Le immagini dei cinghiali che scorrazzano a Santa Margherita Ligure fra i tavolini di un ristorante in prossimità del mare hanno fatto il giro della rete e molti si chiedono come fermare l’invasione di questi animali che ormai considerano alcuni centri abitati un loro habitat. Il problema esiste e non è di facile soluzione, basta pensare che secondo la stima più recente fatta dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ente pubblico di ricerca collegato al ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica) nella penisola vivono almeno 1,5 milioni di cinghiali nei boschi delle diverse regioni e soprattutto in Piemonte, Toscana, Umbria, Abruzzo… La questione è ben nota e gli esperti dell’Ispra segnalano questo problema dal 2001 senza grande successo, visto che negli ultimi 7 anni sono stati abbattuti 2,1 milioni di animali (300 mila l’anno) e che, nonostante ciò, il numero continua ad aumentare.
Che fare? “Il problema è complesso e i motivi dell’incremento sono diversi – spiega Andrea Monaco dell’Ispra – pensare di incrementare la caccia ai cinghiali, così come viene praticata oggi, per ridurre la numerosità dei gruppi in circolazione non funziona, anche se sembra la soluzione più logica. I dati lo dimostrano: nel 1995 gli animali abbattuti (o prelevati) erano 50mila, adesso sono sei volte di più ma la popolazione continua ad aumentare”. Secondo molti esperti la caccia è la prima causa dell’incremento dei cinghiali, ma questa realtà, pur essendo sostenuta da diversi addetti ai lavori, non si può dire ad alta voce, perché la lobby dei cacciatori è molto presente sul territorio ed è molto ascoltata dai politici. “Per ridurre il numero di cinghiali – continua Andrea Monaco – occorre risolvere i problemi che stanno alla base, e la prima cosa è fare in modo che i cacciatori, ma anche le persone nei centri urbani, smettano di fornire cibo agli animali. Esiste da anni il divieto di foraggiamento ma nei fatti viene poco rispettato”. Lo scopo dei cacciatori è mantenere i cinghiali nel territorio e aumentare il loro numero per poterli poi catturare a colpi di fucile. Fornire cibo in effetti è un buon sistema per raggiungere lo scopo, anche se snatura le regole, perché gli animali in questo modo cercano di meno ghiande, tuberi e altri piccoli animali, trovando la razione di cibo pronta. Grazie a questo servizio crescono in fretta e le femmine raggiungono in largo anticipo l’età dell’estro, aumentando così la possibilità di far cuccioli.
“Il secondo problema – prosegue Monaco – riguarda il metodo di caccia. Di solito si usa la tecnica della braccata collettiva, per cui si delimita un’area e con l’aiuto di cani si costringono gli animali a fuggire in una direzione dove sono appostati cacciatori che attendono l’arrivo degli animali per sparare. In questo modo è difficile fare una selezione e i cinghiali adulti (sia maschi che femmine) sono più facilmente colpiti perché più grandi”. L’effetto è disastroso perché gli animali più giovani che sfuggono si ritrovano senza una guida e formano gruppi numerosi senza regole gerarchiche. Se prima la riproduzione era un compito affidato agli animali adulti, adesso, con popolazioni composte prevalentemente da giovani, alla riproduzione partecipano anche animali di meno di un anno di vita, con un considerevole effetto moltiplicatore del numero di nuovi nati. Questi gruppi sono alla costante ricerca di cibo che trovano nei boschi ma anche nei luoghi dove lo portano i cacciatori, nei campi coltivati e nei centri abitati frugando nei cassonetti della spazzatura. I cacciatori conoscono il meccanismo e portano avanti queste tecniche perché incrementano gli animali da catturare nelle battute. “Un’altra cosa che andrebbe fatta è aumentare di molto la caccia con tecniche selettive come il prelievo da appostamento fisso – prosegue Monaco – questo permetterebbe di concentrare il prelievo sugli individui più giovani e, tra gli adulti, sulle femmine in modo da limitare il potenziale riproduttivo delle popolazioni. Purtroppo oggi gli abbattimenti selettivi in caccia rappresentano solo il 9% del totale ed è troppo poco per avere un effetto visibile sulle popolazioni”.
