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Vitamina C, agrumi e succhiLa quantità di vitamina C raccomandata dall’Oms come dose minima giornaliera per il mantenimento di un buono stato di salute, pari a 45 milligrammi, è clamorosamente sbagliata, per difetto. Quella giusta sarebbe infatti più che doppia, pari cioè a 95 milligrammi. A far emergere l’errore è stato uno studio molto particolare, condotto dai ricercatori dell’Università di Washington. Nello studio viene rianalizzato un esperimento fondamentale e celeberrimo, portato avanti a partire dal 1944 dall’Istituto Scorby di Sheffield, nel Regno Unito, e mai più messo in discussione.

In quel momento (si era in tempo di guerra) i ricercatori non erano affatto interessati a definire le dosi minime di nutrienti essenziali come la vitamina C. Piuttosto, volevano stabilire le quantità minime di alimenti freschi (soprattutto vegetali) da assegnare agli equipaggi delle navi per evitare che insorgesse lo scorbuto, malattia provocata appunto da livelli insufficienti di vitamina C e di altri nutrienti. Con questa finalità, avevano reclutato 20 volontari tra gli obbiettori di coscienza assegnati allo stesso istituto e li avevano fatti salpare su una nave dove sarebbero rimasti per mesi. Il protocollo prevedeva che il gruppo fosse suddiviso in tre sottogruppi, ciascuno sottoposto a un diverso trattamento: 0, 10 o 70 milligrammi di vitamina C al giorno, da assumere fino a quando non si fossero visti segni chiari di malattia, o comunque non fosse stato possibile evidenziare i primi segni di scorbuto, cioè il sanguinamento gengivale e la difficoltà di cicatrizzazione. Quanto a quest’ultima, per verificarne i tempi, venivano inferte periodicamente ai partecipanti delle piccole ferite, per controllarne la guarigione.

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Il consumo giornaliero di vitamina C suggerito dall’Oms è meno della metà rispetto a quello corretto

L’esperimento, che oggi non sarebbe accettato da nessun tipo di comitato etico, era stato ideato con il contributo del futuro premio Nobel Hans Krebs ed era noto come Esperimento del naufragio. Dopo nove mesi di sperimentazione, fu individuata la dose minima di vitamina C necessaria per evitare lo scorbuto, in seguito adottata dall’Oms, e corrispondente, appunto, a 45 milligrammi al giorno. Come riferito sull’American Journal of Clinical Nutrition, però, tali calcoli sono stati più che approssimativi (gli autori li hanno definiti “a occhio”), e hanno portato a conclusioni del tutto sbagliate. Rifacendoli, infatti, si giunge a una dose molto più vicina a quella oggi indicata da diverse società scientifiche di nutrizione umana, che raccomandano un range compreso tra 75 e 110 mg/die: cioè mediamente 95 mg/die.

Nello specifico, i nuovi calcoli indicano che l’assunzione di 10 mg/die, protratta per 11,5 mesi, è stata associata a una diminuzione della resistenza delle ferite del 42% rispetto a quella che si era ottenuta con 80 mg/die e che una dose di 65 mg/die per 6,5 mesi non era stata sufficiente per assicurare la guarigione delle ferite, le cui cicatrici risultavano essere del 49% meno resistenti rispetto a quelle, uguali, inferte in soggetti cui era stata data sufficiente vitamina C.

Tutto ciò porta a una sola conclusione: la quantità minima necessaria per mantenere un buono stato di salute dei tessuti è 95 mg/die, cioè oltre il 100% più elevata rispetto a quella ancora oggi consigliata dall’Oms (ma non dalla maggior parte degli esperti). Tra gli esiti della rivisitazione dello studio c’è infine anche un dato sulla difficoltà di ripristinare la normalità dopo uno stato carenziale. Per recuperare appieno, ai partecipanti non sono stati sufficienti 90 mg giornalieri dati per sei mesi. Questa considerazione rende ancora più importante l’esatta conoscenza dei valori soglia sui quali basare eventuali intergrazioni. La vitamina C è responsabile, primariamente, dell’integrità dei tessuti. Per questo una sua carenza si traduce, oltreché in un ritardo della cicatrizzazione, in lesioni e danni anche al tessuto connettivo e ai vasi. Questi ultimi possono a loro volta causare, tra le altre cose, malattie cardiache e ictus.

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, AdobeStock

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Andrea Zanchi
Andrea Zanchi
4 Settembre 2021 10:33

Un’altra medaglia di affdabilità per l’OMS….

PARADOSSO ASIATICO
PARADOSSO ASIATICO
4 Settembre 2021 12:11

Un bell’articolo. Mi ha informato sulla “primitiva” sperimentazione, per determinare il minimo fabbisogno giornaliero di vitamina C, sul conseguente retaggio nelle indicazioni dell’OMS, essendo tali indicazioni superate da quelle già indicate da diverse società scientifiche di nutrizione umana, e che hanno trovato conferma nel rifacimento dei calcoli che, “ad occhio”, avevano portato a conclusioni del tutto sbaglaite. L’articolo ha susciatto la mia curiosità perchè assumo, anzi mia moglie mi “obbliga” ad assumere l’integratore di vitamina C nelle misura di 500 mg/d, il che mi ha condotto ad approfondire il valore di questi numeri ballerini. Ed allora leggo la dose di 2000 mg/d quale quantità che non dovrebbe provocare problemi nei soggetti sani nel mentre seguono poi lunghe trattazioni sul megadosaggio e sui vari casi particolari. Ovviamente, all’occasione, monitorerò tutti gli integratori di vitamina C per quanto al dosaggio. Per inciso, alcuni anni fa, ho fatto l’anti-ROMs test, rilevamdo che la frazione veloce antiossidante, tra cui la vitamina C, ha un ottimo valore: 403 > 200 μEq/L. Si è parlato di sperimentazione, ed allora permettetemi ora un piccolo volo pindarico. La vaccinazione anti Covid è un vero e proprio plebiscito popolare, per cui i sotsenitori del “no” a priori e ad oltranza, dovrebbero riflettere. Un po’ di tempo è trascorso, e il volume è notevole, per cui ritengo che la “sperimentazione” sia andata a buon fine, e di ciò dovrebbero convincersi tutti coloro che ne sollevavano la mancanza. Poichè il termine “sperimentazione” è riservato al vaglio di chi ha titolo per parlarne, penso che costoro abbiano avuto tempo sufficiente per cambiare convinzione.

