Franco La Cecla, antropologo, ha partecipato al convegno promosso da Coldiretti a Palermo sulla carne sintetica, ma la situazione si è inaspettatamente trasformata. Sulla rivista Micromega è stato pubblicato un articolo in cui racconta le sue vicissitudini, come persona invitata a parlare che esprime concetti non è in linea con il pensiero unico della lobby. È raro trovare sulla stampa italiana un articolo in cui si criticano le modalità di Coldiretti in modo chiaro, per questo proponiamo ai nostri lettori un estratto del testo con l’autorizzazione dell’editore.
L’articolo comincia così: Vengo contattato da Roberto Weber, uno dei collaboratori della Coldiretti, che si occupa della divulgazione scientifica sulle innovazioni in campo agricolo. Mi chiede di partecipare a un Forum che si tiene a Palermo, in occasione di una grande kermesse della Coldiretti. Il tema è la carne sintetica che viene considerata dalla Coldiretti una grave minaccia alla zootecnia e all’industria casearia italiana. Rispondo all’invito dicendo che sul tema le mie posizioni sono le stesse dei compagni ambientalisti, tra cui Greenpeace, ma che mi farebbe comunque piacere dibattere la questione con una organizzazione come la Coldiretti, dato il suo peso nello scenario dell’agricoltura nazionale.Una buona parte del settore produttivo italiano in campo zootecnico e agricolo è schierato su posizioni che ricordano più il blocco agrario reazionario che sosteneva il ventennio, con tutta la sua prosopopea e la cura di interessi puramente di rendita, in assoluto spregio del patrimonio ambientale. Per continuare a leggere prosegui sul sito di Micromega.
© Riproduzione riservata. Foto: Coldiretti
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
esprimendo solidarietà al prof. La Cecla, per l’episodio da lui sperimentato, non posso che constatare il periodo di analfabetismo ambientale che stiamo attraversando, accentuato dalla volontà popolare di dare voce in capitolo a forze dell’estrema destra nel governo di questo Paese, ben sapendo quale sia la cultura antiecologista (o quantomeno ignorante il tema) che la pervade. è curiosamente triste notare come il cittadino medio sia conscio dell’esistenza di una grave crisi ambientale, che mostra urgenti esigenze di essere affrontate, ma poi declini le proprie responsabilità nel merito, affidando ad altri (le istituzioni) il compito di provvedervi.
Si può modificare lo stile di vita, rendendolo più sostenibile, ma alcuni importanti problemi globali dipendono da scelte politiche e dall’attività delle istituzioni.
Ormai, di default, se la coldiretti dice qualcosa, penso che la verità sia l’esatto opposto
perchè?
beh cos’altro aspettarsi…
Dalla coldiretti non ci si può aspettare di meglio, purtroppo. Tuttavia quando l’autore si scaglia contro ogm e nucleare purtroppo manifesta una forma di ideologia uguale e contraria a quella perpetrata dalla coldiretti. Dichiararsi ecologisti e attenti al futuro del pianeta rinnegando due tecnologie così fondamentali per la transizione energetica e ambientale è semplicemente irresponsabile, e lo dice uno che è vegetariano da decenni, non ha l’automobile, non usa il riscaldamento e in generale vive cercando di limitare al minimo il proprio impatto sul pianeta
Complimenti per lo stile sostenibile, anch’io per l’auto ho fatto molti anni senza e per anni percorrevo una media di 5000 km/anno in città con la bicicletta.
Sul nucleare, veramente, l’Italia ha già scelto, con un referendum partecipatissimo che il nucleare non lo vuole, per i rischi ambientali e sanitari collegati.
La transizione energetica è verso il “non-fossile”, verso fonti rinnovabili. E con una riduzione dei consumi complessivi, perchè se continuo a usare energia “scaldo” l’ambiente, rendendo l’ecosistema instabile. Decrescita, riduzione dei consumi, politiche demografiche urgenti, queste sono le direzioni in cui muoversi, a mio parere ovviamente.
