Monitorare la presenza e il rilascio di alluminio da materiali a contatto, informare e comunicare a cittadini ed aziende i rischi associati ad un uso improprio di articoli in alluminio, definire limiti di migrazione per questo metallo, oggi assenti, a livello europeo.
Questi gli obbiettivi del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (Cnsa), espressi attraverso il parere del 30 Gennaio 2019 sull’“Esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare”.
Dopo il parere emesso nel 2017 dallo stesso Cnsa in cui si suggeriva di adottare particolari precauzioni per prevenire la contaminazione degli alimenti e delle bevande, nuovi studi sperimentali condotti dal Laboratorio nazionale di riferimento dell’ISS hanno confermato che è necessario rafforzare l’attenzione sul tema alluminio per fasce della popolazione particolarmente vulnerabili come i bambini, gli anziani sopra i 65 anni, le donne in gravidanza e persone con funzionalità renale compromessa.
In particolare, il nuovo studio ipotizza che per bambini (da 1 fino a 9 anni di età) vi sarebbe una significativa probabilità di superamento della soglia di assunzione settimanale tollerabile (Twi fissata da Efsa in 1 mg per ogni chilogrammo di peso corporeo per settimana (1 mg/Kg/pc per settimana). Questi soggetti sarebbero infatti maggiormente esposti all’alluminio contenuto negli alimenti.
Fasce di età superiori sarebbero meno esposte a rischi sia per le diverse abitudini alimentari sia per il minore rapporto consumo di cibo/peso corporeo. A tal proposito il Cnsa ricorda che, oltre ad essere più esposti, i bambini sono una fascia biologicamente più suscettibile agli effetti neurotossici dell’alluminio.
In questo conto va tuttavia valutato un aspetto importante: in media, la maggior parte della popolazione, in particolare adolescenti e adulti, già assume fino alla metà del limite settimanale tollerabile di 1 mg di alluminio per kg di peso corporeo attraverso il cibo. Se si considera anche il contributo di cosmetici o materiali a contatto con alimenti, questo valore soglia può essere chiaramente superato.
L’alluminio è un metallo leggero che si presenta come il terzo elemento più comune nella crosta terrestre ed è contenuto anche in prodotti di consumo come deodoranti antitraspiranti, dentifrici, rossetti creme solari, nonché nei farmaci.
Interferendo con diversi processi biologici (stress ossidativo cellulare, metabolismo del calcio, etc.) può indurre effetti tossici in diversi organi e sistemi: il tessuto nervoso è il bersaglio più vulnerabile; ha biodisponibilità orale molto bassa nei soggetti sani anche se, per contro, la dose assorbita ha una certa capacità di bioaccumulo.
Poiché l’escrezione avviene essenzialmente tramite il rene, la tossicità dell’alluminio è nettamente maggiore nei soggetti con funzionalità renale immatura o diminuita (bambini piccoli, anziani, nefropatici).
In ambito alimentare è usato per la realizzazione di imballaggi e recipienti destinati a venire in contatto con gli alimenti, come pentole, film per avvolgere, vaschette monouso, caffettiere.
Considerato che il rilascio di alluminio dai materiali a contatto è condizionato dalle modalità di uso e da altri fattori combinati, quali il tempo di conservazione, la temperatura e la composizione dell’alimento, la contaminazione del cibo per fenomeni di migrazione da utensili o imballaggi è la fonte più prevenibile.
Ma da cosa dipende il livello di migrazione quando l’alluminio si trova a contatto con il cibo?
Le analisi sperimentali ISS rafforzano i dati secondo cui sono determinanti, oltre al tipo di alimento posto a contatto con l’alluminio, anche i condimenti: quelli di tipo acido, come il succo di limone, aumentano i livelli di migrazione. Ma le variabili sono veramente numerose: tempo di contatto, temperatura, stato fisico dell’alimento e composizione. In particolare, l’alluminio migra in quantità più elevate in matrici acquose, acide o salate specialmente se a contatto per tempi prolungati e temperature elevate.
Lo stato fisico dell’alimento (solido o liquido) è determinante: nel caso di cibi liquidi vi è un maggiore interscambio tra la matrice liquida e la superficie solida dal contenitore. In cibi secchi come le spezie, privi di umidità e salinità, non vi è alcun livello di migrazione.
