L’Agenzia Americana per la Protezione Ambientale (EPA) ha proposto nuovi standard relativi ai Pfas presenti nell’acqua potabile. Le recenti linee guida presentate vogliono regolare in particolare due sostanze, i Pfoa e i Pfos, il cui livello deve rimanere inferiore a quattro parti per trilione. Se la norma proposta dall’EPA sarà approvata, regolamenterà anche le quantità combinate di altri quattro tipi di Pfas. Chiamati in inglese “forever chemicals” proprio per la loro persistenza nell’ambiente, i Pfas sono sostanze poli- e per-fluoroalchiliche, contraddistinte da una grande versatilità di applicazioni dovuta alla loro inerzia alle reazioni chimiche.
Utili per le proprietà idro- e oleo-repellenti e per la stabilità ed elevata resistenza alle alte temperature – caratteristiche conferitegli dal legame tra carbonio e fluoro, il legame più forte in chimica organica, – sono ancora impiegati per realizzare un’ampia gamma di prodotti, ad esempio gli imballaggi alimentari, i capi di abbigliamento, le padelle antiaderenti, il filo interdentale e la carta da forno.
L’onnipresenza dei Pfas
A causa del loro uso massiccio, concentrazioni significative di Pfas si possono rilevare tanto nell’ambiente quanto negli organismi viventi causando effetti negativi. Essendo bioaccumulabili, tali sostanze, una volta ingerite, tendono a restare nel corpo per anni tanto che si possono trovare nel sangue, nelle urine, nella placenta, nel cordone ombelicale e nel latte materno. Per la salute umana i Pfas sono molto nocivi: è ormai noto che la loro assunzione o l’esposizione a essi provoca possibili disfunzioni del sistema immunitario, un aumento del rischio di insorgenza di alcuni tipi di cancro, disturbi endocrini, problemi allo sviluppo cognitivo e neurocomportamentale dei bambini.
Tecniche innovative
In un articolo pubblicato su The Conversation a firma di Joe Charbonnet si legge che sono due le principali tecnologie che la maggior parte delle aziende considera per rimuovere i Pfas dall’acqua potabile: il carbone attivo e i sistemi a scambio ionico. Poiché i Pfas si legano al carbone attivo, un trattamento a base di tale sostanza è stato aggiunto nel 2006 al sistema idrico della città di Oakdale (Minnesota). A fronte di questa scelta nell’area interessata si è registrato un sensibile abbassamento dei livelli di Pfas, un aumento del peso dei bambini alla nascita e un maggior numero di gravidanze portate a termine.
I sistemi a scambio ionico, invece, funzionano facendo scorrere l’acqua su particelle cariche in grado di rimuovere i Pfas. Charbonnet ricorda come un’altra opzione sarebbe quella di trovare e utilizzare fonti d’acqua alternative meno contaminate, una possibilità che, se da un lato appare funzionale nella sua economicità, mostra i suoi limiti in fatto di giustizia ambientale: è molto improbabile che questa sia una soluzione per le realtà rurali o con minori risorse.
L’inquinamento da Pfas in Italia
Quello dell’inquinamento da PFAS è un problema che riguarda anche l’Italia, considerata il teatro del più grande caso di contaminazione nel continente europeo. È il 2013 quando uno studio condotto dall’Istituto di Ricerca sulle Acque del Centro Nazionale delle Ricerche mostra un diffuso caso d’inquinamento ambientale dovuto alla dispersione nelle acque superficiali e sotterranee di Pfas nei pressi di uno stabilimento della società chimica Miteni. A oggi si stima che il territorio contaminato si estenda per 200 km2 interessando le aree di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo. Ma il problema non riguarda solo il Veneto: noto è anche il caso del polo chimico oggi proprietà Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria, Piemonte).
Quello piemontese è uno dei siti presenti nella mappa mostrata da Forever Pollution Project. La recente inchiesta giornalistica, che ha coinvolto diciassette testate in tutto il continente guidate dalla francese Le Monde, ha rivelato l’esistenza di più di 17mila siti contaminati da Pfas in Europa di cui più di 1600 in Italia. Sebbene, in occasione dell’audizione in Senato sulle misure urgenti per la riduzione dell’inquinamento da Pfas, i Medici per l’Ambiente abbiano chiesto che nelle acque a uso umano il limite per le sostanze poli- e per-fluoroalchiliche sia pari a zero, a livello politico non si è attuato alcun intervento significativo e a oggi le normative nazionali e regionali prevedono soglie insufficienti al fine di arginare l’inquinamento.
La campagna di Greenpeace
A fronte di tale situazione finora sottovalutata nella sua pericolosità e diffusione, Greenpeace Italia ha lanciato una campagna nazionale per chiedere al governo di varare in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, di adottare adeguati provvedimenti di bonifica e di individuare fonti e responsabilità per i casi di contaminazione da queste sostanze presenti nel Paese. L’urgenza di intervenire per frenare quella che oramai è a tutti gli effetti un’emergenza sanitaria e ambientale fuori controllo si comprende ancora meglio se ci si ricorda che siamo fatti per il 70% di acqua.