Che l’Italia si sia già espressa sul nucleare tramite un referendum indotto più di dieci anni fa sull’onda emotiva dell’incidente di Fukushima,sotto il bombardamento mediatico di un’informazione criminale che raccontò quell’evento come una sorta di apocalisse nucleare (quando invece ad oggi i morti a causa delle radiazioni sono letteralmente zero), dimostra solo l’inettitudine di un popolo che pensa di poter affrontare il cambiamento climatico a suon di slogan e di politiche nimby, non certo che il nucleare non vada utilizzato. A parità di energia prodotta,il nucleare è la fonte più sicura ed ecologica ad oggi disponibile, e paesi più civili del nostro non solo continuano ad investirci, ma addirittura vedono una competizione interna tra diverse città per contendersi i siti di stoccaggio delle scorie (come avviene in finlandia). In democrazia il voto popolare non sancisce chi ha ragione, ma solo chi prevale. Se la scelta è irrazionale rimane tale anche se approvata dalla maggioranza. Andiamo verso un mondo in cui ci sarà bisogno di sempre più energia, e questo anche per contrastare i cambiamenti climatici che, almeno nelle conseguenze che già oggi viviamo, ormai vanno considerati acquisiti per sempre. L’idea di costruire un sistema 100% rinnovabili senza un baseload di nucleare è semplicemente irrealistica, sia in termini tecnici che economici. Fino a pochi anni fa ero anch’io scettico verso il nucleare, poi ho deciso di approfondire l’argomento senza pregiudizi e mi sono reso conto che senza nucleare l’obiettivo emissioni zero al 2050 è semplicemente irrealizzabile
Il rapporto rischio beneficio è ancora troppo alto https://www.internazionale.it/notizie/2016/10/19/edf-deve-fermare-cinque-reattori-nucleari-attivi-in-francia
Anche a me risulta così: il trasporto e la manipolazione dell’uranio, la sicurezza dell’impianto e dei suoi lavoratori, la predisposizione di piani di emergenza per il territorio circostante (non siamo stati capaci neppure di attuare un piano antiepidemico perché, tra le altre mancanze, non c’erano neppure banali strumenti di protezione per ospedali e sanitari come le mascherine!) il trasporto delle scorie e i siti di stoccaggio da individuare e monitorare nel tempo.
Poi non dimentichiamo che, storicamente, i maggiori danni all’ambiente sono stati fatti a far tempo dalla scoperta dell’uso del petrolio a fini energetici in poi.
Perdonami,ma temo davvero che tu non sappia di cosa stai parlando. Se hai davvero voglia di informarti, compreso quanto avvenuto in Francia (dove non vi è stato proprio alcun rischio in termini di sicurezza e dove i livelli di emissioni per kwh sono oltre 10 volte inferiori a quelli della Germania che ha follemente chiuso le sue centrali nucleari per poi darsi allegramente al carbone), ti invito ad approfondire attraverso canali di informazione fondati sui dati e sulle evidenze scientifiche. Tra i pochi disponibili in Italia ti suggerisco il sito e il canale YouTube de “l’avvocato dell’atomo”
Nel 1987; senza bombardamento mediatico (dei referendum si parla sempre molto poco e male, e anche quando si fa il rischio di un successivo snaturamento è dietro ‘angolo, come per quello sull’acqua pubblica). F
Forse prevalse – intuitavamente – anche un senso di autoprotezione comunitaria, dei propri cari e della propria terra. Un senso di auto protezione oggi impensabile, rinchiusi come siamo nel nostro miope narcisismo e nella nostra avidità di benessere e di godimento; che ci ostacola nel vedere la complessità dei processi socioeconomici ed ambientali in gioco nei quali siamo immersi.
Beh, il referndum del 1987 fu votato ad appena un anno dal disastro di Chernobyl, un caso unico nella storia sia in termini di danni prodotti, sia per le modalità con cui si è verificato, frutto di una imbarazzante mancanza di professionalità e di manovre di autoboicottaggio di tutti i sistemi di sicurezza da parte delle autorità sovietiche. Con le tecnologie ad oggi disponibili un incidente come quello sarebbe tecnicamente impossibile. Inoltre il referendum del 1987 non verteva direttamente sull’abbandono del nucleare in Italia, ma sull’abrogazione dei contributi agli enti locali che ospitassero centrali nucleari o a carbone sul proprio territorio, e sull’esclusione dell’Enel dalla partecipazione alla costruzione di centrali nucleari all’estero. In ogni caso vale quanto detto sopra: in democrazia la maggioranza non ha di per sè ragione, ma dimostra solo qual è l’opinione prevalente, ma se questa è irrazionale tale rimane. Inoltre, in ogni caso, è la stessa democrazia a prevedere la possibilità di rivedere a distanza di tempo le scelte assunte in precedenza, comprese qelle assunte tramite referendum.
Che prevalga un senso intuitivo di autoprotezione è poi probabile, ma purtroppo in queste materie non c’è cosa peggiore che lasciarsi guidare dall’intuizione. Sarà anche controintuitivo, ma i dati e le evidenze scientifiche dimostrano inequivocabilmente che per una totale decarbonizzazione entro il 2050 (che significa esattamente perseguire l’obiettivo di autoprotezione di cui sopra) non è possibile prescindere dall’inclusione del nucleare nel mix energetico, e che la fissione nucleare rappresenta oggi la fonte energetica più pulita e più sicura in circolazione. Ripeto: ero anch’io contrario al nucleare fino a pochi anni fa. Poi ho deciso di studiare. Non di leggere le opinioni di qualche ideologo, ma di guardare ai dati e al consensus della comunità scientifica. Consiglio di fare altrettanto
il c.d. referendum sul nucleare lo votammo oltre 35 anni fa e l’onda emotiva casomai era quella del disastro di Černobyl (26 aprile 1986) molto ben piu` grave di Fukushima.
