Il 6 aprile 2022 la Gazzetta Ufficiale francese ha pubblicato un disegno di legge volto ad escludere i prodotti Dop e Igp dall’etichettatura a semaforo Nutri-Score. Nulla di nuovo visto che già un anno fa era stato presentata un’analogo disegno di legge. Premesso che l’impiego sui prodotti alimentari dell’etichetta a semaforo Nutri-Score o di altri schemi (il Nutrinform battery in Italia) è facoltativa, gli addetti ai lavori sanno che questo periodo è destinato a finire presto. L’approvazione nel 2021 della Strategia ‘Farm to Fork’ da parte della Commissione Europea nell’ambito del Green Deal, prevede l’uso di un logo nutrizionale unico e obbligatorio per tutti Paesi prima della fine del 2022. Questa scadenza mette in agitazione le lobby del settore alimentare contrarie al nuovo sistema e impegnate fare naufragare il progetto. In questa alleanza troviamo da un lato i principali gruppi alimentari internazionali come Coca-Cola, Ferrero, Mars, Mondelēz, Unilever, Kraft e Lactalis, i membri della potente lobby Food and Drink Europe con sede a Bruxelles, oltre ad alcuni settori agricoli, in particolare quelli dei produttori di formaggi e salumi Dop e Igp, e infine i membri dell’organizzazione COPA-COGECA . In questo panorama c’è anche l’Italia che come Paese ha preso una posizione assolutamente contraria sposando le posizioni delle imprese alimentari e dei settori agricoli.
Giusto per chiarire come stanno le cose, è interessante focalizzare l’attenzione su alcuni punti che vengono utilizzati dai soggetti contrari all’etichetta a semaforo, per cercare di demolire un modello che scienziati della nutrizione, operatori del settore oltre a moltissime aziende e organizzazioni di consumatori ritengono valida. Adesso, sull’etichetta dei prodotti alimentari troviamo solo la tabella nutrizionale con l’indicazione in percentuale dei vari componenti ,che non è certo di facile comprensione per la maggior parte dei consumatori. Lo scopo principe del Nutri -Score dovrebbe facilitare la lettura e la comprensione dei nutrienti presenti grazie ai suoi colori.
1°argomento: “Il Nutri-Score non fornisce informazioni sul grado di trasformazione del prodotto e sulla presenza di additivi, coloranti o conservanti, né sul suo impatto in termini ambientali: quindi i formaggi che sono ottenuti da una lista di ingredienti semplici (latte, fermenti e sale) e senza additivi, provenienti da collaudate ricette tradizionali sono paradossalmente meno apprezzati di certi prodotti industriali elaborati”
Questa argomentazione è discutibile perché se da un lato il semaforo ‘penalizza’ formaggi Dop/Igp che sarebbero fatti da ingredienti semplici e senza additivi, dall’altro premia i salumi Dop/Igp, molti dei quali contengono nitriti e nitrati oltre che essere classificati fra gli alimenti ultra-trasformati. L’argomentazione secondo cui le Dop sono ‘alimenti semplici, senza additivi’, che giustificherebbe la loro esenzione dal Nutri-Score, non è quindi del tutto appropriata poiché molti alimenti Dop/Igp contengono additivi e sono lo stesso molto apprezzarti dai consumatori. Inoltre, l’argomento secondo cui il Nutri-Score non prende in considerazione i prodotti ultra-trasformati e la presenza di additivi è già stato oggetto di numerosi dibattiti. Va però detto subito che il livello di trasformazione e la composizione nutrizionale del cibo sono due aspetti diversi, che incidono in modo differente sulla salute degli individui. Nutri-Score fornisce informazioni esclusivamente sulla composizione e sulla qualità nutrizionale degli alimenti e non include altre dimensioni salutistiche come ad esempio la complessità della lavorazione industriale, l’impiego di additivi e il livello di trasformazione ed elaborazione industriale.