Questa storia però non piace a molti, perché si muovono accuse a cacciatori che nell’immaginario collettivo difendono i cittadini dall’invasione. Il discorso è complicato, ma secondo l’Ispra si può provare a risolvere, tuttavia serve un’assunzione di responsabilità da parte delle associazioni venatorie. Serve anche il coinvolgimento dei singoli cacciatori che devono spostare l’attenzione verso modalità di caccia selettive, oltre che smettere di fornire cibo agli animali selvatici. C’è poi la gestione oculata dei rifiuti urbani che non possono diventare una fonte di cibo per gli animali. Purtroppo si tratta di elementi critici che hanno portato ad avere una popolazione di animali esagerata e in costante aumento nonostante il numero elevato di catture. Il problema della numerosità è aggravato dall’arrivo nel gennaio 2022 dell’epidemia di Peste suina africana che ormai ha raggiunto 600 casi, e ogni giorno si espande su nuove fette di territorio. L’amara constatazione è che da noi non sembrano esserci istituzioni in grado di gestire sia l’incremento degli animali, sia l’epidemia di Peste suina. Il governo ha fatto fino ad ora poche cose concrete, alcune pressoché inutili come le barriere installate in Liguria, mentre per altre ha solo indicato linee direttrici senza mettere a disposizione i necessari fondi e senza stipulare accordi con i cacciatori per incrementare gli abbattimenti selettivi.
“Quando l’Ispra dice che i cinghiali aumentano è vero –spiega Christian Maffei di Arcicaccia – ma non si può dare la colpa ai cacciatori. I fattori che portano ad un incremento degli animali sono diversi e vanno considerati con attenzione, altrimenti non si hanno tutti gli elementi per fare un programma di depopolamento. L’incremento dei cinghiali è correlato all’aumento dell’area boschiva in Italia, dovuta all’abbandono delle campagne e alla mancata raccolta delle ghiande che una volta venivano utilizzate come mangime nelle fattorie. Adesso quelle ghiande sono un’ottima fonte di cibo per i cinghiali che ne sono ghiotti e quando sono ben nutriti si riproducono velocemente. Anche le accuse alla braccata vanno contestualizzate – prosegue Maffei – mi sembra una forzatura criticare il sistema che oggi permette di eliminare l’80% degli animali. Forse bisognerebbe raddoppiare i mesi di caccia (attualmente sono tre) e permettere la gestione alle aree protette, alle foreste demaniali, ai parchi dove, non certo casualmente, si registra la massima concentrazione di animali”.
“Il problema del foraggiamento illegale probabilmente esiste – precisa Massimo Buconi di Federcaccia – ma è marginale, e comunque sta alle guardie forestali e ai controllori intervenire. Noi da parte nostra sensibilizziamo i cacciatori, anche se purtroppo le figure dei supervisori sono pressoché inesistenti, visto che il compito era affidato alle province ora soppresse. Oggi i controlli si fanno solo in alcune regioni e sono pochi. Sarebbe il caso di ripristinarli e, soprattutto, oltre al prelievo in battuta che oggi è il sistema più efficace per ridurre il numero di animali, occorre implementare e incrementare la caccia selettiva in grado di intervenire in maniera strutturale sulla composizione della popolazione. Il problema è capire chi le deve organizzare? Il governo e i ministeri, che dovrebbero sovrintendere al problema, non sono in grado di prendere in mano la situazione e di organizzare tutti i soggetti che operano nell’ambito della caccia. Si dovrebbero anche sensibilizzare i comuni nella gestione più puntuale dei rifiuti. Poi c’è il problema della Peste suina africana che dovrebbe essere gestita creando una collaborazione con i cacciatori nell’individuazione e nella rimozione delle carcasse di animali morti trovati nei boschi. Servono investimenti e progetti intelligenti. Inutile ricordare che gli oltre 100 km di barriere installate in Liguria per arginare la fuga dei cinghiali dalla zona rossa contaminata dal virus della Peste non sono servite pressoché a niente”.
