In occasione della giornata nazionale contro lo spreco alimentare Coop con il progetto “Buon Fine” nel 2020 ha recuperato 5000 tonnellate di cibo destinate a 960 associazioni di volontariato in tutta Italia. Un modello di donazione a chilometro zero in grado di generare 5,7 milioni di pasti. Si tratta di un progetto che prevede la donazione in solidarietà di merce per un valore pari a 26 milioni di euro. A beneficiarne 960 associazioni di volontariato sparse in tutte le regioni. Le donazioni Coop sono leggermente diminuite (erano 5900 nel 2019) in virtù della particolarità dell’anno appena concluso. In controtendenza invece è cresciuto il numero delle associazioni che ne hanno beneficiato.
C’è da dire che il 70% delle donazioni interessa prodotti freschi e freschissimi e questo spiega la particolarità del modello Coop rispetto ad altri. Un modello a chilometro zero perché immediatamente dai 680 punti vendita coinvolti (il 60% della rete Coop) si raggiunge la rete capillare delle associazioni costituta da mense, case di accoglienza, ecc. A fianco delle donazioni, Coop ha sviluppato nel tempo “Mangiami subito”, un’altra misura di contrasto allo spreco alimentare, attraverso la vendita di prodotti prossimi alla scadenza a prezzi scontati (in media il 50 % a fine giornata). Queste ultime sempre nel corso del 2020 ammontavano a oltre 40 milioni di euro.
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Sono ben contento che coop abbia utilizzato 5000 ton di cibo non più vendibile per donazioni anzichè buttarlo. Ricordo ai consumatori che in realtà queste donazioni sono state fatte dai consumatori stessi perché il loro costo è incluso nel prezzo di vendita dei prodotti. Io però mi domando se è normale avere una quantità di invenduto così grande. In teoria diminnuendo lo scarto si potrebbe ridurre i prezzi di vendita.
Ho un solo dubbio, il costo sottostante il prodotto invenduto e donato ( da Coop?) è a carico di coop o dei fornitori?