Sintetizzare gli elementi salutistici di un alimento in un unico indicatore, che li prende in considerazione tutti valutando il rischio/beneficio per la salute sarebbe il sogno di ogni scienziato che si occupa di nutrizione e anche dei consumatori. Ma non è certo per incompetenza, che nessun gruppo di ricerca al mondo, nessun comitato di esperti nazionale o internazionale, e nemmeno l’Oms è stato in grado di progettare un indicatore così sintetico. Questa critica è tanto meno accettabile in quanto non si può chiedere a un logo di coprire da solo le diverse dimensioni salutistiche degli alimenti. Questo è un limite dei loghi nutrizionali. Il fatto che un alimento sia ultralavorato è un’informazione importante che deve essere oggetto di una comunicazione specifica complementare a quella delle etichette a semaforo. Il Nutri-Score si concentra solo sulla composizione nutrizionale degli alimenti, e ciò rappresenta già molto in termini di salute pubblica, come evidenziato dai molteplici studi che mostrano il collegamento tra il mangiare generalmente cibi meglio classificati dal Nutri-Score e il minor rischio di malattie croniche: tumori, malattie cardio-vascolari, obesità…
2° argomento: “Sembra che il sistema Nutri-Score non tenga conto delle porzioni e delle abitudini di consumo essendo basato sul consumo teorico di 100 g di prodotto mentre, per i formaggi, i salumi e altri prodotti alimentari il consumo medio è decisamente minore.”
Questo è un argomento utilizzato da molte aziende alimentari contrarie al Nutri-Score che sostengono quanto sia improbabile per i consumatori consumare 100 g di formaggio (Dop o Igp), 100 g di maionese o 100 g di crema di cioccolato e per questo motivo calcolare il Nutri-Score per 100 g (o 100 ml) e non per singola porzione avrebbe poco senso. Il discorso può sembrare in apparenza corretto, ma si rivela errato perché perché il Nutri-Score, non fornisce informazioni sulla qualità nutrizionale di una porzione, ma è concepito per dare indicazioni quando si fa una comparazione nutrizionale fra prodotti alimentari simili. Il Nutri-Score utilizza i dati riferiti alla composizione degli alimenti già presenti sulle etichette per calcolare e costruire un logo informativo trasparente e di facile comprensione sotto forma di semaforo. In pratica trasforma in una forma grafica comprensibile e colorata, gli elementi presenti nella tabella nutrizionale e l’elenco degli ingredienti.
L’altro problema è che non esistono porzioni ufficiali definite dalle autorità sanitarie pubbliche in Europa per ogni alimento.I motivi sono vari visto che le dimensioni delle porzioni dovrebbero essere correlate al in fabbisogno energetico individuale che varia in funzione di molteplici fattori (età, sesso, attività fisica, livello di vita sedentaria, ecc). Non esistendo quindi porzioni standardizzate, ogni produttore può agire di sua iniziativa indicando porzioni al di sotto di quelle realmente consumate.
C’è quindi il rischio che le aziende decidano di proporre porzioni più piccole per ridurre artificialmente le quantità di grasso, zucchero o sale nei loro prodotti agli occhi del consumatore. Per esempio i produttori di cereali per la prima colazione suggeriscono porzioni da 30 g, mentre è noto che la maggior parte degli adolescenti ne consuma 60 o 80 g, per i formaggi i 30 g sono pochi per i grandi amanti di questo prodotto. Prendere in considerazione una quantità standard, come 100 g (o 100 ml), è onvece il miglior riferimento perché consente un valido confronto tra gli alimenti senza indurre errore. Così si può fare un confronto fra 100 ml di olio d’oliva con 100 ml di un altro olio; 100 g di cereali per la colazione a 100 g di altri cereali; 100 g di una pizza a 100 g di un’altra pizza; 100 g di formaggio grana con 100 g di Camembert, Roquefort o mozzarella… Quando si confrontano i prodotti tra loro, è necessario fare riferimento a un valore unico, proprio come si fa con il prezzo al chilo, proprio per superare i capricci del peso della confezione.
Un altro elemento che viene usato conto il Nutri-Score è di non prendere in considerazione micro nutrienti, vitamine, sali minerali e altri oligoelementi. Questa cosa è vera ma c’è un motivo molto semplice. I dati non sono presenti nella tabella nutrizionale e quindi non si possono elaborare in un logo il cui presupposto è la trasparenza. Se i gruppi e le lobby contrarie al semaforo si prendessero la briga di leggere attentamente i documenti ufficiali del Nutri-Score, scoprirebbero che l’algoritmo integra oltre agli elementi nutritivi il cui consumo deve essere limitato (grassi saturi, sale, zucchero, calorie), altri fattori più favorevoli, come la fibra, la quantità di frutta e verdura presente nell’alimento e il suo contenuto proteico.
3° argomento: “La lettura del Nutri-Score crea confusione nei consumatori ai quali si suggerisce che i prodotti Dop o Igp non siano prodotti di qualità, il che è contraddittorio con la definizione di queste etichette, o addirittura che non farebbero bene alla salute…”.
