, ci sono cicli e fenomeni che solo una conoscenza completa ,di tutti i processi e attori interessati, può rendere sostenibili arricchendo l’ambiente a vantaggio di tutti e non di soli determinati soggetti.
Quest’ultimo aspetto è un limite che l’agricoltura convenzionale non vuole riconoscere ma esiste.
In ogni caso la tecnologia di controllo e regolazione di processo suscita interesse, invece molto meno interesse e più dubbi invece sulle sperimentazioni genetiche alimentari perchè rappresentano un salto nel buio, sembrano molto attrattive ma assai selettive sui beneficiari, molto più speranze che realtà dal mio punto di vista.
Sul problema di sfruttamento della forza lavoro, che è trasversale a tutte le attività umane, esso è un problema sociale che la tecnologia può solo sfiorare, essendoci tantissime fattispecie di asservimenti ricatti e sottomissione quando il fine è prevalentemente il ricavo economico .
Interessante il contenuto dell’articolo. Ho da obiettare che sia ecosostenibile la coltivazione di avocado in Sicilia, per via del consumo esagerato dell’acqua che serve al tipo di coltura, rispetto a quella che si utilizza per la coltivazione degli agrumi.
Questo è opportuno scriverlo piuttosto che ometterlo in un articolo che punta all’innovazione e che elogia l’utilizzo al meglio delle risorse, acqua compresa..