Secondo tutte le raccomandazioni nutrizionali, il pesce dovrebbe far parte della dieta ed essere presente almeno una-due volte alla settimana (nelle Linee guida italiane l’indicazione è di almeno 2-3 volte). Quando però è crudo o affumicato, può rappresentare anche un veicolo di infezioni pericolose, come quella da Listeria monocytogenes. Lo ricorda l’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio, il BfR, che pubblica un documento specifico, menzionando in particolar modo il salmone e i molluschi consumati crudi.
I dati di partenza sono preoccupanti: nel 2018 ci sono stati ben 701 infezioni da Listeria monocytogenes segnalati all’Istituto Robert Koch, il riferimento in Germania per le malattie infettive, che corrispondono a 0,8 casi ogni 100 mila abitanti. La maggior parte di essi è stata grave e ha dato origine a meningiti, endocarditi, encefaliti, infiammazioni delle articolazioni, aborti spontanei e avvelenamenti del sangue, e la mortalità a essi associata è stata del 5%. L’infezione non è dunque da sottovalutare, soprattutto per le categorie a rischio quali gli anziani, le donne in gravidanza, i neonati e gli immunodepressi. Le persone sane e giovani, invece, di solito non si ammalano gravemente e manifestano solo i sintomi di una classica infezione alimentare, come gastroenterite e febbre, e recuperano nel giro di qualche giorno.
Una delle tipologie di alimenti più rischiose, per quanto riguarda la Listeria, è quella dei cibi da consumare crudi, perché questo agente patogeno resiste al freddo. Inoltre è particolarmente capace di annidarsi nei frigoriferi e negli altri luoghi di conservazione, per contaminare alimenti che, essendo mangiati crudi, non vengono scaldati e quindi sanificati o sterilizzati con il calore. Tra i più rischiosi ci sono il sushi e il sashimi, le ostriche e il salmone affumicato, ma anche la carne (tritata o meno) e le salsicce crude, nonché latte crudo, i formaggi e i latticini da esso derivati, e piatti pronti da consumare senza essere riscaldati, come le insalate confezionate (e quindi di solito non rilavate a casa) o gli affettati.
Per quanto riguarda il pesce, il BfR sottolinea che le indagini svolte tra il 2007 e il 2017 hanno svelato la presenza di Listeria in percentuali che andavano dal 7 al 18% in quello affumicato a freddo o marinato crudo, e dal 3 al 9% per quello affumicato a caldo. E ricorda che anche piccole contaminazioni possono essere molto pericolose, perché possono comunque dare luogo a una proliferazione, soprattutto se si interrompe la catena del freddo. Inoltre maneggiare alimenti contaminati da Listeria può voler dire trasferire il batterio ad altri cibi.
Le raccomandazioni per il consumo di pesce restano valide, anche per i soggetti a rischio, conclude l’Istituto. Tuttavia questi ultimi dovrebbero consumare solo pesce e molluschi cotti o comunque scaldati fino nelle parti più interne a 70°C per almeno due minuti, ed evitare tutti i piatti crudi, così come evitare il latte crudo e le verdure non lavate adeguatamente.
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Giornalista scientifica