Questa argomentazione portata avanti dai consorzi di tutela è fuorviante e gioca sullo sfruttamento della denominazione Dop/Igp presentata come garanzia del valore nutritivo e di qualità del cibo. Le indicazioni di origine sono denominazioni di tutto rispetto, ma forniscono garanzie solo in termini di modalità di produzione virtuose, di legame del prodotto con il territorio e di lavorazione regolamentata da specifiche procedure. Attenzione però, perché queste etichette non riguardano il ‘valore nutrizionale’. È quindi sbagliato sostenere che l’uso di etichette a semaforo svilirebbe il valore dei prodotti, Dop e Igp perché il patrimonio gastronomico non ha nulla a che vedere con la qualità nutrizionale. Se molti formaggi e salumi (Dop e non) sono classificati principalmente nel Nutri-Score nell’area meno fortunata caratterizzata dai colori D o E per il loro alto contenuto di grassi saturi e sale, questo non significa che non debbano essere consumati. L’etichetta a semaforo ci ricorda però devono essere consumati in quantità limitate o meno frequentemente.
4° argomento “Le condizioni di produzione di ogni Dop/Igp sono registrate in disciplinari validati dallo Stato e dall’Unione Europea e definiscono la composizione e il metodo di fabbricazione del prodotto. I produttori non hanno quindi la possibilità di riformulare il processo industriale come invece potrebbero fare altre aziende per ottenere un punteggio Nutri-Score migliore”.
Gli obiettivi di Nutri-Score sono di aiutare i consumatori a confrontare la composizione nutrizionale di alimenti comparabili, al fine di orientare le scelte verso quelli più favorevoli alla salute, e stimolare i produttori a migliorare il qualità nutrizionale ove possibile. Il Nutri-Score non vieta il consumo di alcun alimento e anche quando il giudizio risulta penalizzante lettera D o E. Invita ad orientarsi verso alternative meglio classificate nella gamma di alimenti comparabili in termini di utilizzo, e informa il consumatore che il consumo di questi prodotti D ed E deve essere limitato.
In conclusione, anche se è necessario sostenere gli alimenti Dop, le informazioni sulla loro composizione nutrizionale non devono essere oscurate e quindi non possono essere escluse dal Nutri-Score. Naturalmente nulla vieta di privilegiare alimenti Dop o Igp rispetto agli altri, ma senza nascondere la composizione nutrizionale. La situazione sul campo è molto dibattuta perché a fronte di articoli, relazioni delle autorità sanitarie pubbliche e di esperti che operano nel campo della nutrizione, dell’educazione alla salute, dell’oncologia, che supportano l’applicazione obbligatoria del Nutri-Score su tutti gli alimenti, ci sono le lobby e molti politici contrari a qualsiasi tipo di classificazione per i prodotti Dop, se non addirittura all’etichetta a semaforo per tutti i prodotti. Un contributo positivo al Nutri-Score proviene però dalle associazioni europee dei consumatori che chiedono al più presto l’implementazione dell’etichetta.
Testo tratto da un articolo di Serge Hercberg, Pilar Galan, Bernard Srour, Emmanuelle Kesse-Guyot,
Mathilde Touvier Università della Sorbona Parigi Nord. Gruppo di ricerca sull’epidemiologia nutrizionale U1153 (Istituto nazionale di salute e ricerca medica / Istituto nazionale di ricerca agronomica / CNAM / Università della Sorbona Paris Nord), Bobigny, Francia.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
possiamo illuderci che serva a comparare due prodotti analoghi finchè si voglia, ma gli impatti di questa etichettatura sul mercato e sulle scelte del consumatore sono enormi. e non si limitano a “comparare due prodotti”.
banalizzare il concetto di cibo salutare con una valutazione a punti nutriscore secondo pochi vecchi criteri ormai superati, andava bene negli anni 90 e andava bene se te li raccomandava la nonna. con il livello di conoscenze nutrizionali di oggi possiamo superare questa etichetta banale che illude il consumatore di poter essere il “bravo dietologo di se stesso”.
va completamente ripensato.
L’etichetta a semaforo è il frutto di anni di studi di nutrizionisti in vari Paesi europei. Mi sembra troppo semplicistica la sua osservazione
può essere l’inizio di un percorso d’informazione diretta (con tutti i limiti della comunicazione unidirezionale) al consumatore; come tutte le informazioni, meglio se chiare e corrette, può sviluppare una riflessione sulla propria dieta. Perchè no?