C’è un settore tecnologico particolarmente vivace, grazie alla spinta data dalla necessità, sentita in tutto il mondo, di ridurre lo spreco di cibo e il packaging: quello dei sensori e delle etichette edibili per alimenti. Lo confermano, tra gli altri, due proposte presentate negli ultimi giorni, una italiana e una giapponese. Nel primo caso, i ricercatori del Center for Nano Science and Technology dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano hanno realizzato un dispositivo totalmente commestibile e innocuo che, però, fornisce un’informazione fondamentale: segnala se i prodotti surgelati sono andati incontro a scongelamenti imprevisti, grazie a un cambiamento di colore irreversibile. Come riferito su ACS Sensors, il segreto di questo piccolo sensore risiede nello sfruttamento intelligente delle normali caratteristiche chimico-fisiche dei sali: immerso in una matrice di cera d’api, il dispositivo contiene infatti una piccola cella galvanica realizzata solo con acqua, sale da cucina e altri minerali già presenti nei cibi, più un sistema colorimetrico a base di succo di cavolo rosso. In questo modo, oltre a essere totalmente innocuo, non altera il sapore degli alimenti, ed è edibile insieme al prodotto su cui è posto.
Quando l’alimento è scongelato, le correnti che si generano alterano il colore del succo, che passa irreversibilmente dal viola al blu. Pertanto, se ci sono state interruzioni nella catena del freddo, non è possibile mascherarle. Il sensore è anche molto flessibile: con piccole variazioni nella concentrazione dei sali, si può regolare affinché reagisca a una temperatura compresa tra 0 e -50°C, a seconda delle esigenze specifiche, segnala anche interruzioni brevi e momentanee seguite da ricongelamenti, e può essere utile tanto al consumatore finale quanto al grossista e al rivenditore. Secondo il responsabile del team di ricerca Mario Caironi, tecnologie come queste possono davvero fare la differenza, anche perché non richiedono alcun tipo di alimentazione esterna e sono estremamente economiche. Inoltre, il sensore potrebbe essere impiegato anche in ambito farmaceutico, per i medicinali che devono essere conservati al freddo.
L’etichetta messa a punto dai ricercatori dell’Università di Osaka, in Giappone, guarda invece al cibo realizzato con le stampanti in 3D, grazie alle quali è possibile inserire all’interno dell’alimento un QR code chiamato Interiqr invisibile a occhio nudo e anch’esso del tutto commestibile. Come riferito al recente ACM Symposium on User Interface Software and Technology, il QR code contiene tutte le informazioni desiderate, per esempio sulla filiera di provenienza, sulla data di scadenza o sugli elementi nutrizionali, ma non si vede a occhio nudo, e quindi non altera in alcun modo l’aspetto del prodotto (nel caso dei test effettuati, dei biscotti). Diventa visibile con la semplice illuminazione della torcia del cellulare o di una normale sorgente di luce, ed è letto come qualunque altro codice QR, come si può vedere in questo video. Infine, oltre a sottolineare il contributo di questo sistema nella riduzione degli sprechi di cibo e di packaging, i ricercatori giapponesi intravedono in dispositivi come Interqr un’altra potenzialità che, secondo loro, avrà uno sviluppo significativo nei prossimi anni: quella di utilizzare il QR per abbinare al cibo la realtà aumentata, e far vivere ai consumatori esperienze sensoriali del tutto nuove.
© Riproduzione riservata Foto: IIT
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Giornalista scientifica
Ma non sarebbe sufficiente inserire all’ interno della confezione e a contatto con i cibi surgelati una piccola sfera di ghiaccio colorato con sostanze alimentari, la cui integrità testimonierebbe la corretta conservazione e la non interruzione della catena del freddo?
Infatti nel caso essa venisse interrotta, si avrebbe lo scioglimento della pallina e la eventuale conseguente ricongelazione verrebbe segnalata dalla macchia di ghiaccio non più sferica come all’ origine