Procede a passi lenti, ma procede, la battaglia contro l’inquinamento da plastica. Dal 14 gennaio, dopo due anni e mezzo dalla pubblicazione della direttiva europea contro i cosiddetti Sup (Single use plastic), entra infatti in vigore il decreto (196/21) che vieta di immettere sul mercato piatti, posate e alcuni contenitori monouso in plastica, prodotti in plastica oxo-degradabile (contenenti additivi in grado di frammentarla o decomporla) e attrezzi da pesca contenenti plastica.
Le restrizioni interessano diverse tipologie di articoli in plastica d’uso comune, come posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande, ma anche contenitori per alimenti e bevande, bicchieri e tazze in polistirene espanso. Ne sarà tuttavia consentita l’immissione sul mercato fino a esaurimento delle scorte, purché possa esserne dimostrata l’introduzione in data antecedente alla decorrenza dell’obbligo. Il divieto prevede alcune eccezioni: potranno infatti essere ancora usati articoli monouso in plastica compostabile realizzati con almeno il 40% di materia prima rinnovabile (che salirà al 60% dal gennaio 2024), ma solo in situazioni specifiche. In particolare la deroga varrà nelle mense e nelle strutture e residenze sanitarie o socio-assistenziali, in circostanze che vedano la presenza di un elevato numero di persone o, infine, nei casi in cui l’impatto ambientale del loro impiego sia ritenuto minore rispetto a quello delle alternative riutilizzabili.
Tra gli oggetti considerati dal decreto, poi, non sono compresi i prodotti che hanno rivestimenti in materiale plastico in quantità inferiore al 10% del peso dell’articolo (come per esempio i bicchieri di carta con una piccola quota di plastica). Sono introdotti inoltre parametri di riduzione del consumo per taluni prodotti, con l’obiettivo di arrivare alla fine del 2026 a una diminuzione quantificabile del loro impiego. Nello specifico, ne sono interessati tazze o bicchieri per bevande, inclusi i relativi tappi e coperchi e contenitori per alimenti in plastica destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto, senza necessità di ulteriore preparazione. Per quanto riguarda questa specifica tipologia di prodotti, quelli interessati dal provvedimento già in atto sono, come già detto, solo quelli in polistirene (un materiale simile al polistirolo).
Per promuovere i prodotti alternativi ai Sup riutilizzabili o compostabili è riconosciuto un credito d’imposta di tre milioni l’anno dal 2022 al 2024 alle imprese che acquistano e usano le soluzioni alternative. Altre novità hanno scadenze più lontane e introducono anche criteri strutturali. Dal luglio 2024, per esempio, i contenitori con tappi e coperchi in plastica potranno essere immessi sul mercato solo se tali parti restano attaccate ai contenitori per tutta la durata d’uso prevista del prodotto. Non ricadono però in quest’obbligo i tappi e i coperchi di metallo con sigilli di plastica. Inoltre dal 2025, le classiche bottiglie in Pet per bevande dovranno contenere almeno il 25% di plastica riciclata e, dal 2030, questa quota dovrà salire al 30%.
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Mah, mi lascia molto perplesso questo intervento parziale e non risolutivo, permettere di continuare a sprecare risorse per oggetti sostanzialmente inutili (e lavateli, ‘sti piatti, non vi casca l’ernia, non diventate impotenti, non risparmiate tempo…) non solo gingillandosi sulle percentuali di plastica riciclata (invece di vietare la plastica, e basta!) ma corteggiando la marea di materiali “alternativi” “naturali” “biologici” che in ogni caso occupano superfici, risorse, concimi e acqua per la loro coltivazione, e risorse ed energia e combustibili per la loro trasformazione, fabbricazione, imballaggio, trasporto, commercializzazione e riciclo.