L’amministrazione del gruppo ‘Il Gigante’ annuncia che addebiterà ai propri fornitori 1 euro per ogni fattura che riceverà da loro tramite PEC (Posta Elettronica Certificata), adducendo che l’utilizzo di questo strumento comporta un risparmio per il fornitore ma ‘nuovi oneri’ per l’amministrazione (‘carta, oneri di stampa, etc.).
Ricevere in redazione lettere come questa viene quasi da sorridere. Anzi no, non c’è niente da ridere.
Il fatto alimentare ha dedicato parecchi articoli al tema delle pratiche inique applicate dalle catene di supermercati. Abbiamo portato esempi di vessazioni di grande portata, talora in grado di azzerare i margini di produzione. Abbiamo seguito l’evoluzione della normativa nazionale, con l’articolo 62 della legge 24.3.2013 n. 27, e il procedere dei lavori a Bruxelles.
Dopo questa richiesta da parte de Il Gigante vengono in mente le gabelle del Medio Evo.
Frittole, anzi Bresso, Anno Domini 2013.
Dario Dongo
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Sebbene il campo sia diverso, che dire allora della Geodis (trasporti) che chiede € 12,50 di “spese comunicazione fattura”. Fattura che ovviamente viene inviata via mail.
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In ogni caso la fantasia, sempre a discapito del fornitore, è di rigore, arrivando a dire che l’allungamento dei termini di pagamento sono una forma di garanzia circa il rispetto dei termini di pagamento!
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D’altro canto il 5 luglio del 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 11 del 27.1.2010, che ha attuato in Italia la Direttiva europea sui Servizi di Pagamento (PSD).
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Ancor prima che entrasse in vigore c’erano stati clienti che avevano anticipato le norme pretendendo di fatto lo spostamento delle scadenze al 10 del mese successivo al fine di incassare i crediti prima di pagare i debiti ovvero spostando sul creditore le competenze per un eventuale rosso in banca.
vi riporto una cosa simile: utilizzo i buoni pasto per la spesa e il supermercato Conad sotto casa mi chiede un contributo di 50 cent a spesa se pagata con buoni pasto….
Ma quello è più che giusto, i buoni pasto servono a farti pranzare, non è un benefit, quindi il tuo imbroglio ha un costo. Considerando poi che l’8% (o più) del buono pasto va alla società emettitrice….
Non credo proprio: l’utilizzo dei buoni pasto è totalmente lecito anche per l’acquisto di generi alimentari. Si tratta di pura estorsione, paragonabile al far pagare le “buste” per la spesa (marchiate) all’acquirente, nonstante almeno 3 sentenze della cassazione abbiano dichirato illegittima la procedura…
PS: Complimenti comunque per l’immagine del profilo presa da Arcanum… 😉
be questo è piu che altro un problema politico si è fatto si che la domanda del prodotto venisse concentrata da pochi protagonisti che sono liberi di strozzare quanto vogliono le PMI, poi ci si sorprende se il manifatturiero e agroalimentare muore !
Quindi Il Gigante fatturerà 90 cents, fattura spedita via Pec, ma a questo punto, per equità, anche il fornitore avrà diritto di fatturare 90 cents per il servizio ….. o no?
Confermo che è così: a domanda diretta hanno risposto espressamente che accetteranno la stessa clausola da parte dei fornitori.