Non a caso la legge italiana attuale prescrive che siano presenti indicazioni precise in relazione agli usi consentiti; secondo il Decreto Ministeriale n°76, i MOCA realizzati in alluminio devono riportare in etichetta le seguenti istruzioni:
a) non idoneo al contatto con alimenti fortemente acidi o fortemente salati;
b) destinato al contatto con alimenti a temperature refrigerate;
c) destinato al contatto con alimenti a temperature non refrigerate per tempi non superiori alle 24 ore;
d) alimenti a basso potere estrattivo** possono essere conservati a temperatura ambiente anche per tempi superiori alle 24 ore.
**alimenti a basso potere estrattivo indicati nel decreto: Prodotti di cacao e cioccolato, Caffè, Spezie ed erbe infusionali, Zucchero, Cereali e prodotti derivati, Paste alimentari non fresche, Prodotti della panetteria, Legumi secchi e prodotti derivati, Frutta secca, Funghi secchi, Ortaggi essiccati, Prodotti della confetteria, Prodotti da forno fini a condizione che la farcitura non sia a diretto contatto con l’alluminio.
L’auspicio è che la recente valutazione espressa sul tema, accompagnata tra l’altro da una campagna informativa del Ministero della Salute, porti i consumatori ad un uso corretto e consapevole dell’alluminio.
Un materiale che di per sé non comporta danni alla salute, ma il cui utilizzo non corretto può essere rischioso.
Un’ulteriore opportunità risiede nel fatto che istruzioni circa l’uso corretto dei MOCA possano entrare a far parte dei manuali aziendali di corretta prassi igienica (sistema Haccp).
Esistono tuttavia situazioni in cui è necessario usare materiali diversi dall’alluminio (come riporta il Cnsa nel suo parere 2019) ed in particolare quelle già contemplate dal decreto italiano n°76: la cottura, la trasformazione e la conservazione di alimenti fortemente acidi o fortemente salati e più in generale il mantenimento di cibo a temperatura non refrigerate (o di congelamento) per tempi superiori alle 24 ore.
L’alluminio è infatti solubile sotto l’influenza di acidi o sale. Per questo motivo, i comuni imballaggi che troviamo sugli scaffali come lattine per bevande, coperchi per yogurt e contenitori in alluminio per il succo di frutta sono dotati di rivestimenti che impediscono il trasferimento di ioni di alluminio. Importante ricordare che un uso corretto dell’alluminio da parte di tutti, consumatori e operatori del settore alimentare, tutela la salute.
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Quindi, se non ho capito male, le famose capsule di caffè in alluminio, sono potenzialmente pericolose per la salute oltre che per l’ambiente?
No
Il tono generale del parere CNSA 2019 mi pare particolarmente improntato sulla prudenza e preoccupazione e sulla richiesta di nuovi studi e suggerisce anche
– l’uso di materiali alternativi o leghe, che minimizzino la cessione, sulla base di solide evidenze.
Vero è che il caffè non è tra le sostanze particolarmente estrattive di Alluminio ma l’acqua/vapore entra in contatto con il metallo seppure per un periodo temporale molto limitato.
Tutto bene ma in attesa di nuove evidenze.
Rileggendo per scrupolo il parere CNSA 2017 , devo dire che la mia vocina interiore mette in aspettativa il ” tutto bene” in attesa di ulteriori riscontri sulla sicurezza o meno del materiale ai limiti di legge attuali in tutti i campi di alimentazione e salute in cui viene impiegato.
Vorrei davvero conoscere quel ristorante o quella persona in cucina che non utilizzi l’alluminio sul fuoco per preparare ogni genere di pietanza, anche a lunga cottura?!
Senza considerare i prodotti più svariati venduti in lattina a lunghissima conservazione.
Ma di che stiamo parlando??
Non ci resta che incrociare le dita e si salvi chi può, altro che accortezza, in un tempo dove vorrei capire cosa sia rimasto di potenzialmente pericoloso per la salute!
In quel caso si usano pentole non pellicole, la questione è completamente diversa.
Articoli come questo vengono letti per intero da forse un decimo delle persone e capiti forse da un centesimo.
I restanti capiscono “DUNQUE L’ALLUMINIO FA MALE”, come dimostra il primo post, oppure “PERO’ CI NASCONDONO I RISCHI”, come dimostrano gli altri due.
