Ci sono ancora troppi Pfas nei contenitori per i cibi da fast food e d’asporto. È la denuncia di un gruppo di otto associazioni europee, coordinate dall’organizzazione ceca Arnika, che hanno raccolto imballaggi alimentari e stoviglie monouso in carta, cartone e fibre vegetali delle maggiori catene di fast food e takeaway come McDonald’s, KFC, Subway o Dunkin’ Donuts. I campioni, provenienti da sei Paesi europei (Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Repubblica Ceca), sono stati analizzati proprio con lo scopo di cercare le sostanze per- e polifluoralchiliche, una classe di composti chimici persistenti in grado di accumularsi nell’ambiente e negli organismi.
Per decidere quali contenitori portare in laboratorio alla ricerca dei Pfas, i campioni sono stati selezionati con un test semplicissimo. Siccome queste sostanze chimiche sono utilizzate per rendere gli imballaggi e le stoviglie in carta repellenti ai grassi, è stata usata una goccia d’olio: se non viene assorbita, è possibile che il contenitore sia stato trattato intenzionalmente con Pfas. Dopo il test della goccia, 38 imballaggi sono risultati sospetti.
Alla fine, dei 42 campioni (28 contenitori scelti tra i “sospetti”, più 14 controlli) mandati in laboratorio, 32 contenevano livelli di Pfas tali da indicare un trattamento intenzionale. Ma non solo, tutti gli altri contenitori analizzati mostravano comunque la presenza di tracce di queste sostanze chimiche. Risultati che suggeriscono una contaminazione diffusa della materia prima utilizzata per realizzate questi prodotti.
I livelli più elevati di sostanze organiche fluorurate – un indicatore accettato di contenuto totale di Pfas – sono stati rilevati nelle stoviglie biodegradabili e compostabili realizzate con fibre vegetali. Talvolta, il contenuto di Pfas era 60 volte più alto del valore guida stabilito dall’Amministrazione veterinaria e alimentare danese per valutare la contaminazione dai packaging per il cibo in carta e cartone. La Danimarca è anche l’unico Paese che ha bandito, nel luglio 2020, l’uso di Pfas negli imballaggi alimentari realizzati con queste materie prime: infatti, i campioni di origine danese presentavano soltanto tracce di queste sostanze. E proprio qui McDonald’s è riuscita con successo a eliminare i Pfas dai suoi contenitori. La domanda che si fanno le associazioni: allora perché non lo fa ovunque?
Le associazioni hanno quindi cercato di capire quali siano le sostanze più utilizzati nella realizzazione di questi contenitori. Il risultato è stato che non è possibile identificare con certezza il 99% dei composti chimici fluorurati presenti negli imballaggi testati. La conclusione non stupisce, se consideriamo che la famiglia dei Pfas comprende oltre 5 mila sostanze e nel corso delle analisi ne sono state ricercate solo 55.
Secondo le otto associazioni, la presenza diffusa di Pfas negli imballaggi alimentari monouso è molto preoccupante per diversi motivi. In primo luogo, perché ogni giorno si crea un volume gigantesco di rifiuti contaminati da queste sostanze persistenti. Sostanze che possono poi contaminare le falde acquifere e, di conseguenza, la catena alimentare. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato la capacità dei Pfas di migrare dai contenitori al cibo, da cui arrivano direttamente alle persone, esponendole a rischi per la salute.
“È il momento che l’Unione europea agisca e vieti immediatamente e in maniera permanente l’intera classe dei Pfas negli imballaggi alimentari, per proteggere in primo luogo i consumatori. – ha dichiarato Jitka Strakova, autrice dello studio e consigliera scientifica di Arnika e della Rete internazionale per l’eliminazione degli inquinanti (Ipen) – È chiaramente non essenziale l’uso di sostanze chimiche altamente tossiche e persistenti, che pongono un tale rischio per la salute e l’ambiente, in imballaggi alimentari monouso, specialmente quando esistono alternative più sicure”
© Riproduzione riservata Foto: Arnika
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.