Una dieta ricca di frutta e verdura, e quindi di antiossidanti, sali minerali, vitamine e fibre, oltre a essere indispensabile in periodi di temperature estreme, aiuta anche a mantenere alto il tono dell’umore. Lo confermano due studi molto diversi pubblicati in questi giorni, che però giungono entrambi a questa conclusione.
Il primo, condotto dagli psicologi della Aston University britannica, e pubblicato sul British Journal of Nutrition, è basato su interviste fatte a oltre 400 adulti, interrogati sia sul benessere psicologico che sulle abitudini alimentari. Un dato è emerso con chiarezza: tanto l’abitudine a consumare spesso frutta quanto quella a indulgere in snack salati e di cattiva qualità nutrizionale hanno effetto su ansia e depressione. In particolare, tanto più spesso nella giornata si consumano vegetali freschi, quanto più alto è il tono dell’umore, anche a prescindere dalla quantità complessiva. Invece quanto più spesso di consumano cibi salati e ricchi di grassi come le patatine, tanto più si va incontro a quelle che gli autori definiscono ‘vuoti mentali’, cioè momenti in cui si hanno veri e propri deficit cognitivi temporanei come dimenticare perché si sta facendo una certa cosa, dove si trova un oggetto familiare, o un nome che resta ‘sulla punta della lingua’. Un numero elevato di questi episodi è stato associato a sintomi di stress, ansia e depressione, e a un basso livello di benessere mentale.
Un altro aspetto messo in evidenza dallo studio è l’importanza di consumare vegetali freschi: quelli cotti sembrano essere meno efficaci, da questo punto di vista, probabilmente perché a mantenere alto l’umore contribuiscono soprattutto micronutrienti che vanno persi durante la cottura, e che agiscono come neurotrasmettitori (come conferma il fatto che non conta tanto la quantità complessiva, ma la frequenza di assunzione). Tradotto in consigli, lo studio invita quindi a consumare frutta come spuntino, e autorizza a pensare che le prossime restrizioni sugli snack salati, in vigore da questo autunno nel Regno Unito, avranno ripercussioni positive non solo sulla salute fisica dei britannici, ma anche su quella mentale.
Il secondo studio, pubblicato sul Journal of Gerontology: Medical Sciences, è partito dai dati americani del Framingham Offspring Study, nato per scoprire cosa favorisce o previene le malattie cardiovascolari e giunto alla seconda generazione di partecipanti. In particolare, in questo caso lo scopo era verificare le possibili correlazioni tra una dieta pro-infiammatoria e la condizione di fragilità che colpisce il 10-15% della popolazione anziana e la depressione ad essa associata. Più ancora nello specifico, la domanda era: la depressione amplifica gli effetti di una dieta sbagliata che favorisce l’infiammazione?
Per capirlo gli autori hanno analizzato l’umore e le abitudini alimentari di circa 1.700 anziani non fragili seguiti per 11 anni, e poi nuovamente valutati per verificare l’eventuale fragilità sopraggiunta. Nella rivalutazione è risultato evidente che chi mostrava segni di depressione e aveva una dieta pro-infiammatoria, quindi povera di frutta e verdure fresche e ricca di alimenti poco sani, aveva anche sviluppato molto più spesso una condizione di fragilità. La dieta pro-infiammatoria aveva quindi avuto un effetto sinergico con la depressione, aumentandone le conseguenze peggiori, e questo non stupisce, perché chi è depresso è già in una condizione di infiammazione cronica. Pertanto, aggiungere anche l’infiammazione dovuta a un’alimentazione sbagliata non può che provocare danni ulteriori. Lo stesso gruppo, negli mesi scorsi, aveva anche dimostrato (in due studi pubblicati sull’American Journal of Clinical Nutrition) l’aspetto complementare: la dieta mediterranea è associata a una riduzione del rischio di fragilità e, viceversa, una dieta di scarso valore nutrizionale e soprattutto pro-infiammatoria lo aumenta.
Oltre a contribuire a mantenere un buono stato di salute e a prevenire molte delle patologie non trasmissibili, frutta e verdura fresche aiutano quindi a tenere alto l’umore anche quando si è anziani, e a non cadere nella fragilità.
© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica
Altre due piccole gocce nel mare di evidenze sul valore alimentare di certo cibo che non ha equivalenti artificiali industriali..
Avanti così
Sì, concordo.
Solo una “sfumatura”, nell’articolo, ha catturato la mia curiosità, quando riferisce che ” …Un altro aspetto messo in evidenza dallo studio è l’importanza di consumare vegetali freschi: quelli cotti sembrano essere meno efficaci, da questo punto di vista, probabilmente perché a mantenere alto l’umore contribuiscono soprattutto micronutrienti che vanno persi durante la cottura … “. Su questo punto ho letto pareri discordanti, anche da parte di esperti di medicina non convenzionale. Le carote, ad es., sembrerebbero essere utili sia crude che cotte; le prime per certe sostanze che la cottura depaupera o addirittura distrugge; le seconde perchè presentano una maggior biodisponibilità di nutrienti importanti.
Senza dubbio tra i tecnici che frequentano questo sito ci sarà un “chiarificatore” …