Credo che dovreste chiudere (o meglio aprire) questo tipo di articoli con un excerpt in grassetto che chiarisca senza equivoci che “USATO CORRETTAMENTE L’ALLUMINIO NON COMPORTA RISCHI”, giusto per non creare involontari allarmismi, ce ne sono già troppi in rete in buona e soprattutto in mala fede.
Mauro
Il titolo è abbastanza chiaro e non certo allarmistico
Quindi voi dite che cuocere qualcosa senza condimenti in forno avvolto nella stagnola o nelle vaschette leggere è sicuro?
Dei tegami anodizzati o ricoperti se ne parlerà in seguito sempre ammesso che chi cucina in casa o in azienda abbia la cognizione esatta di cosa è un piccolo danno superficiale oppure una sbeccatura seria, e nel secondo caso proceda subito a comprare attrezzatura nuova.
Secondo i dati contenuti nello studio sperimentale dell’ISS, la cottura al cartoccio ha mostrato valori estremamente variabili in funzione dell’alimento coinvolto. Durante la cottura di patate al cartoccio la migrazione di alluminio è stata prossima allo zero, tuttavia nel caso di filetti di pesce i risultati hanno mostrato livelli di migrazione da circa 2 mg/Kg fino a circa 18 mg/Kg, in relazione alla lega di alluminio coinvolta (che di fatto il consumatore non può conoscere poichè non esiste vincolo legale di etichettatura per tale parametro). Sulla base di questi dati è suggeribile evitare di cuocere al cartoccio usando fogli di alluminio a contatto diretto.
Sono d’accordo con La Pira. E aggiungo che a mio parere Il Fatto Alimentare non è MAI inutilmente allarmista e soprattutto non fa giornalismo manipolatorio. Li seguo da anni. Leggete invece di sentenziare con superficialità.
Fanno un lavoro egregio.
Anch’io leggo il Fatto Alimentare e apprezzo moltissimo il taglio e il lavoro svolto. Ma onestamente questo articolo è ostico e circonvoluto, a mio parere sarebbe necessario aiutare un po’ di più i lettori con la sintesi dei concetti salienti.
Nell’articolo, in merito alla pericolosità dell’alluminio, non mi sembra sia citato che tra i farmaci più usati per l’acidità di stomaco si utilizzano quelli a base di idrossido di allumino, e in questi casi di alluminio se ne assume eccome!
Non sarebbero da mettere fuori commercio, se davvero l’alluminio è così pericoloso?
Per combattere l’acidità di stomaco basta un mezzo cucchiaino di innocuo ed economicissimo bicarbonato di sodio…
Quasi ovunque trovo scritto che l’assorbimento di alluminio può essere particolarmente dannoso per anziani , lattanti e ammalati ai reni.
In quanto appartenente alla prima delle categorie a rischio non credo di essere stato particolarmente allarmista , e ritengo che le notizie di questo stampo non siano abbastanza pubblicizzate perchè continuo a vedere in vendita da diverse parti preparati alimentari contenuti in vaschette o in involucri di alluminio da mettere in forno , e vedo nei supermercati scaffali pieni di contenitori di varie forme e grandezza intesi adatti per cucinare o riscaldare alimenti.
In quanto poi alla osservazione del sig.Roberto sull’antiacido è in effetti anche questo un altro caso veramente contradditorio ( su cui riflettere ), in cui si consente l’uso medicale dell’alluminio mentre invece si tende a vietare l’uso del metallo stesso per esempio nei cosmetici.
Scusate ma per quanto riguarda ristoranti e mense??
Quasi tutti usano pentole di alluminio, graffiate con stoviglie e raschiate con spugnette abrasive durante i lavaggi.
Al ristorante volendo si può non andare (o comunque andarci in modo saltuario), chi ha la mensa aziendale non la può evitare e ci mangia ogni giorno.
Per non parlare poi dei bimbi che fin dal nido mangiano quotidianamente in mensa… nel corso degli anni a quanto alluminio sono esposti?
Qualcuno ha studiato le migrazioni di alluminio nei cibi in questi contesti?
In condizioni “ideali” sicuramente una pentola nuova rispetta i limiti,
ma ci aspettiamo veramente che mense e ristoranti la sostituiscano non appena viene graffiata??