PARADOSSO ASIATICO
PARADOSSO ASIATICO
Reply to  PARADOSSO ASIATICO
6 Settembre 2021 12:22

Per completare i dati tecnici, le informazioni sull’integratore indicano che quei 500 mg/d (e per compressa) costituiscono il 625% del VNR, per cui a conti fatti il Valore Nutritivo di Riferimento è assunto pari a 80 mg/d, in linea con le più recenti indicazioni. Sempre nelle informazioni è scritto che la dose giornaliera è di 1-2 compresse al giorno, qundi anche di 1000 mg/d, valore prudenziale rispetto al massimo, perchè trattasi di un integratore libero e non di un farmaco prescritto. Leggo, infine, velocemente, online, che 100 g di succo d’arancia contengono 50 mg di vitamina C, e che un’arancia media ne contiene 45. E’ bene abituarsi a leggere nei bugiardini e anche in internet.

gianni
gianni
6 Settembre 2021 13:43

Più che un volo pindarico mi sembra un volo “icarico” per diversi motivi non evidenti solo ai “credenti”, ma giustamente ognuno crede ciò che vuole, ci mancherebbe altro.
Signor P.A. ringrazi sua moglie perchè il valore che lei assume a molto più a che fare con la salute, come lei ha potuto constatare, dei valori striminziti e insufficienti vecchi e nuovi, il mio dubbio riguarda l’equivalenza di vitamina C da integratore rispetto alla vitamina stessa da frutta e verdura.
In un commento che è andato perduto, nessun problema, volevo sottolineare che assenza di malattie gravi da carenza non vuol dire salute, è un equivoco da cui bisognerebbe uscire perchè tutti i nutrienti, non tutti noti e capiti, sono necessari in proporzioni precise, anch’esse non precisamente capite per intero, per avere una omeostasi equilibrata e solida.
Che poi nell’epoca del crispr e di futuristico approccio alla salute gli organismi ufficialmente costituiti per la salvaguardia umana collezionino perle di questo genere, perchè ci sono anche altre controversie, questo vuol solo dire che la burocrazia è sorda e cieca e in pratica si buttano soldi, qualcuno ricorda ancora la storia del piano pandemico italiano fatto con copia e incolla?

roberto pinton
roberto pinton
6 Settembre 2021 15:25

Al di là del fatto che l’organizzazione non abbia aggiornato i valori di vitamina C (45 mg al giorno per uomini e donne, 55 mg per le donne incinte e 70 mg durante l’allattamento), le autorità sanitarie di Usa, Europa e Italia raccomandano da tempo di quantità doppie a quelle indicate nella “Vitamin and mineral requirements in human nutrition” dell’OMS.

Nella Scientific Opinion on Dietary Reference Values for vitamin C l’EFSA indica una dose raccomandata di 90 mg per gli uomini e di 80 mg per le donne.

Praticamente identici (e quindi praticamente il doppio di quanto indicato a suo tempo dall’OMS), sono i valori delle Recommended Dietary Allowances statunitensi : 90 mg per gli uomini e 75 per le donne, con l’aggiunta di ulteriori 35 mg/die se sono fumatori.

I LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana redatti dalla Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU per la vitamina C indicano un apporto anche leggermente superiore: 105 mg per gli uomini e 85 mg per le donne.

I valori nutrizionali di riferimento indicati dal reg. 1169/2011, su cui si basano le etichette nutrizionali, sono di 80 mg/giorno, senza distinzioni di genere.
Un alimento può essere qualificato come “fonte di vitamina C” quando 100 grammi ne apportino il 15% (12 mg) e come “ricco di vitamina C” quando l’apporto per 100 g sia del 30% (24 mg).

Secondo le Tabelle di composizione degli alimenti del CREA (https://www.alimentinutrizione.it/tabelle-nutrizionali/ricerca-per-nutriente) 100 g di succo d’uva confezionato apportano ben 350 mg di vitamina C, 100 g di ribes 200 mg, 100 g di peperoni gialli 167 mg, di peperoni rossi 165 mg, di rucola 110 mg. Ma poi ci sono kiwi (85 mg), arance (da 55 a 57 mg), fragole (54 mg), limoni (50 mg) eccetera: il raggiungimento dei 95 mg/die non è quindi particolarmente impegnativo.

Sandra
Sandra
Reply to  roberto pinton
7 Settembre 2021 09:09

Un ringraziamento personale va al Fatto Alimentare e al dr. Pinton sempre precisi ed esaustivi.

Claudia
Claudia
Reply to  roberto pinton
10 Settembre 2021 09:24

Meglio specificare che i peperoni dovrebbero essere mangiati crudi, in quanto la vitamina C è termolabile e viene persa con la cottura.

Luciano
Luciano
30 Settembre 2021 13:06

E, oltre alla termolabilità dovuta alla cottura, considererei anche la ossidazione dei frutti e delle relative vitamine, specie la C, dal momento in cui la frutta é colta, fino all’arrivo sulla tavola dei consumatori.