Buone notizie per gli amanti di tè e caffè: secondo due studi molto diversi, ma usciti entrambi intorno alla metà del mese di novembre, il consumo di queste bevande è associato a una minore incidenza di deficit cognitivi legati all’età, demenze e ictus. Il primo studio è stato condotto su 227 australiani, seguiti nel dettaglio per oltre dieci anni, verificandone l’alimentazione e lo stato di salute nell’ambito di un’indagine di popolazione sui fattori di rischio legati all’invecchiamento l’Australian Imaging, Biomarkers and Lifestyle. Nell’indagine sono state documentate le abitudini alimentari ma, soprattutto, sono stati eseguiti regolarmente dosaggi di diversi marcatori delle demenze nel sangue e, per un sottogruppo di 60 individui, sono state effettuate anche indagini per controllare l’eventuale formazione di placche di proteina beta amiloide (uno dei tratti caratteristici della demenza), affiancate da test cognitivi.
All’inizio dello studio nessuno dei partecipanti mostrava alcun segno di decadimento delle funzioni superiori ma, come riportato su Frontiers in Aging Neuroscience, nel tempo è emersa la differenza tra chi consumava abitualmente un paio di tazze di caffè da 240 ml e chi ne beveva di meno. I primi hanno infatti registrato una diminuzione del rischio di manifestare deficit cognitivi dell’8% e di formare placche di beta amiloide del 5% ogni 18 mesi. L’effetto si è rivelato essere dose-dipendente, senza che sia stato possibile fissare una dose massima oltre la quale non si vede più un beneficio. Non è stato neppure possibile determinare quali elementi costitutivi del caffè contribuiscano a questi risultati. Gli autori hanno infatti sottolineato che non è la sola caffeina ad apportare benefici. Studi precedenti su modelli animali hanno evidenziato che anche la cosiddetta caffeina grezza, residuo della lavorazione del caffè decaffeinato, ha effetti simili a quelli della caffeina sull’invecchiamento cerebrale, ci sono però anche altre sostanze contenute nel caffè (tra le quali cafestolo, kahweolo ed eicosanoil-5-idrossitriptamide) che hanno mostrato di avere funzioni protettive sul sistema nervoso.
Nel secondo studio, pubblicato su PLoS Medicine, sono state controllate le condizioni di oltre 365 mila partecipanti tra i 50 e i 74 anni a una grande indagine effettuata nel Regno Unito. In un periodo di osservazione di circa 11 anni, oltre 5 mila partecipanti hanno sviluppato una demenza e oltre 10 mila almeno un ictus. Controllando le abitudini, si è visto che chi consumava due o tre tazze di caffè o tè o una combinazione di quattro/sei tazze tra tè e caffè al giorno aveva avuto una diminuzione del rischio di sviluppare una demenza del 28% e di avere un ictus del 32%, rispetto a chi non ne beveva e che c’era stato anche un effetto protettivo nei confronti della demenza che si sviluppa talvolta in seguito a un ictus. Questi due lavori ne confermano altri usciti negli ultimi anni, che hanno fatto emergere come il caffè e il tè (verde e non solo) esercitino diverse azioni antiossidanti e quindi protettive. Resta da capire meglio quali siano le sostanze più importanti e quanto contino altri elementi, quali lo stile di vita.
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Giornalista scientifica
Urka, prima di leggere l’articolo ero contento essendo un amante del tè.
Ma poi, leggendolo, tre/quattro tazze di tè al giorno chi ha tempo di berle?
Intendo ovviamente del buon tè preparato a regola d’arte, non quell’immonda bevanda delle macchinette in ufficio…
Appunto .. sono le dosi “improponibili” che danno quel risultato..
Oltre al fatto che con 3 tazze al giorno di tè verde “normale” cè da stare attenti anche alle altre sostante (pesticidi e impurità) eventualmente estratti che si accumulano..
Nel caffè cè da stare attenti anche all’acrillamide….
Dipende dalle abitudini. Io bevo dalle due tazze di tè al giorno fino a 4/5, a seconda degli orari di lavoro.