Piedi di bambino su bilancia analogica blu; concept: obesità, sovrappeso

Sono quasi quattro su 10, in Italia, i bambini colpiti da sovrappeso o obesità. Lo dicono i numeri dell’ultimo Rapporto COSI (Childhood Obesity Surveillance Initiative), progetto coordinato dall’Ufficio europeo dell’Oms che ha interessato 33 paesi del nostro continente. Il Rapporto presenta i risultati del quinto step di monitoraggio, raccolti fra il 2018 e il 2020, su oltre 400mila bambini di età compresa fra 6 e 9 anni. Riguardano la diffusione di sovrappeso e obesità, ma anche le abitudini alimentari – come quelle di fare colazione e di consumare frutta e verdura – l’attività fisica e le ore trascorse davanti allo schermo di tablet e televisori.

Nel complesso, il 29% dei bambini considerati nella Regione europea è risultato sovrappeso o obeso (31% dei maschi e 28% delle femmine), ma questa quota varia notevolmente da una nazione all’altra: si va dal 6% in Tajikistan al 43% a Cipro. Gli italiani, con una prevalenza di poco inferiore al 40%, si piazzano al quarto posto, dopo Cipro, Grecia e Spagna. Secondo lo stesso rilevamento, poi, il 12% dei bambini monitorati sono obesi (quota che varia dall’1% in Tajikistan al 19% a Cipro) e nel nostro paese questa quota, fra le più alte del continente, è pari al 18% circa.

Primo piano della pancia di un bambino in sovrappeso a torso nudo, con metro a nastro avvolto intorno alla vita
Quasi il 40% dei bambini italiani tra i 6 e i 9 anni sono in sovrappeso o obesi, secondo lo studio dell’Oms Childhood Obesity Surveillance Initiative

Il quadro è simile a quanto risultava dal precedente rilevamento, a parte un leggero ridimensionamento del sovrappeso a Malta, San Marino e in Italia (fra le bambine). Si tratta evidentemente di un quadro che può e deve essere migliorato. L’obesità, infatti, è un fattore di rischio per malattie non trasmissibili come diabete, patologie cardiovascolari e diversi tipi di cancro, è importante quindi creare le condizioni per far sì che queste percentuali si abbassino, lavorando sull’alimentazione ma anche sulle abitudini e lo stile di vita. Come mai il nostro paese, si colloca in questa poco invidiabile posizione?

Abbiamo chiesto un parere ad Annamaria Staiano, presidente della Società italiana di pediatria.
“Vorrei innanzitutto ricordare il leggero miglioramento della situazione rispetto al passato – dice Staiano – soprattutto per il sesso femminile, segno che in qualche modo le campagne di comunicazione messe in campo negli ultimi anni dalle istituzioni e dalle Società Scientifiche hanno dato alcuni frutti. Purtroppo insufficienti, però. Tutto ciò accade paradossalmente nella patria della Dieta mediterranea. I motivi credo siano diversi, ma a mio avviso il fattore culturale gioca un ruolo molto importante. – Sottolinea l’esperta – Non vi è ancora nel Paese sufficiente consapevolezza di quanto una sana alimentazione e stili di vita corretti sin dalle prime età della vita possano condizionare la salute futura nella vita adulta. Per esempio, l’indagine Okkio alla Salute promossa dal ministero della Salute ha messo in luce che molti genitori di bambini in sovrappeso e obesi ritenevano che i loro figli fossero normopeso e che non avessero errate abitudini alimentari. D’altra parte, il Rapporto COSI parla chiaro: in Italia fa colazione con cadenza giornaliera il 69,6% dei bambini dai 6 ai 9 anni, contro una media del 75% per i Paesi europei. Il consumo quotidiano di frutta fresca non raggiunge il 50% dei bimbi, per le verdure la situazione è ancora peggiore (31%). Inoltre, guardando ancora agli stili di vita, il 67% dei bambini italiani tra 6 e 9 anni va a scuola in macchina contro una media europea che si attesta attorno al 50%. L’Italia ha anche tra le percentuali più alte di bimbi che trascorrono almeno una media di due ore al giorno davanti alla televisione o agli schermi. Correggere queste errate abitudini è una sfida importantissima che, come pediatri, ci vede da anni in prima linea.”

Gruppo di bambine asiatiche bevono una bevanda zuccherata o succo di frutta
Il consumo di bibite tra i bambini italiani è inferiore alla media della Regione europea: 14% contro 22%

I bambini italiani sono abbastanza ‘bravi’ per quanto riguarda il consumo di bibite, una delle principali fonti di zuccheri in questa fascia d’età. Complessivamente infatti, in Europa, il 22% dei bambini consuma queste bevande almeno tre volte alla settimana, e questa quota in Italia rimane intorno al 14%. Leggendo il Rapporto, le cose non vanno male nemmeno per quanto riguarda l’attività fisica: nove bambini su 10 giocano all’aperto almeno un’ora al giorno e, se parliamo di attività sportiva, i bambini italiani sono sopra la media europea. Più di sette nostri piccoli connazionali su 10 fanno attività sportiva almeno due ore alla settimana e poco più di due su 10 non praticano nessuna attività, contro un dato europeo che vede il 53% dei bambini fare almeno due ore a settimana e ben quattro su 10 non praticare alcuna attività.

