Ridurre il più possibile l’assunzione di nitriti e nitrati attraverso l’alimentazione. È il messaggio che lancia l’Anses, l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro, in occasione della pubblicazione di una nuova valutazione del rischio legato al consumo di queste sostanze. La nostra alimentazione espone quotidianamente le persone ad assumere nitriti e nitrati, sia perché sono presenti naturalmente in alcuni alimenti di origine vegetale sia perché sono usati come additivi conservanti nei salumi. Il problema di questi sali usati nei salumi è che sono stati collegati a un aumento del rischio di andare incontro ad alcuni tipi di tumore.
Secondo le stime dell’Anses, due terzi dell’esposizione alimentare ai nitrati dei cittadini francesi deriva dal consumo di alimenti di origine vegetale, in particolare verdure a foglia verde come gli spinaci. Un altro quarto dipende nell’acqua e meno del 4% deriva dall’uso come additivi nelle carni trasformate. Le cose cambiano quando prendiamo in considerazione i nitriti. In questo caso più della metà dell’esposizione è legata al consumo di salumi. Secondo gli studi scientifici più recenti, esiste un’associazione tra il rischio di sviluppare un cancro del colon-retto e l’assunzione di questo additivo, con una crescita proporzionale alla quantità ingerita. È noto infatti che una volta ingeriti i nitriti e i nitrati possono formare nitrosammine, composti cancerogeni e genotossici per gli esseri umani e ciò accade anche ai livelli di assunzione considerati ammissibili dall’Efsa.
Per questo motivo l’Anses ritiene che l’aggiunta intenzionale di nitriti e nitrati nell’alimentazione debba essere “la più bassa ragionevolmente possibile”. La necessità di ridurre l’esposizione a queste sostanze deve infatti essere bilanciata con l’esigenza di prevenire le contaminazione batteriche nei salumi. Secondo gli esperti, l’ideale sarebbe utilizzare un quantitativo ridotto di nitriti e nitrati abbinati ad altri accorgimenti produttivi e tecnologici. Abbassare il contenuto di nitriti e nitrati di alimenti vegetali e acqua è più complesso, ma non impossibile, intervenendo su alcune pratiche agricole, come lo spargimento di letame e fertilizzanti. In ogni caso l’Anses, per ridurre l’esposizione, raccomanda di non consumare più di 150 grammi di salumi alla settimana (le nostre Linee guida per una sana alimentazione consigliano invece di non mangiare più di due porzioni da 50 grammi alla settimana) e di seguire una dieta bilanciata, variando le cinque porzioni di frutta e verdura quotidiane.
La rivalutazione dell’Anses era molto attesa perché da essa dipendevano le sorti di una legge approvata lo scorso febbraio dall’Assemblea Nazionale, che fissa una serie di tappe per la riduzione di nitriti e nitrati nei salumi. In realtà, il disegno di legge originale prevedeva un divieto totale all’uso di questi additivi nelle carni lavorate, crude e stagionate (dal primo gennaio 2023) oppure cotte (dal 2025). Il testo, tuttavia, è stato pesantemente modificato, sostituendo il divieto con una “traiettoria di abbassamento”, da definire ufficialmente dopo il parere dell’Anses, che ora è arrivato.
Di divieto, invece, si è iniziato a parlare nel Regno Unito, dove un gruppo di parlamentari di diversi schieramenti politici e di scienziati del campo della nutrizione hanno lanciato un appello al Governo per eliminare l’uso di nitriti e nitrati nelle carni lavorate, bacon in testa. Nella lettera si legge che “studi eseguiti dall’Organizzazione mondiale della sanità, da università britanniche, americane ed europee, e anche dalle stesse agenzie del governo britannico suggeriscono un legame tra i consumo di carne lavorata con nitriti e il cancro al colon”. Secondo i firmatari sarebbe ormai possibile fare a meno di questi additivi grazie agli avanzamenti delle tecniche di lavorazione alimentare, come dimostra la presenza sul mercato di un numero crescenti di prodotti senza nitriti.
Le reazioni dell’industria non si sono fatte attendere. Come riporta FoodNavigator, la National Pig Association fa notare che sono stati già fatti passi avanti verso una riduzione significativa, con alcuni produttori che solo nell’ultimo anno hanno tagliato il loro uso di nitriti del 60%. È sulla stessa linea il commento della British Meat Processors Association, che ricorda come “lavorando sulla base delle più recenti ricerche scientifiche, i nostri produttori hanno, nel corso di alcuni anni, implementato nuovi metodi per abbassare il più possibile l’uso di nitriti senza mettere in pericolo la salute pubblica”.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.