In Italia negli ultimi due mesi sono stati eliminati a causa dell’influenza aviaria 13 milioni di polli, tacchini, galline ovaiole, quaglie, anatre e qualche allevamento di galli e fagiani. Si tratta di numeri preoccupanti, anche se i focolai sono per il momento concentrati nelle province di Mantova, Verona e Padova, con qualche episodio in Lombardia e in Emilia-Romagna. Secondo i dati forniti dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie aggiornati al 30 dicembre 2021 gli allevamenti interessati sono 294. Nei 27 paesi europei e nel Regno Unito (*) fra il 16 settembre e l’8 dicembre 2021, sono stati segnalati 867 focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI). Le rilevazioni indicano che l’Italia è stato il Paese più colpito per quanto riguarda gli allevamenti di pollame con ben 167 casi, seguita da Ungheria e Polonia (35 ciascuna). Una situazione così critica, si spiega perché le specie di volatili selvatici risultate positive al virus dell’influenza aviaria e quindi in grado di contaminare gli allevamenti sono quasi 50. Il ministero della salute in una circolare precisa che: “Se da un lato è ormai innegabile l’introduzione del virus (direttamente o tramite fattore umano) dal settore selvatico è anche vero che le intime connessioni logistiche e organizzative della filiera, l’elevata densità zootecnica del territorio, la persistenza in alcuni casi di debolezze sul fronte delle biosicurezze (sia strutturali ma forse ancor più a livello gestionale) e non ultime alcune criticità nella gestione dei focolai che ne hanno rallentato l’estinzione, hanno contribuito a diffondere l’epidemia nel territorio e a farla persistere sino ad oggi. Di particolare suggestione sembrerebbe anche l’osservazione che la ventilazione forzata, di cui negli ultimi anni si sono dotati molti allevamenti al fine di migliorare le condizioni di benessere degli animali, abbia un ruolo non trascurabile nella diffusione dell’infezione soprattutto in situazioni di particolare densità degli allevamenti”.
Il rischio di infezione per la popolazione europea in generale è valutato come basso, e per le persone esposte per motivi di lavoro, da basso a medio. Non ci sono prove secondo cui i virus A(H5), A(H7N9) o altri virus dell’influenza aviaria possano essere trasmessi alle persone attraverso la manipolazione delle carni di pollame o uova (che comunque devono essere adeguatamente cotte). In ogni caso i prodotti a base di carne di pollo, e anche le uova, possono essere consumati in sicurezza, previa accurata cottura, in quanto il virus dell’influenza aviaria è inattivato dal trattamento termico. Alcuni casi umani di influenza A(H5N1) sono stati collegati al consumo di piatti a base di sangue di pollame crudo e contaminato.
I virus responsabili di focolai nel pollame in Italia si sono dimostrati sempre poco pericolosi per l’uomo. Le rarissime infezioni segnalate sono state asintomatiche o hanno provocato delle congiuntiviti guarite spontaneamente. È importante ricordare che nei Paesi in cui si sono verificati casi umani gravi, la trasmissione della malattia è avvenuta per uno stretto contatto con volatili domestici attraverso secrezioni e feci disseccate degli animali. Di fronte a questi numeri gli Stati europei sono stati sollecitati a intensificare la sorveglianza e ad aumentare le misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli per prevenire l’ulteriore espansione dei focolai.
Gli approfondimenti epidemiologici in corso da parte dei servizi veterinari territoriali, coadiuvati dagli osservatori epidemiologici regionali e dal Centro di referenza nazionale per l’Influenza aviare presso l’IZS delle Venezie di Padova, stanno mettendo in luce diversi elementi che suggeriscono una molteplice causalità nel determinismo della malattia.
I virus dell’influenza aviaria in genere vengono trasmessi direttamente dagli uccelli selvatici al pollame domestico. Il virus si diffonde direttamente da uccello a uccello per via aerea o indirettamente, attraverso la contaminazione fecale di materiale, piume o mangime. Grandi quantità di virus vengono secrete negli escrementi di uccelli, contaminando il suolo e l’approvvigionamento idrico. Per questo motivo attrezzature, veicoli, mangimi, gabbie o indumenti contaminati (in particolare le scarpe) possono diffondere il virus tra gli allevamenti. Si discute anche della possibilità di diffusione di particelle di polvere contaminate tramite vento da un’azienda agricola all’altra, nelle immediate vicinanze. Il virus può anche essere trasportato meccanicamente da altri animali, come i roditori. In Asia, i cosiddetti mercati ‘umidi’ o mercati di uccelli vivi, dove vengono venduti uccelli vivi, può essere un’altra fonte di diffusione e mescolanza di virus diversi tra specie di uccelli. La situazione è comunque in continua evoluzione. È di queste ore la notizia delle associazioni di categoria che hanno chiesto un rimborso per gli allevamenti colpiti.
(*) Il Laboratorio di riferimento in Italia è l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. La situazione in Europa è costantemente aggiornata e quasi tutti i paesi sono coinvolti. L’elenco comprende: Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia, Ucraina, Bosnia Erzegovina, Ungheria, Norvegia, Francia, Romania, Belgio, Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Svizzera, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Irlanda del Nord, Grecia oltre naturalmente al Regno Unito.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Continuiamo ad allevare gli animali in modalità intensiva e queste cose saranno sempre più all’ordine del giorno!
Il benessere animale è il primo fattore su cui intervenire per provare ad eliminare queste problematiche.
Poveri animali….scontano sempre il nostro antropocentrismo….
Gli allevamenti intensivi vanno chiusi ! e il morbo scomparirà.