La sensazione è che manchi una cabina di regia nella gestione del problema cinghiali, che non ci siano fondi per il depopolamento, che si faccia poco e quel poco non sia organizzato. In questa storia probabilmente tutti i soggetti sono coinvolti, ma sembra che nessuno sia in grado di fare le cose necessarie perché ostacolato da un cavillo burocratico, da un permesso, da una norma. Alla fine il risultato è che l’incremento del numero di animali non rallenta, le visite nelle città sono sempre di più e i danni all’agricoltura aumentano. Anche nella gestione della Peste suina africana si registra un problema simile. Il Commissario straordinario l’anno scorso ha messo in campo progetti che non sono stati realizzati perché non sono state individuate con precisione le responsabilità dei vari attori e perché sono stati portati avanti progetti inutili come nel caso delle barriere posizionate su un territorio montuoso come quello ligure.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
I cacciatori portano acqua al loro mulino, come sempre e come i ragazzini con i videogiochi non ne hanno mai abbastanza.
Inoltre hanno spesso poco rispetto per chi nelle zone dove loro cacciano ci vive o svolge altre attività.
Le battute di caccia grossa sono parecchio invasive e pericolose, ogni anno si contano morti e feriti sia tra i cacciatori sia tra gli abitanti e gli escursionisti.
Raddoppiare i mesi di caccia renderebbe le campagne e i boschi ostaggi di fucili e pallottole e ad uso esclusivo dei cacciatori.
Oltre a non risolvere il problema dei cinghiali, per il quale servono strategie sensate.
Servono strategie sensate.Appunto,ma il problema é proprio quello.Primo : avercele. Secondo :
Rispettarle….Ma allora…NON saremmo neanche italiani…!!!
Personalmente ho dovuto abbandonare il sogno di crescere piante che richiedano acqua in estate, perchè è come attrezzare un parco giochi notturno per cinghiali.
Già ora, in Aprile, sono pochi gli angoli di terra che non sembrino bombardati.
Io mi sono rassegnato, ma non tutti possono permettersi il lusso di farlo.
Un conoscente che ha familiari che con il vino ci campano, mi ha raccontato che a volte sono costretti alla “legittima difesa” per salvare l’uva.
Sparano nottetempo e poi con la pala meccanica scavano una bella buca in cui finiscono i cinghiali, per non rischiare problemi e perdite di tempo con le autorità.
Un po’ come se uno ogni mattina si trovasse con le gomme dell’auto bucate, se non può contare sulle autorità sarebbe costretto a trovare una soluzione da solo, pena l’inedia.
Ecco, in questi casi, basterebbe una legge che esprimesse un pò di buon senso e un minimo di impegno e risorse.
I cinghiali sono intelligenti anche se maleducati, molto determinati e molto forti e con le buone maniere se ne vanno il tempo che gli serve per mettersi al sicuro, poi tornano.
Se si vuole ridurre la popolazione dei cinghiali, cosa che credo sia da tempo indispensabile, bisogna trovare consenso sul come e poi vanno presi quando e dove vanno, due cose che basterebbe chiedere a chi nelle campagne ci vive.
Pensare di ridurre la popolazione con la caccia è un’idea che può venire solo ai cacciatori, che gli animali da vivi spesso li conoscono solo attraverso un mirino o una rosa di pallini.
Condivido in toto. Precisa l’analisi ed esatta la soluzione. Ma,come già accennato il problema é quello di avere una strategia sensata e di rispettarla o, quanto meno, farla rispettare.Ma allora,mi scusi – sono anch’io italiano – dovremmo essere più abituati a rispettare le “REGOLE” in generale…e, ciò sarebbe, purtroppo, molto poco italiano.