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Non mi è chiaro questo passaggio dell’articolo”:
“i Medici per l’Ambiente abbiano chiesto che nelle acque a uso umano il limite per le sostanze poli- e per-fluoroalchiliche sia pari a zero, a livello politico non è stato attuato alcun intervento significativo e a oggi le normative nazionali e regionali prevedono soglie insufficienti al fine di arginare l’inquinamento. ”
Primo: dal punto di vista chimico non esiste una concentrazione “pari a zero” bensì una concentrazione può essere indicata solo come “inferiore ad un determinato limite di quantificazione” come sa chiunque abbia fatto all’Università l’esame di Chimica Quantitativa.
Secondo: “a oggi le normative nazionali e regionali prevedono soglie insufficienti al fine di arginare l’inquinamento. ”
Ma a me risulta che le norme attuali siano relative al recentissimo appena entrato in vigore il Decreto Legislativo 23 febbraio 2023 n.18 (recepimento della Direttiva UE 2020/2184) relativa alle acque destinate al consumo umano, dove sono contemplati limiti per i PFAS…
Rispetto al primo punto, allego anche il link alla pagina ISDE dove si dichiara che per loro i Pfas come anche il BisfenoloA, la Microcistina-LR, devono avere, nei nuovi e prossimi provvedimenti di legge, il loro valore limite fissato in zero per le acque ad uso potabile.
È la loro posizione, non credo ci sia molto altro da aggiungere.
https://www.isde.it/per-tutelare-salute-e-ambiente-zero-pfas-e-zero-bisfenolo-a-e-microcistina-lr-nelle-acque-ad-uso-potabile-ecco-gli-interventi-di-isde-in-commissione-ambiente-del-senato/
Per quanto riguarda il secondo punto, il Dlgs n. 18 fa riferimento a limiti non ancora adottati, mentre sul pezzo si fa riferimento alla situazione fino a oggi.
La Commissione Europea prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024 i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento per quanto riguarda il monitoraggio dei Pfas (art. 12, comma 9).
Inoltre, sebbene l’allegato 1 relativo all’art. 24 disponga valori di parametri, essi si riferiscono alla qualità delle acque destinate al consumo umano. Rimane dunque ancora manchevole un’azione sulla contaminazione alimentare così come denunciato da Greenpeace Italia.
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/03/06/23G00025/sg
Gentile Francesca Faccini, le faccio una osservazione sull’ISDE (dal loro sito): Associazione Italiana Medici per l’Ambiente – nata nel 1989 da un gruppo di medici italiani
Evidentemente a medicina non fanno esami di Chimica Quantitativa altrimenti saprebbero che la concentrazione ZERO non esiste.
Se magari l’ISDE fosse così gentile da indicare anche con quale strumentazione e con quali metodiche si raggiunge la sensibilità ZERO, i laboratori di analisi ringraziano.
Per quanto riguarda il secondo punto, il Dlgs n. 18 del 23 febbraio 2023, è entrato in vigore il 21/03/2023 e sono adottati i seguenti limiti di riferimento:
– PFAS Totale 0,50 microgrammi per litro
– Somma PFAS 0,10 microgrammi per litro
Quindi sulle analisi di acqua potabile che si fanno dal 21/03/2023, si devono rispettare le concentrazioni sopra riportate.
Gentile Roberto,
sebbene l’art. 23 del Dlgs n. 18 del 23 febbraio 2023 introduca delle sanzioni qualora non vengano rispettati i limiti di Pfas indicati anche da lei, l’art. 24 Norme transitorie ai commi 1 e 2 dichiara:
1) Le autorità ambientali e sanitarie e i gestori idro-potabili adottano con ogni tempestività, e comunque non oltre il 12 gennaio 2016, le misure necessarie a garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino i valori di parametro di cui all’allegato 1, Parte B, per quanto riguarda: bisfenolo-A, clorato, acidi aloacetici, microcistina-LR, PFAS-totale, somma di PFAS e uranio.
2) Il controllo dei parametri di cui al comma 1 assume carattere di obbligo a decorrere dal 12 gennaio 2026.
«La recente inchiesta giornalistica, che ha coinvolto diciassette testate in tutto il continente guidate dalla francese Le Monde, ha rivelato l’esistenza di più di 17mila siti contaminati da Pfas in Europa di cui più di 1600 in Italia.»
Chiedo: il PTFE ovvero il Teflon è sicuramente un “Forever Chemicals” e sicuramente contiene Fluoro, viene considerato un PFAS da queste nromative?
Domanda: quindi un mio tegame in teflon nero contiene pfas? Fatmi sapere per favore. Grazie
Purtroppo noi non possiamo saperlo. Solo alcune marche e solo di recente producono padelle e tegami antiaderenti senza pfas. In teoria, finchè il rivestimento è integro, non dovrebbe rilasciare sostanze nocive, sempre che l’oggetto sia stato prodotto con cura.