La strategia della Commissione europea per affrontare le conseguenze dalla guerra in Ucraina sul settore agroalimentare presentata il 23 marzo a Bruxelles non piace alle associazioni ambientaliste. Tra le intenzioni della Commissione c’è infatti anche quella di allentare le misure di protezione ambientale previste dalla Politica agricola comune e sembra voler ritardare l’attuazione degli elementi chiave del Green Deal e della strategia Farm to fork. Eppure, secondo associazioni impegnate nella tutela dell’ambiente e nella difesa degli animali, come Greenpeace, al cui appello si è unita anche Animal Equality, una riduzione dell’8% dei cereali usati nell’Ue per l’alimentazione animale consentirebbe di risparmiare abbastanza frumento per compensare il deficit previsto. Questa richiesta fa parte di una serie di misure (in sette punti) che Greenpeace ha presentato a livello europeo per assicurare che la carenza di grano non vada a pesare sulle fasce più vulnerabili della popolazione e per far sì che il sistema agroalimentare europeo diventi più resiliente.
L’Ong ambientalista calcola infatti che tale riduzione renderebbe disponibili 13 milioni di tonnellate di frumento per il consumo umano, corrispondente alla carenza prevista dalla Fao nello scenario più estremo, quello cioè di un dimezzamento della produzione Ucraina. Visto che la semina avviene in primavera, il prossimo raccolto di grano dell’Ucraina, da cui molti paesi a basso reddito fuori dall’Ue dipendono per le forniture alimentari, sarà comunque ridotto a causa del conflitto. L’impatto principale di questa guerra per gli agricoltori europei, invece, è, secondo Greenpeace, una limitata riduzione dell’importazione di materie prime per la mangimistica e problemi nelle forniture di fertilizzanti sintetici, in buona parte usati per coltivare mangimi destinati alla produzione intensiva di carne.
“In pratica le lobby agroindustriali stanno chiedendo ai contribuenti di tirarsi la zappa sui piedi – dichiara Federica Ferrario, campagna agricoltura di Greenpeace Italia – pagando il conto per mangimi e fertilizzanti di sintesi, nonché per ridurre le tutele ambientali. L’eccesso di colture per gli allevamenti intensivi e i fertilizzanti di sintesi usati per coltivarle, rendono questo sistema molto vulnerabile alle minacce esterne. Serve invece sostenere gli agricoltori in un percorso per ridurre il numero di animali allevati e non continuare a finanziare con risorse pubbliche un modello insostenibile. Meno carne e latticini, insieme a incentivi per le produzioni ecologiche, renderebbero l’agricoltura europea più resistente agli shock, sia a quelli imprevisti come questo conflitto, sia quelli prevedibili, come la crisi climatica”.
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