Il sesso, la volgarità, il cibo e le donne sono gli ingredienti usati per fare pubblicità dalle aziende prive di idee che vogliono catturare l’attenzione del pubblico. Queste imprese focalizzano l’attenzione su un fondoschiena femminile o su una scena a sfondo sessuale pur di colpire l’immaginazione dei consumatori.
La censura di Sisley
Il primo messaggio sul banco degli imputati è firmato dalla linea di abbigliamento per giovani Sisley del gruppo Benetton. In settembre su molti giornali femminili e anche sui manifesti stradali di diverse città è apparsa l’immagine di una donna sdraiata sul pavimento di un supermercato, con in bocca un cetriolo. Secondo l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, che ha censurato la fotografia e lo slogan in inglese “let it flow” (ovvero lascialo scorrere), risulta un evidente richiamo sessuale che lede la dignità della donna.
La decisione può sembrare moralistica ma non è così, perché si cerca solo di salvaguardare il rispetto della persona. Purtroppo in Italia non esiste una legge che vieta l’utilizzo di immagini che calpestano la dignità della donna per pubblicizzare un prodotto alimentare o un vestito. Le aziende possono fare quello che vogliono. Le poche intercettate anche se vengono censurate non subiscono grandi danni, visto che quando arriva la sentenza le campagne il più delle volte sono finite.
La censura dell’azienda vitivinicola
Il secondo messaggio sotto accusa è firmato dall’azienda vitivinicola Lepore, che in un manifesto affisso a Pescara, propone la sagoma di un corpo femminile con un calice di vino posizionato al posto delle mutande. La parola ‘Degustala’, seguita da un punto esclamativo non lascia molto spazio all’immaginazione. Secondo l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria il manifesto “si pone l’obiettivo di suscitare sconcerto e disorientamento per imprimere nella mente delle persone il marchio dell’azienda, strumentalizzando la sensibilità del pubblico e gettando discredito sulla comunicazione pubblicitaria.”
L’aspetto preoccupante della vicenda è che pochissimi giornali, siti e altri media hanno rilanciato la notizia della censura di Sisley, anche se la campagna ha interessato molte testate e i manifesti sono apparsi in diverse città.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.