Visti i risultati in termini di sovrappeso e obesità, però questo non basta. Cosa si può fare per cambiare le cose?
“Come Società italiana di pediatria – dice Staiano – abbiamo lanciato un appello per incoraggiare, in chi si prende cura dei bambini, un vero e proprio cambiamento culturale: l’alimentazione sana deve essere vista come un investimento per un percorso di benessere che includa anche il movimento e l’attività fisica. Ma crediamo che questo cambiamento culturale debba partire dai bambini o quantomeno debba coinvolgerli pienamente. È per questo motivo che abbiamo chiesto al Governo di introdurre l’educazione sanitaria come materia di insegnamento nelle scuole allo scopo di insegnare sin dalle prime età della vita l’importanza di corrette abitudini alimentari e stili di vita. Insegnare ai bambini quali solo gli stili di vita salutari, le sane scelte alimentari significa formare cittadini preparati e anche migliorare la sostenibilità del nostro sistema sanitario.”

Un corretto stile di vita è fatto di tante piccole cose, a volte apparentemente trascurabili, come per esempio far sì che i bambini partecipino alla preparazione del cibo. Un recente studio del Crea mostra che coinvolgere i figli più piccoli, in modo giocoso, nella preparazione dei pasti, li convince a consumare più frutta e verdura. Secondo questa ricerca, i tentativi di costringere i bambini
a consumare alcuni alimenti ottengono l’effetto opposto, e favoriscono un comportamento di rifiuto verso specifici alimenti, soprattutto quando sono sconosciuti (neofobia). Atteggiamenti basati sul dialogo e il coinvolgimento giocoso ottengono invece risultati apprezzabili.

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Claudio
Claudio
28 Febbraio 2023 09:05

Parlo per esperienza personale. Bello parlare di dieta sana ed equilibrata, ma se poi i bambini, come mia figlia ad esempio, non toccano cibo in mensa e restano diguni dalle 8 al mattino alle 16 il pomeriggio bevendo solo acqua, come arrivano a casa (dei nonni) mangiano qualsiasi cosa sia vagamente commestibile. Magari ok le diete equilibrate e bilanciate e ora lo dico da profano meglio dare qualcosa che possa andare incontro ai gusti dei bambini almeno evitiamo che possano restare per molte ore diguini. Ultima nota personalissima, dovete far mangiare verdura e frutta fresca, nella scuola di mia figlia c’è l’obbligo di mangiarfe un frutto a ricreazione, il risultato? lei non mangia nulla.

giova
giova
Reply to  Claudio
28 Febbraio 2023 12:46

Per i bambini sono sempre i contesti relazionali che promuovono o meno determinati comportamenti e stili di vita.
In famiglia, il rapporto col cibo com’è? Ci si concede uno spazio di tempo e di relazione al momento del pasto e della colazione? E le verdure, la frutta e l’acqua sono adeguatamente considerati, sia in varietà che nel rispetto dei gusti della piccola? Gl’insegnanti a scuola – un altro importante contesto relazionale – oltre a far rispettare “l’obbligo” del frutto, riempiono di significato educativo e culturale quest’obbligo? Sollecitando la curiosità e il desiderio di conoscere, con il gioco, attraverso l’esempio? Con strumenti adeguati all’età, ovviamente, che gl’insegnanti ben conoscono.
Promuovere dei comportamenti non significa dare disposizioni normative; ma, per un bambino, è sollecitare l’attenzione, conoscere, giocare, identificarsi in modelli. Acquisendo così nuove competenze e abitudini.
Un altro contesto, i nonni: si propongono, magari anche attraverso l’esempio, con una merenda di qualità, accompagnando il tutto da momenti di curiosità e d’interesse verso il cibo?
Quando a scuola si stabilisce un obbligo alimentare, questo va accompagnato da progetti di condivisione e di partecipazione, sia con i genitori, sia con i bambini. Lo strumento sono i progetti di educazione sanitaria, o meglio, i progetti di educazione alla salute.
Altrimenti va a finire che le difficoltà della piccola – aspettare le ore 16 per nutrirsi – vengono considerate come sue scelte irresponsabili; e questo – mi permetta – non è plausibile.

rolf250
rolf250
28 Febbraio 2023 13:28

Bisognerebbe:
1) tenere delle lezioni a scuola fin dalla prima elementare sulla corretta alimentazione, per bambini e genitori. Se nessuno insegna loro che le merendine sono piene di olio di palma, che gli alimenti ultraprocessati non sono i più sani, non c’è da stupirsi se i bambini ingrassano.
2) sviluppare a scuola la passione per l’attività fisica.
3) proibire l’uso di minorenni nella pubblicità televisiva.

Roberto La Pira
Reply to  rolf250
28 Febbraio 2023 16:11

Per essere precisi tutte le merendine tranne quelle di Ferrero e di poche altre marche non usano più olio di palma

giova
giova
Reply to  Roberto La Pira
28 Febbraio 2023 17:07

e per fortuna, o meglio, grazie anche al FattoAlimentare

Raffaele
Raffaele
Reply to  Roberto La Pira
1 Marzo 2023 13:23

Nelle merendine non usano forse più olio di palma, ma usano margarina , grassi trans idrogenati, zuccheri, coloranti ed additivi per una lunga conservazione.