Nonostante le dichiarazioni di intenti delle imprese alimentari, che si mostrano propense alla collaborazione con le autorità sanitarie e attente alla salute dei più piccoli, l’analisi di quanto è sul mercato racconta una realtà diversa, nella quale lo zucchero comunemente inteso (saccarosio) è stato sostituito, ma rimane, complessivamente, un problema di abuso di zuccheri nei prodotti per la prima infanzia. Almeno per quanto riguarda la Gran Bretagna, infatti, fin dallo svezzamento le aziende che vendono alimenti per l’infanzia propongono prodotti ricchi di zucchero. Tutto questo accade nonostante siano ormai noti i rischi derivanti da un eccessivo consumo di questo elemento nutritivo, come il sovrappeso e la carie, e nonostante le linee guida pediatriche, a cominciare da quelle dell’Oms, sconsiglino caldamente di dare zuccheri liberi ai bambini con meno di due anni di età. È impietoso il quadro che emerge dalla nuova indagine di Action on Sugar, fondazione che si batte contro l’abuso di zuccheri nel Regno Unito e che ha appena pubblicato i risultati dell’analisi di 73 snack dolci rivolti ai bambini dai sei mesi in su. Nella categoria rientrano biscotti, puré e succhi di frutta, snack, barrette, cereali con riso soffiato e così via, pochissimi dei quali sembrano rispettare i consigli di pediatri e nutrizionisti.
Solamente sei prodotti (8%) sono infatti risultati a basso tenore di zuccheri, mentre 27, il 37% del totale, sono ad alto tenore di zuccheri e 40 (pari al 55%) sono risultati a medio tenore. C’è poi molta ambiguità nelle etichette, perché la maggior parte di esse riporta effetti benefici, come la presenza di vitamine, distraendo così dalla questione degli zuccheri. Inoltre, bisogna considerare che, per ottenere un gusto dolce, il 99% dei prodotti presi in esame impiega prodotti diversi dal saccarosio (zucchero comunemente inteso) e la maggior parte delle aziende utilizza succo di frutta concentrato, classificabile come zucchero libero. Le aziende sono consapevoli del fatto che il gusto, nella prima infanzia, subisce una sorta di imprinting e che, se un bambino con meno di due anni si abitua a mangiare o a bere cibi e bevande molto dolci, cercherà più probabilmente il gusto dolce anche in seguito.
Va male, poi, anche sul fronte delle offerte commerciali: nelle catene prese in considerazione dalla ricerca, tra cui spiccano insegne note come Tesco, Waitrose e Sainsbury, questi prodotti sono spesso oggetto di offerte pensate per diminuire il prezzo del singolo cibo e invogliare i consumatori ad acquistare più del necessario (oltre il 20% in più). È inoltre preoccupante, secondo gli autori, che i neonati e i bambini fino ai due anni siano stati esclusi dalle nuove norme contro le offerte al ribasso che entreranno in vigore nel 2022. L’indagine è andata oltre, e ha voluto verificare anche l’atteggiamento di più di mille genitori. Se è vero che l’84% degli intervistati è ben disposto verso l’acquisto degli snack dolci pronti, è altrettanto vero che sei su dieci preferiscono alimenti con l’indicazione “senza zuccheri aggiunti”, così come il 92% è più incline all’acquisto di prodotti con zuccheri che provengono solo da fonti naturali come gli zuccheri della frutta. Tuttavia, nella realtà, per tre quarti di loro il principale criterio di scelta è la convenienza. In più della metà dei casi, la scelta è influenzata dalle diciture sulle confezioni (per esempio, il 51% degli intervistati cita le diciture relative al fatto che il prodotto contiene una delle cinque porzioni giornaliere di frutta consigliate). Determinanti nella scelta sono anche le richieste dei bambini stessi, spesso orientate proprio dal gusto dolce. Eppure, l’83% si dichiara anche pronto a dare frutta fresca al figlio in caso di mancata disponibilità dei prodotti industriali.
Tutto ciò lascia intravedere con chiarezza come sarebbe urgente e opportuno intervenire, dal punto di vista della legislazione. Le principali azioni da compiere, secondo Action on Sugar, sono: la realizzazione di linee guida chiare e severe, la definizione di limiti alla presenza di zuccheri (qualsiasi zucchero libero, anche quelli derivati dalla frutta) nei prodotti per la primissima infanzia, la regolamentazione della pubblicità, il controllo sulle offerte commerciali e il monitoraggio costante di quanto venduto. Le aziende, dal canto loro, dovrebbero impegnarsi di più. Nell’indagine sono emersi solo tre casi di produttori che avevano effettivamente ridotto al minimo gli zuccheri, oppure sostituito quelli raffinati con quelli della frutta. Ora Action on Sugar chiede alle imprese di rimuovere dalle confezioni le dichiarazioni fuorvianti, di ridurre la quantità di zuccheri nelle ricette e di riposizionare gli snack dolci solo per bambini al di sopra dei 12 mesi. I risultati ottenuti finora, però, non sono molto incoraggianti. Per questo la fondazione ritiene importante che anche i genitori si impegnino attivamente e dedichino più attenzione alle etichette, non si lascino trarre inganno da claim salutistici e trovino il tempo di preparare più spesso in casa gli spuntini che possono aiutare i piccoli ad avere un corretto rapporto con il cibo.
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Giornalista scientifica