Perche” non prolungano la caccia di altri 2 mesi…gennaio et febbraio..? Fino a fine emergenza..
Dare la colpa ai cacciatori di questa situazione è paradossale, dare la colpa ai politici o amministrazioni no ? La colpa è sempre di qualcun’altro.
Veramente abbiamo indicato diversi referenti oltre ai cacciatori
I cinghiali attualmente diffusi non hanno nulla a che fare con le razze originariamente presenti in Italia, che si riproducevano una volta all’anno ed erano di taglia molto più piccola. Si tratta di razze e ibridi introdotti per avere più prede e di taglia più grossa, che poi si sono diffusi fino ai giorni nostri, nonostante le decine di migliaia di capi abbattuti ogni anno legalmente e illegalmente. Inoltre come accennato nell’articolo, le battute tendono ad eliminare gli animali più grossi, destrutturando la popolazione e lasciando in circolazione i piccoli, prede meno ambite e più difficili da colpire nell’erba alta, che poi sono quelli che faranno più danni. Come vede i cacciatori la loro parte di responsabilità ce l’hanno… Buona giornata
Un buon veterinario spiegherebbe come fare. Senza abbatterli. Questo vale anche per i lupi, gli orsi, ecc.
Cioè?
Penso che il lettore si riferisca alla sterilizzazione “fisica” o farmacologica.. Ammesso che sia realizzabile con i cinghiali
Ottima disamina!
Il cinghiale è biologicamente una macchina da guerra. Sta colonizzando ovunque le aree urbane: dal Giappone a Hong Kong, da Berlino, Varsavia a Roma. Le città sono, prima di tutto, un rifugio più ospitale e tranquillo di molte campagne ad agricoltura intensiva. Poi , dopo, viene anche il cibo messo a disposizione dalla popolazione.
Ricordiamo che ha un territorio disponibile che si incrementa ogni anno con l’abbandono di molte aree. E’ una specie onnivora che trova cibo al suolo e quest’ultimo neppure gela più in inverno per effetto del riscaldamento climatico.
E’ una specie sociale e intelligente ma soprattutto ha una strategia riproduttiva come quella dei roditori. I suoi incrementi sono esponenziali.
Quindi il depopolamento è una farsa. Non ci sono ad oggi metodi per controllare direttamente ed efficacemente la specie (contraccezione e caccia compresa). Anche tentando l’impossibile, cioè usando in contemporanea abbattimenti selettivi, braccata e catture con gabbie, probabilmente i tempi, i costi, gli impatti ambientali e i rischi, connessi con le l’uso delle armi, supererebbero i benefici.
Quindi bisogna avere il coraggio di affermare che la Peste suina è al momento l’unica speranza di controllare, a livello globale, la specie dopo 40 anni di colpevole incapacità di comprenderne l’ecologia. Incapacità collettiva di Cacciatori, Agricoltori e Ambientalisti. E’ un’amara verità che, in attesa del vaccino PSA, costerà economicamente punti di PIL nazionale ma è anche un’occasione unica per ripensare gli allevamenti intensivi, la nostra alimentazione e la nostra convivenza con il mondo animale.
Paolo Debernardi
” i costi, gli impatti ambientali e i rischi, connessi con le l’uso delle armi, supererebbero i benefici.”
Affermazione totalmente campata in aria, in quanto l’uso controllato delle armi riduce i rischi e ha impatto ambientale praticamente nullo, a meno che si creda alla favoletta del piombo: ai cinghiali si spara essenzialmente a palla unica, che rimane nella carcassa e viene recuperata in fase di macellazione, non ha nulla a che vedere con l’inquinamento dovuto alla caccia alla piccola selvaggina, dove ogni due pallini recuperati nell’animale ce ne sono trenta dispersi nell’ambiente.
