Da alcuni anni un gruppo di nutrizionisti dell’Università BenGurion del Negev, in Israele, sta studiando una variante della classica dieta mediterranea, che ha ribattezzato dieta mediterranea verde o Green Med. Questa versione prevede l’aggiunta di cibi e bevande ricchi di polifenoli: una porzione quotidiana di noci, 3-4 tazze al giorno tè verde e un frullato di lenticchia d’acqua, consumato in sostituzione della carne. La lenticchia d’acqua (Wolffia globosa) è un alimento a cui molti paesi non sono abituati ma che, in realtà, è ricchissimo di proteine, sali minerali e vitamine come la B12, e per questo viene considerato un superfood con ottime caratteristiche nutrizionali.
Per verificarne gli effetti, i ricercatori israeliani hanno condotto uno studio denominato Direct Plus, su poco meno di 300 persone obese o a rischio cardiovascolare elevato, suddivise in tre gruppi: uno invitato a seguire le linee guida per una sana alimentazione, un altro la dieta mediterranea classica e un terzo la Green-med, per un periodo minimo di 18 mesi. Alla fine gli effetti sono stati molto marcati, e sono stati oggetto di diverse pubblicazioni, ciascuna su un aspetto specifico quale la diminuzione e il miglioramento del profilo dei grassi epatici, quello dei grassi del sangue, della glicemia, della pressione e quindi del rischio cardiovascolare e quello dei parametri che definiscono l’invecchiamento cerebrale, a conferma del fatto che un’alimentazione di questo tipo può amplificare i benefici della dieta mediterranea.
Ora gli autori aggiungono un ulteriore, importante tassello, dalle pagine di Genome Medicine: dimostrano che questo regime alimentare modifica significativamente la composizione del microbiota, in particolare potenziando la presenza di bifidobatteri e favorendo la colonizzazione da parte di specie di solito poco comuni come la Prevotella, che si candida così a un ruolo di primaria importanza a livello metabolico. Oltre alla conferma del ruolo dei polifenoli, si rafforzano dunque le prove a favore dell’importanza dell’alimentazione per la composizione della flora batterica intestinale e, a sua volta, quella di quest’ultima sul metabolismo.
Una conferma indiretta giunge del resto anche da un secondo studio, di tipo osservazionale, condotto su oltre 12.200 cittadini cinesi che hanno preso parte a un’indagine di popolazione condotta tra il 1997 e il 2015, il China Health and Nutrition Survey, con la raccolta dei dati ogni due-quattro anni. Come riferito su Hypertension i partecipanti, in questo caso, non erano ipertesi né avevano particolari fattori di rischio, ma durante lo studio (con un follow up medio di 6,1 anni), il 35% di loro lo è diventato.
Analizzando le abitudini alimentari, e concentrandosi sull’origine delle proteine, i ricercatori hanno dimostrato l’esistenza di una relazione finora poco considerata: quella tra la varietà degli alimenti (a parità di calorie) e il metabolismo. Se infatti si definisce un punteggio da 1 a 8 in base alle possibili fonti di proteine (pesce, uova, carni rosse processate e non, pollo, legumi, cereali raffinati e integrali), si vede che chi raggiunge un punteggio da 4 in su ha il 66% di rischio in meno di sviluppare ipertensione rispetto a chi è in fondo alla classifica, perché mangia sempre le stesse, poche cose. In generale, è interessante notare che da un’indagine così diversa giunge lo stesso tipo di messaggio: la varietà nella scelta degli alimenti (che devono essere comunque tutti il più possibile sani) ha un effetto benefico sulla salute, che inizia dall’azione sulle specie che compongono il microbiota.
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Giornalista scientifica
https://notiziescientifiche.it/ecco-la-dieta-mediterranea-verde-con-ancora-meno-proteine-animali/
Anche qui se ne è parlato a novembre 2020, e rimango stupito piacevolmente nell’apprendere che degli scienziati affermino che un vegetale sia fonte consistente di B12, e che rinunciare a un pò di proteine nobili in favore di proteine vegetali faccia così bene.
Un inciso sulla B12….essendo questa vitamina molto solubile in acqua sarebbe interessante sapere se gli studiosi hanno messo qualche integratore nell’acqua di coltura per ottenere questi bei risultati, diversamente si potrebbe intendere che, per esempio, bevendo acqua di fonte di montagna non sterilizzata industrialmente si assume la stessa vitamina in quantità.
Sulla Mankai comunque vedo molto interesse commerciale e pubblicitario, se è vera gloria lo vedremo in seguito ma non ne sono così sicuro.
E pensare che da noi la lenticchia d’acqua è stata considerata pianta aliena e da tenere d’occhio per evitare perdita di biodiversità visto lo sviluppo veloce di crescita nel giusto ambiente…..
Nello studio cinese la mia impressione è che si stabilisca soprattutto uno schema in cui per ogni fonte principale di proteine ci sia una finestra di utilità abbastanza precisa al di sotto o al di sopra del quale ci sono inutilità e/o danni.
Anche da un punto di vista vegetariano le fonti proteiche sono parecchio variegate: latticini, uova, legumi, frutta secca, cereali, verdure varie (sì anche quelle) e sarò plebeo ma credo non ci manchi nulla.
Ah dimenticavo i funghi, per non mancare di rispetto ad una carta importante da giocare, una risorsa in più in attesa di conferme da queste nuove risorse.
Non ti sei dimenticato proprio nulla Gianni.
“La lenticchia d’acqua (Wolffia globosa) è un alimento a cui molti paesi non sono abituati ma che, in realtà, è ricchissimo di proteine, sali minerali e vitamine come la B12, e per questo viene considerato un superfood”
Sorvolo per pietà sull’uso del termine superfood, che non ha assolutamente nulla di scientifico, per concentrarmi… sulla lenticchia d’acqua, che in Italia è di fatto introvabile, se non del tutto sconosciuta nella maggior parte delle regioni, e che non ha mai fatto parte, e verisimilmente non farà mai parte, delle nostre preparazioni gastronomiche abituali.
Quindi con buona pace degli entusiasti sostenitori delle diete squilibrate come la vegana che esaltano le rarissime vedure che forniscono B12, rinunciare alle fonti vitaminiche naturali della carne per loro continuerà a comportare sempre e comunque la necessità di integrarla con le vitamine dei gruppi B e D mancanti acquistandole in farmacia.