Secondo l’autorevole sito Great italian food trade, diretto dall’avvocato Dario Dongo esperto di diritto alimentare, la denominazione “dolce alla vaniglia”, “gelato alla vaniglia” o più semplicemente “vaniglia”, riportato nell’elenco degli ingredienti sull’etichetta può venire utilizzata solo quando si impiega in via esclusiva il 100% delle preziose bacche. In tutti gli altri casi si deve riportare la dicitura “al gusto di” o “all’aroma di”. I maestri gelatai e pasticceri che inseguono la perfezione anche attraverso la ricerca dei più pregiati ingredienti naturali dovrebbero saperlo e iniziare a distinguere la vera essenza dai preparati. La profumata bacca – originaria del Messico e coltivata soprattutto in Africa centrale (Madagascar, Uganda) – è uno dei protagonisti della tradizione dolciaria in Europa dove viene commercializzata anche come “perle di …” o “caviale di …”, presentate come il cru, ossia i microscopici semini selezionati ed estratti dai suoi baccelli.
Great italian food trade ha condotto un’indagine da cui emerge che alcuni prodotti in vendita non sono vera “vaniglia”, bensì “preparazioni aromatiche al gusto di vaniglia”. Vale a dire un ingrediente composto da più elementi, a volte neppure dichiarati in etichetta. Gli utilizzatori professionali sono perciò esposti al rischio di fornire, inconsapevolmente, informazioni non corrette a consumatori e avventori.
La vaniglia a livello commerciale si utilizzata nella produzione di gelati, yogurt e dolci e può essere tal quale sotto forma di baccelli, di semini oppure in polvere. C’è anche l’aroma liquido o in polvere, che può venire definito come “aroma naturale di vaniglia” solo quando deriva per almeno il 95% dalla vaniglia. Sul mercato ci sono però altre miscele di paste, concentrati, estratti che rientrano a tutti gli effetti nella categoria delle preparazioni aromatizzanti, e in questi casi il loro contenuto deve venire specificato in etichetta o sul registro ingredienti e non basta la semplice scritta “vaniglia” perché trae in inganno i consumatori.
Secondo Gift in commercio i preparati denominati perle o caviale del Madagascar non riportano le giuste indicazioni sulle etichette, visto che tra gli ingredienti figurano anche melassa, glucosio, fruttosio e saccarosio. Le imprese artigiane – pasticcerie, gelaterie, esercizi di ristorazione – e le industrie dolciarie che utilizzano questi prodotti oltre che avere il diritto di pretendere dai loro fornitori le schede tecniche, devono riportare in etichetta e/o nei cartelli di vendita dei prodotti di pasticceria e gelateria la dicitura “preparazione aromatizzante”, seguita tra parentesi dai vari ingredienti.
La conclusione di Gift è che le denominazioni “vaniglia” – come pure – “dolce alla vaniglia”, “gelato alla vaniglia”, possono venire utilizzate solo quando l’ingrediente sia stato realizzato in via esclusiva al 100% con le preziose bacche e/o i suoi semini. In tutti gli altri casi si potrà invece riferire soltanto “al gusto di …” o “all’aroma di …”.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Fosse per me, quando si usa, ad esempio, la vanillina, obbligherei per legge a scrivere: “Aroma ARTIFICIALE di vaniglia” e con caratteri molto grandi! Ovviamente dovrebbe valere per tutti gli aromi di sintesi utilizzati nei prodotti alimentari.