Nel 2021 l’Oms ha raccomandato l’adozione di etichette nutrizionali fronte-pacco, sistemi per indicare la qualità nutrizionale di un alimento o per segnalare la presenza di un eccesso di sale, zucchero, grassi saturi e altri nutrienti che possono essere associati a effetti negativi per la salute. In alcuni paesi tale invito, per ora, è stato totalmente o parzialmente ignorato, ma in altri è stato recepito. Le interpretazioni sono di diverso tipo sia per le iniziative volontarie delle aziende sia, soprattutto, per leggi che hanno introdotto sistemi basati su colori, diciture e simboli, in varie combinazioni. Le indicazioni, tuttavia, non sono tutte egualmente efficaci. È stato dimostrato che quando sono troppo complicate – come quando si limitano a una lista di ingredienti, oppure ci sono riferimenti a limiti consigliati o a valori assoluti – spesso non vengono interpretate correttamente, oppure vengono ignorate, perché richiedono uno sforzo cognitivo e un tempo che il consumatore spontaneamente rifiuta. In molti casi le informazioni sono scritte in modo tale da essere facilmente fraintese, per esempio quando si riferiscono a percentuali di un gruppo di nutrienti sul totale. Non solo. Anche quando esistono diciture in evidenza sulla confezione, la loro efficacia può variare a seconda della frase utilizzata o delle parole. Così, scrivere ‘ad alto contenuto di’ (per esempio grassi) è meno utile rispetto a scrivere ‘con un eccesso di’.
Per verificare la situazione in tutto il continente americano, i ricercatori dell’Università del Nevada e della Pan American Health Organization (Paho) hanno effettuato una sorta di censimento fra i 35 paesi aderenti, scoprendo che una discussione pubblica sul tema è avvenuta dappertuto. Dalle parole sono passati ai fatti 30 paesi, che hanno introdotto formalmente dei sistemi di etichettatura, tra cui 11 che hanno adottato un’etichetta e sette che l’hanno già implementata. Come riportato anche nell’articolo, pubblicato su Lancet Regional Health Americas, il sistema di etichettatura frontale si è diffuso sempre di più e ha assunto via via caratteristiche omogenee, dal punto di vista grafico (vedi foto sotto). Prevale infatti quasi ovunque, con la sola eccezione di Ecuador e Bolivia, l’ottagono nero (che in Brasile e in Canada è un rettangolo), con scritte che indicano la presenza di un eccesso o comunque di un elevato contenuto dei nutrienti di cui non bisognerebbe abusare. In Messico sono poi segnalate nello stesso colore ma con un rettangolo le elevate quantità di caffeina e di edulcoranti, da non far consumare ai bambini. In alcuni casi le leggi sono già in vigore da anni (le prime sono del 2013), ma in altri viene lasciato più tempo per l’adeguamento, anche fino al 2026.
È presto per le valutazioni definitive sulla reale efficacia del sistema di etichettatura, ma secondo gli autori ciò che emerge è già molto positivo. La sua introduzione o il varo di progetti che la prevedono hanno spinto numerose aziende a riformulare i prodotti, sta contribuendo alla diminuzione delle vendite del cibo di qualità peggiore e incontra un grande favore da parte dei consumatori, che – soprattutto grazie agli ottagoni neri e alle scritte chiare – riescono a comprendere immediatamente quali sono i prodotti che sarebbe meglio evitare, quelli che si possono consumare senza esagerare e quelli che non sembrano avere effetti negativi, e possono essere acquistati e consumati in tutta tranquillità.
Per tali motivi – concludono – anche i governi che non lo hanno ancora fatto dovrebbero seguire le indicazioni dell’Oms e far tesoro di ciò che emerge da un’area geografica così importante e così popolata, ma che è anche stata, negli ultimi anni, una delle più colpite dall’obesità e delle malattie a essa associate, e che quindi oggi è in prima linea per cercare di modificare la situazione. Tutti dovrebbero adottare sistemi simili di etichettatura, che aiutino i consumatori a scegliere meglio.
© Riproduzione riservata Foto: archivio Il Fatto Alimentare, Lancet Regional Health Americas
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Giornalista scientifica