Nonostante l’impatto della pandemia da COVID-19, produttori e aziende alimentari a livello globale continuano a fare progressi per smettere di utilizzare uova da galline allevate in gabbia. È quanto emerge dal nuovo report EggTrack 2020 di Compassion in world farming (Ciwf *), ormai giunto alla quarta edizione, che ha lo scopo di monitorare i progressi fatti dalle aziende verso l’abbandono delle gabbie per le galline ovaiole. Quest’anno il rapporto ha analizzato le comunicazioni di 210 aziende operanti in Europa, in Nord America e nel resto del mondo.
A livello globale, 134 su 210 delle imprese in esame hanno fatto passi avanti per raggiungere gli obiettivi stabiliti per abbandonare le gabbie. Cresce, inoltre, significativamente la richiesta di uova da galline non allevate in gabbia. Dal 2016 a oggi il numero di aziende che hanno assunto un impegno sale da 5 a oltre 37, tra cui realtà come Barilla, Unilever, Nestlé, Danone, Grupo Bimbo, Compass Group, Aldi Nord e Aldi Sud. Di queste, Barilla è l’unica ad avere raggiunto già nel 2019 il proprio impegno ad essere 100% cage free.
Anche in Europa, il report evidenzia l’aumento delle aziende che comunicano i progressi fatti, passando da 57 nel 2018 a 83 nel 2020. In Italia, delle 28 aziende analizzate, il 71% ha comunicano i progressi fatti in relazione ai propri obiettivi. C’è di più, quest’anno tre nuove imprese hanno annunciato di avere raggiunto l’obiettivo 100% senza gabbie in tutte le filiere di uova in guscio e ovoprodotti, portando il totale delle realtà italiane a sette, tra cui Barilla, Ferrero, Galbusera, Giovanni Rana e Lidl Italia. Quattro aziende hanno aggiornato e comunicato per la prima volta i progressi fatti, tra queste Chef Express e i produttori di uova Fattoria Roberti e Sabbatani. Tra i supermercati operanti in Italia, solo cinque (Aldi, Bennet, Carrefour, Coop Italia e Lidl) hanno un impegno o una politica corrente a eliminare le gabbie non solo dalla filiera di uova fresche, ma anche da quella di prodotti a marchio che usano le uova come ingrediente. Esselunga come pure il Gruppo Pam, dichiarano di usare per i loro prodotti a marchio solo uova di allevamenti di galline allevate a terra. Quattro aziende (Balocco, Conad, Paluani, e Sammontana) hanno superato la data prevista dagli impegni presi e, al momento della valutazione, non hanno comunicato se effettivamente hanno raggiunto in pieno l’obiettivo.
A livello globale è necessario iniziare ad accelerare la conversione delle filiere, evitando di investire in sistemi inadeguati a rispondere alle richieste del mercato e dei consumatori, come l’allevamento in sistemi combinati. Questi sistemi, benché possano essere etichettati come “a terra”, sono costituiti da strutture multipiano dotate di “cancelletti” che, se chiusi, possono convertire il sistema in un allevamento in gabbia. È fondamentale che le aziende alimentari si impegnino per garantire che la transizione ad allevamenti senza gabbie non preveda l’utilizzo di sistemi combinati, ma che si investa invece in strutture ben disegnate e spaziose per garantire un miglioramento significativo della qualità di vita delle galline.
In Italia, resta sempre ai margini l’attenzione nei confronti delle filiere dove l’uovo è usato come ingrediente, come dimostra il bassissimo numero di aziende della ristorazione con un impegno ad abbandonare le gabbie e quello ancora limitato di supermercati il cui impegno si estende sia alle uova in guscio che ai prodotti a marchio come biscotti, prodotti da forno e pasta all’uovo.
Dichiara Elisa Bianco, responsabile del Settore Alimentare di Ciwf in Italia: “Non è mai stato così chiaro che il futuro della produzione di uova, in Italia come nel resto del mondo, sarà senza gabbie. Senza dubbio, è particolarmente degno di nota il fatto che le aziende continuino a fare progressi in questa direzione, nonostante le difficoltà portate dalla pandemia, ma purtroppo molto lavoro resta ancora da fare. Le galline in gabbia sperimentano lo stesso tipo di sofferenza, indipendentemente dal modo in cui verrà utilizzato l’uovo che depongono, ed è quindi importante che tutte le aziende, soprattutto quelle che utilizzano grandi volumi di ovoprodotti come le catene di bar e ristoranti e i supermercati, si impegnino maggiormente per abbandonare le gabbie da tutte le loro filiere.”
(*) Compassion in World Farming (Ciwf) è riconosciuta come la maggiore organizzazione internazionale per il benessere degli animali d’allevamento. Il report segnala le aziende che si sono impegnate pubblicamente ad abbandonare le gabbie nelle filiere di uova, per incoraggiarle a comunicare i progressi fatti di anno in anno e supportare una transizione progressiva verso sistemi senza gabbie. Le aziende sono state selezionate in base alle loro dimensioni, ai volumi di uova delle filiere, all’influenza che hanno sul mercato e alla data finale del loro impegno. Tutte le informazioni contenute nel tracker si basano esclusivamente sulle informazioni rese pubbliche dalle aziende, perché la comunicazione dei progressi fatti è indice della responsabilità di un’azienda verso l’impegno assunto. Per il report 2020 sono state tenute in considerazione le informazioni disponibili alla data del 31 luglio 2020.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24