È stata da poco pubblicata la nuova edizione sui consumi dell’Osservatorio Immagino, analisi che incrocia le informazioni riportate sulle confezioni dei prodotti – alimentari, cura casa e cura persona – con i dati di vendita (ricavati dalle scansioni dei codici a barre che passano alle casse), per fornire un quadro preciso di ciò che consideriamo importante quando facciamo la spesa. L’analisi riguarda l’anno 2020, su un carrello di 120mila prodotti, di cui più di 76mila alimentari, e considera aspetti come le caratteristiche nutrizionali, la composizione della confezione, le dichiarazioni di sostenibilità, di italianità, i prodotti “senza”, quelli “ricchi di” e la presenza di superfood.
I consumi premiano i prodotti sostenibili
La prima cosa da notare è il successo crescente delle dichiarazioni relative alla sostenibilità. L’indagine sui consumi individua 24 diversi claim, riguardanti aspetti che vanno dalla gestione delle risorse al rispetto degli animali, alla sostenibilità sociale: sono presenti su poco meno di 22 prodotti su 100, prodotti che hanno generato un fatturato di oltre 10 miliardi di euro, cioè il 26,2% del totale, in crescita del +7,6% rispetto al 2019. I consumatori sono sempre più attenti alla sostenibilità di ciò che acquistano, dato però che manca una normativa specifica, non è raro trovarsi di fronte a dichiarazioni “vuote”: per valorizzare questa spinta positiva è necessaria ora più che mai una definizione chiara di che cosa sia una produzione sostenibile (ne abbiamo parlato in questo articolo sulla sostenibilità in etichetta).
Un aspetto importante dei consumi è dato dalla presenza di informazioni sulla riciclabilità delle confezioni e di indicazioni per fare la raccolta differenziata in modo corretto: aumentano i prodotti che riportano queste informazioni, ma si fermano comunque a 3 su 10. Le confezioni che forniscono indicazioni per lo smaltimento, nell’83% dei casi sono riciclabili. In realtà gli imballaggi che si possono riciclare sono una quota maggiore, perché in diversi casi – per esempio quelli in vetro – non riportano indicazioni pur essendo riciclabili. Bisogna notare comunque che i prodotti con indicazioni per lo smaltimento – il 30% – realizzano il 50% delle vendite. Questo si può ricondurre forse a due fattori: da un lato sono sempre più numerosi i consumatori che cercano queste indicazioni, dall’altro bisogna notare che si tratta in buona parte di marchi leader o di marchi dei supermercati, quindi prodotti che in generale hanno più successo.
I prodotti “senza”
Per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali, emerge l’andamento positivo dei prodotti che riportano dichiarazioni nell’ambito del “free from” – come “senza conservanti”, “senza sale” – o del “rich in” – come “fonte di vitamine” “ricco di omega-3”– un successo in atto ormai da anni.
Dichiarazioni nella sfera del “senza” o del “ridotto contenuto” sono presenti nel 18% dei prodotti, articoli che generano il 25% del fatturato globale, in crescita del +3,3% rispetto al 2019. Il trend è positivo per tutti i 17 claim considerati, ma quello che realizza il fatturato più elevato è “senza conservanti”, seguito da “senza olio di palma”, “pochi grassi” e “a ridotto contenuto/senza grassi saturi”. Le dichiarazioni che invece crescono di più nel corso dell’anno (anche se il loro peso è minore) sono “senza antibiotici”, “senza glutammato” e “senza polifosfati”. A determinare la crescita del settore non è un aumento dell’offerta di prodotti “free from”, ma piuttosto la crescita della domanda.
E i prodotti arricchiti
Realizza buoni risultati anche il segmento del “rich in”, comprendente prodotti ricchi di qualche ingrediente utile, come le fibre, le proteine o gli omega-3. I prodotti che riportano claim di questo tipo sono l’11,4% del totale e realizzano il 12,1% del fatturato, in crescita del +4,6% sul 2019. I claim che hanno più successo sono quelli relativi alla presenza di fibre, seguiti da proteine, vitamine e integrale. A crescere di più, nel 2020, sono invece i riferimenti a proteine, omega-3 e iodio.
Senza glutine e senza lattosio
Continua imperterrito il successo dei prodotti senza glutine e senza lattosio, dedicati a chi soffre di intolleranze a queste sostanze o a coloro che – molto più numerosi – ne vogliono ridurre il consumo. Questi nel complesso rappresentano il 13,4% dei prodotti considerati dall’indagine, e hanno realizzato il 14,4% del fatturato, con una crescita del +4,6%. A pesare di più sono i prodotti senza glutine: senza considerare quelli con il logo della spiga barrata, rilasciata dall’Associazione italiana celiachia, il semplice claim si trova sull’11% dei prodotti analizzati, e le vendite crescono del +5% rispetto al 2019. Nonostante questo claim sia presente su un gran numero di prodotti, fra cui anche tanti articoli che difficilmente contengono glutine – come salumi, maionese, carne di bovino macinata, confetture e patate fritte – l’indagine dell’Osservatorio immagino individua nell’aumento della domanda il motivo della crescita del settore. Vendite in aumento anche per il claim “senza lattosio” e “senza latte”.
Rallentano i consumi di superfood
È rallentata invece la marcia trionfale dei superfood, ingredienti particolarmente benefici – o presunti tali – come il mirtillo, l’avocado, il Kamut, la curcuma e lo zenzero. La vendita dei prodotti che contengono ingredienti benefici è più o meno stabile (+0,9%) rispetto all’anno precedente e i prodotti che hanno realizzato il maggior fatturato sono quelli con mandorle, mirtilli e avena. Fra gli alimenti che crescono di più troviamo l’avocado (+67% di fatturato), i semi di sesamo e quelli di zucca. Calano invece le vendite di acqua di cocco, germe di grano, tè matcha, bacche di Goji e di Açai.
Hanno infine avuto ottimi risultati, tra i consumi del 2020, le indicazioni relative all’italianità: bandiera tricolore, “100% italiano”, Dop, Igp ecc. Più del 26% dei prodotti analizzati riporta uno di questi riferimenti all’Italia, e il fatturato, nel complesso, cresce del +7,6% sul 2019.
Insomma, pare che i consumatori abbiano dedicato la loro attenzione a valori consolidati, come gli aspetti nutrizionali e l’origine geografica delle materie prime, riservando meno credito ai superfood, spesso trainati dalle mode del momento.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.