Forse ci si riferisce alle decine di morti ogni anno che passano come “incidenti di caccia”? O alle finestre colpite da pallini? O ai danneggiamenti e alle minacce subìti da chi si vede attraversare e danneggiare campi e proprietà dai cacciatori e osa lamentarsi? Mi sono occupato per lavoro di stime dei danni da fauna selvatica in aree cacciabili in cui erano le associazioni venatorie a dover risarcire gli agricoltori, e le assicuro che preferisco di gran lunga incontrare un cinghiale o un cervo, come mi è accaduto molte volte senza problemi, piuttosto che una persona armata che ti minaccia con un fucile. Buona giornata
Assolutamente d’accordo, nonostante l’incontro con una minimandria di almeno 13 cinghiali incrociati pochi mesi fa a pochi metri da casa. Il buon Mario o è un cacciatore o parla per sentito dire. Tertium non datur !
Forse è meglio che tu rilegga il mio intervento, perché previene proprio le obiezioni generiche di chi confonde lo sparare ai piccoli animali, con munizione a pallini, con la caccia al cinghiale, a palla unica. Quanto all’incontrare i cinghiali, una femmina con i cuccioli attacca, e a volte uccide, chiunque le si avvicini troppo: eccetto ovviamente che nel mondo di Walt Disney.
A riprova che i cacciatori in genere non abbiano familiarità con gli animali. Ma non sorprende, avere un fucile e l’intento di sparare non agevola la conoscenza del comportamento animale.
Mai visto un cinghiale attaccare ne tantomeno mordere come ha scritto tempo fa qualche giornalista.
Femmine con cuccioli pascolano davanti casa quando piove e se la svignano, spesso con tutta calma, quando sentono la porta aprirsi; non diciamo stupidaggini..attaccano se sono in pericolo.
Lo stesso i maschi alfa, sono grossi e mettono paura, ma quando li incontri casualmente loro hanno voglia di attaccarti quanto un escursionista abbia voglia di attaccare loro.
Ribadisco, il punto di vista sulla fauna di chi caccia vale circa zero.
Cento chilometri di barriere avrebbero almeno risolto il problema di agricoltori ed hobbisti che praticano l’agricoltura e sono un presidio indispensabile per certe zone in via di abbandono.
Se fossero state utilizzate appunto per recintare le proprietà di agricoltori ed hobbisti queste persone avrebbero potuto riconoscere nell’ente pubblico un elemento di riconoscenza per il faticoso lavoro svolto non solo per se stessi ma anche per la collettività.
Parole al vento……
Sarà anche stato pubblicizzato sui social ma diversamente dalla pubblicità fatta sui cinghiali di Roma nel periodo di amministrazione della sindaca Raggi non vi é pari. Tutti i media, carta stampata e televisione ne parlavano ad ogni occasione. Che siano spariti i cinghiali a Roma per trasferirsi in Liguria?
Foraggiare con additivi anticoncezionali .
La caccia al cinghiale in Veneto è aperta praticamente tutto l’anno, non solo 3 mesi, quindi non serve a nulla aumentare i giorni, al massimo bisognerebbe togliere le quote. E qualcuno scriva che questi cinghiali sono l’esito delle immissioni fatte proprio dai cacciatori nei decenni scorsi, introducendo gli enormi cinghiali della sottospecie Sus scrofa attila, del nord-est Europa, ibridati coi maliali per renderli più prolifici. Questo non si dice mai, anzi, si accusano ambientalisti/verdi/ecologisti e vari altri capri espiatori e i cacciatori passano solo per eroi, quando sono stati loro stessi la vera causa del problema. I nostri piccoli cinghialetti autoctoni sono praticamente estinti, rimpiazzati da questi casini genetici. La caccia al cinghiale è un business, e molto lucroso anche: nessun cacciatore ha l’interesse di far sparire la propria fonte di guadagno.
Io che vivo nel Parco dei Colli Euganei vedo quanti danni fanno. Qui la caccia è proibita e i contadini assistono inermi ai danni alle colture. I contadini dovrebbero avere il permesso di sopprimere
i cinghiali (solo) nei loro campi, con trappole o sparando. I cinghiali sono intelligenti e non tornano nei campi dove rischiano.