Alfredo Clerici ha pubblicato sulla pagine del gruppo LinkedIn Etichettatura presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, un commento alla censura stabilita dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti di Equì. Si tratta di un integratore alimentare presentato online come: “particolarmente indicato a chi non vuole rinunciare a due bicchieri di vino a pasto ma al contempo non vuole perdere lucidità ed efficienza, fondamentali per azioni dove è richiesta la massima attenzione …”.
Questo prodotto è ottenuto da una lavorazione di amidi di cereali (mais) e composto in maggior percentuale di zuccheri (fruttosio, maltosio, glucosio), acidi (acido ascorbico e acido citrico) e estratti di piante e fiori.
La sentenza contro Equì
Nella sentenza, il Garante dopo avere interpellato gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran) conclude dicendo che “non risulta dalla documentazione versata in atti, con la necessaria chiarezza e intelligibilità, l’attitudine del prodotto ad accelerare lo smaltimento dell’alcool … Deve conseguentemente presumersi che la relativa attribuzione da parte del messaggio sia un vanto non corrispondente alle effettive qualità del prodotto, e da ciò discende la natura mendace dell’affermazione;
– i messaggi veicolano l’erroneo convincimento che il prodotto possieda determinate caratteristiche senza che siano al contempo specificate le prove scientifiche effettuate a dimostrazione dell’assunto vantato (es. analisi di laboratorio, studi e sperimentazioni)“.
Ma la parte più divertente del provvedimento riguarda le argomentazioni difensive della società Citosalus che produce e distribuisce il prodotto. “Citosalus ha rappresentato che la mancanza di studi scientifici tesi a far avvalorare ufficialmente o scientificamente gli effetti verificati tramite l’assunzione di Equì è riconducibile alla carenza di risorse economiche sufficienti per avviare uno studio accreditato da parte di un ente autorevole”.
La società prosegue prospettando “una collaborazione scientifica in corso con l’Università di Milano nell’ambito di un progetto di monitoraggio dei trattamenti per l’alcolemia”. In realtà nel corso dell’istruttoria è emerso che tale collaborazione non esiste trattandosi di un “mero progetto mai realizzato finalizzato allo studio delle c.d. bevande anti sbornia”. Citosalus oltre che interrompere la pubblicità deve pagare una multa di 5.000 euro.
Alfredo Clerici
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