Per inciso io votai a favore (unico tra parenti e amici) e rimango di quella idea nonostante sia altrettanto certo che non esiste la sicurezza totale come invece si legge in alcuni commenti.
Buona giornata a tutti
Era da sapersi…
già la definizione di “sintetica” applicata alla carne, manco fosse un derivato un petrolio, è fuorviante e non è mai stata oggetto di correzione da parte dei soggetti contrari alla sua introduzione.
Poi pretendere che Coldiretti, nota fabbrica di “fake news” in campo agroalimentare e specialista solo in rendite di posizione per i propri aderenti, apra un serio dibattito sull’argomento è pura fantasia.
Se ne parlerà solo se e quando gli agricoltori avranno modo di guadagnarci molto, e preferibilmente sulla scorta di contributi statali a fondo perduto che usciranno per l’ennesima volta dalle nostre tasche… ovviamente nell’interesse di tutti!
Premetto che pur avendo una certa età sono da sempre favorevole al progresso della scienza (non siamo più dei cacciatori raccoglitori).
Comprendo anche fino in fondo i timori della lobby della carne (perché il termine lobby ha un accento così negativo solo in lingua italiana ?).
Se la carne coltivata va ad intercettare i fabbisogni di coloro i quali non mangiano la carne “classica” per motivi “etici” o “ecologistici” ben venga.
Se poi sarà buona al punto che la apprezzeranno anche gli onnivori sarà un’eventualità da mettere in conto.
Quello che non comprendo nelle argomentazioni del prof. Franco La Cecla sono i ragionamenti a senso unico nei confronti di nucleare ed ogm.
Il principio di cautela si applica o sempre o mai, non è un interruttore che si aziona al bisogno.
Anche perché gli ogm ce li stiamo mangiando, volenti o nolenti, da anni e non mi si venga a dire che le tecniche di gene editing sono più difficili da comprendere o più misteriose di quelle utilizzate per la moltiplicazione cellulare della carne coltivata…
Un ultimo pensiero. La Repubblica non può continuare a rimanere indietro in certi campi della ricerca scientifica altrimenti diventeremo schiavi obbligati da un punto di vista economico di altri paesi del mondo…
Ho letto l’articolo su Micromega, ma bastano questa citazioni del professore “Cito alcune cifre ufficiale rispetto alle responsabilità degli allevamenti riguardo al cambiamento climatico: si tratta non solo della produzione di carne e di latticini ma del peso enorme dei mangimi e dell’ingentissimo consumo di acqua. In questo momento il settore produce il 24% delle emissioni globali (cioè più delle emissioni globali del settore dei trasporti). A questo si aggiunga che c’è un incremento esponenziale del consumo dei suoli che vengono sottratti dagli allevamenti ad altri usi e riduce drasticamente foreste”, per screditarlo al di là del suo pensiero sulla carne coltivata.
Eddai, c’è chi ancora afferma che gli allevamenti producono gas serra più dei trasporti e tutta la filiera consuma “ingentissime quantità di acqua” e… consumano suolo sottratto ad altri usi?
Io il professorone lo rimanderei a studiare!
PS e io sono oltremodo critico sulle posizioni di Coldiretti!!!!
Ennesima conferma che coldiretti oramai rappresenta gli “industriali agricoli” e non i coltivatori diretti; i contadini sarebbero d’accordo con il prof. La Cecla
Ho letto l’articolo e sono d’accordo sul diritto ad esprimere sempre e comunque un libero parere anche in un’assemblea evidentemente legata all’intensiva produzione di cibo* in generale. I toni del prof. La Cecla erano pacati e contestuali al tema. Puntualizzo che l’energia da fonti rinnovabili è importante anche nel caso della produzione di carne sintetica, energivora per le grandi quantità.
Buon giorno, sono agronoma ed ambientalista e la penso esattamente come Franco La Cecla. La Coldiretti è molto legata ad una destra che fa forte resistenza ai cambiamenti per la transizione energetica.
Ormai la parola “tolleranza” non fa più parte della nostra mentalità corrente. Per me tutte le modalità di pensiero hanno le stesse possibilità di essere dibattute ed eventualmente accettate (salvo vadano contro le attuali leggi e la nostra costituzione). Riguardo la cosiddetta carne sintetica, fino a quando la scienza non ci dice che è dannosa per la nostra salute, io lascerei al libero arbitrio dei consumatori la scelta, fra questa e la carne normale. Decidere per gli altri (come sta facendo la Coldiretti) è segno che si pensa che siamo tutti immaturi.
non è carne sintetica! è carne coltivata!
Vi seguo con grande interesse e attenzione.
Sono pensionato, vi prometto che appena potrò, avrete, pur se modesto, un mio contributo economico.
Grazie a tutti voi.