Tappi sintetici o a corona, lattine o poliaccoppiati per il vino, ma anche ‘budelli’ per i salumi realizzati con i nuovi materiali, le novità che riguardano i contenitori e gli involucri per gli alimenti tradizionali hanno suscitato spesso diffidenza. Eppure, se si guarda all’evoluzione storica dei prodotti, si scopre che nel tempo i contenitori si sono evoluti insieme alle tecnologie a disposizione. Lo spiega con il consueto sguardo aperto e privo di preconcetti Giovanni Ballarini, nell’articolo di Georgofili.info, che riportiamo qui integralmente.
Oggi si parla di tipicità degli alimenti coinvolgendo anche quella dei loro involucri e contenitori in tutti i loro aspetti, in una discussione che riguarda anche i salumi, per i quali sono attualmente disponibili molti involucri, o budelli di diversi materiali e origine. Il caso dei salumi non è l’unico. Per meglio comprendere la situazione dei salumi è utile vedere quanto è avvenuto nel vino. Un vino con tappo di materiale sintetico o presentato in lattina o, ancor più, in un contenitore flessibile o in poliaccoppiato può essere tipico? Il caso del vino è quasi paradigmatico in quanto dimostra l’importanza del contenitore , per cui quando si ricostruisce la storia del vino in realtà si racconta anche la storia dei suoi contenitori.
Con ogni probabilità il vino nasce in otri ottenuti da organi o pelle animale, poi passa nelle anfore e olle di terracotta, rese impermeabili anche con resina vegetale e da qui i vini resinati greci, entrando poi in contenitori di legno: tini, botti, barili e tanti altri. Solo alcuni secoli fa il vino entra nel vetro delle bottiglie, fiaschi e damigiane, con l’uso anche di tappi di sughero, peraltro già noto. Da ciò ne deriva che se il vino ha almeno 5 mila anni (stima prudenziale), i tre secoli della bottiglia sono soltanto il 6% della sua vita. La storia dei contenitori del vino non è finita, perché dopo il legno, sono venuti l’acciaio inossidabile e la vetroresina. Accanto alla bottiglia si sono affiancati l’alluminio (lattina), i contenitori flessibili in poliaccoppiato e particolari composti sintetici studiati e sviluppati per rispondere alla richiesta di tappi con le caratteristiche del sughero, come pure vi sono altri sistemi di chiusura. Non è un mistero e neppure uno scandalo ricordare che tutto lo champagne è prodotto in bottiglie chiuse con tappo a corona e solo alla fine del processo viene utilizzato il classico sistema di chiusura con il sughero. A ogni contenitore corrisponde una diversa qualità e tipicità: ridicolo è per esempio voler ricostruire un vino romano e venderlo in bottiglia, come pensare di mettere uno champagne in un contenitore sintetico e anche in alluminio e, sulla stessa linea, barriccare tutti i vini. Delle modifiche possono essere tuttavia eseguite, per esempio quelle riguardanti i tappi, che si possono produrre con materiali non solo equivalenti, ma spesso superiori al sughero.
Quanto è avvenuto con il vino avverrà anche per altre produzioni. Nella salumeria, per una minore disponibilità di taluni involucri tradizionali, questioni sanitarie, richieste culturali e produzioni innovative, si è sviluppata una ricerca scientifica e tecnologica che ha messo a punto involucri di materiale organico o di sintesi che rispondono a molte delle moderne esigenze sanitarie e produttive. Gli involucri naturali sono oggi scelti, conservati, trattati e utilizzati in modo da eliminare ogni rischio sanitario, anche se i budelli, e molti altri involucri, non sono mangiati dal consumatore, mentre una lunga esperienza e procedimenti tradizionali assicurano la sicurezza dei budelli naturali. Per quanto riguarda gli involucri artificiali, in modo particolare quelli sintetici (o plastici) va anche considerata l’eventuale cessione all’impasto di componenti indesiderati, come gli ftalati. Se gli involucri prodotti da industrie serie sono in proposito controllati, altrettanto può non avvenire per quelli di dubbia provenienza.
Le caratteristiche degli involucri, oltre a regolare gli scambi di acqua, ossigeno ecc. tra il contenuto e l’ambiente esterno, condizionano anche lo sviluppo di muffe di superficie, gradite o sgradite. Su questa linea sono allo studio particolari involucri, detti intelligenti, che contengono molecole, ammesse come additivi o per i trattamenti di superficie degli alimenti, che possono interferire sull’ossigeno (antiossidanti) o sullo sviluppo delle muffe. I disciplinari di produzione dei salumi tipici stabiliscono il tipo di budello da usare, per rispettare la tradizione e al fine di ottenere le necessarie caratteristiche di tipicità. Questo non esclude che nuove tipicità possano essere ottenute con gli involucri artificiali che ora sono disponibili e che verranno prodotti nel prossimo futuro, in modo analogo a quanto è avvenuto per il vino.
Articolo ripreso dal sito Georgofili.info
Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002
Innovazione, ma con scrupolo. Lo stesso professore dice: “Per quanto riguarda gli involucri artificiali, in modo particolare quelli sintetici (o plastici) va anche considerata l’eventuale cessione all’impasto di componenti indesiderati, come gli ftalati.”. E mi chiedo se non ci sia da aggiungere il bisfenolo.
C’è un notevole dibattito oggi sulla cessione di sostanze da parte degl’imballaggi e degl’involucri. Proprio perchè in passato sono state fatte delle scelte sbagliate. Ricordo appunto il bisfenolo piuttosto che il Pfas.
Peraltro, con gli attuali strumenti e tecnologie non sarebbe impossibile – mi riferisco ai salumi – riprodurre, lungo tutta la filiera, delle condizioni di conservazione usate nel corso dei secoli. Aumentano i costi? Ne mangeremo meno, con tutto vantaggio per la nostra salute. Quanto costa a livello sociale la sanità pubblica per risolvere problemi d’infertilità?