Quasi un terzo dei prodotti alimentari venduti in Europa ha composizioni diverse di paese in paese, nonostante abbiano la stessa confezione o quasi. È quanto hanno scoperto gli esperti del Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea, che nel mese di giugno ha pubblicato le conclusioni dello studio sul cosiddetto doppio standard alimentare, cioè la presenza sul mercato comunitario dello stesso prodotto venduto con formulazioni diverse in Paesi differenti. Il problema era stato sollevato fin dal 2017 da Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca.
Lo studio sul doppio standard
Per scoprire se davvero esiste un doppio standard alimentare tra i paesi dell’Europa occidentale e orientale, il JRC ha chiesto agli stati membri di raccogliere le informazioni nutrizionali, la lista degli ingredienti e una fotografia della confezione di 150 prodotti. Dei 28 paesi dell’Unione, hanno risposto in 19, inviando i dati relativi a 128 prodotti – 113 di grandi marchi e 15 delle private label – per un totale di 1.380 confezioni esaminate.
I prodotti esaminati si distribuiscono per lo più in tre grandi gruppi: quelli con composizione identica in tutta Europa, gli alimenti con caratteristiche diverse ma venduti con confezioni uguali o simili e quelli con composizione diversa e packaging differente. La buona notizia è che un prodotto su tre (il 33%) ha la stessa composizione in tutta Europa, anche se magari cambia il packaging. Il 27%, invece, ha una formulazione diversa, ma anche una confezione differente, ad indicare esplicitamente che non si tratta dello stesso identico prodotto.
Coinvolto un terzo dei prodotti
La nota dolente è che il 31% degli alimenti venduti in Europa ha una composizione diversa ma un packaging identico (9%) oppure molto simile (22%). Ciò non significa necessariamente che i prodotti con diversa formulazione abbiano una qualità peggiore, come sostengono i paesi che hanno denunciato il fenomeno del doppio standard alimentare. Tuttavia c’è il rischio che questo comportamento possa trarre in inganno i consumatori europei che si spostano da un paese all’altro, facendo pensare che si tratti dello stesso identico alimento, quando non è così.
Le giustificazioni delle aziende possono essere le più disparate, dai gusti locali alle esigenze di impianti di produzione diversi. Per esempio, Danone ha affermato che le differenze di composizione riscontrate nella bevanda alla soia Alpro (che ha la stessa confezione in tutta Europa), sono dovute a una riformulazione in corso al momento dello studio: quindi in alcuni Paesi era ancora in commercio la vecchia ricetta, mentre in altri si trovava già quella nuova.
Il caso Coca-Cola
Anche la Coca-Cola non è esattamente identica in tutti i Paesi: in Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Slovenia e Slovacchia la bibita è prodotta con sciroppo di fruttosio-glucosio, invece che con il classico zucchero da tavola. La ragione? L’approvvigionamento locale degli ingredienti. Anche la Fanta varia – e di molto – nonostante il packaging sia sempre lo stesso. Solo le bottiglie vendute in Italia, Francia e Spagna hanno come secondo ingrediente (il primo è sempre l’acqua) il succo d’arancia da concentrato, nel resto d’Europa in seconda posizione si trovano lo zucchero o lo sciroppo di fruttosio-glucosio. Questa volta, però, Coca-Cola si giustifica con la volontà di assecondare i gusti locali.
Doppio standard anche tra yogurt e gelati
Uno dei casi più eclatanti è quello dello yogurt Activia alla fragola della Danone, la cui composizione cambia drasticamente di Paese in Paese. Solo in Italia il prodotto è realizzato esclusivamente con latte, fragole, zucchero e fermenti lattici, mentre nel resto d’Europa i vasetti contengono anche ingredienti come latte in polvere, proteine del latte, coloranti, addensanti e aromi. Fino ad arrivare al caso estremo della Grecia, dove nello yogurt non c’è traccia di latte fresco, ma solo di latte in polvere!
Anche il Cornetto Algida non è lo stesso in tutto il continente, nonostante confezioni identiche o quasi. Il motivo è semplice: Unilever ha introdotto in alcuni Paesi nuove formulazioni speciali per “intensificare l’esperienza dei consumatori”. Una strategia che sfortunatamente si è rivelata fallimentare, quindi l’azienda ha deciso che tornerà a offrire una sola ricetta per tutta Europa. L’unica eccezione sarà l’Italia, dove il Cornetto continuerà ad avere la stessa formulazione appositamente studiata per il nostro paese (e lo indicherà in etichetta).
Questo studio, probabilmente, non aiuterà spazzare via i dubbi sull’esistenza o meno del doppio standard alimentare, ma di sicuro ha confermato che alcuni prodotti offrono ai consumatori sempre lo stesso gusto, aroma e consistenza ovunque si comprino. Come la Nutella Ferrero, il ketchup e la maionese Heinz, ma anche la cioccolata Milka, i biscotti Oreo, la passata di pomodoro Mutti e le patatine Pringles.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Il doppio standard è un problema riscontrabile anche nello stesso Paese, non soltanto in Paesi differenti. A titolo esemplificativo, attraverso canali di approvvigionamento come solostocks.it, differenti grossisti acquistano e rivendono coca cola, energy drink o altri alimenti che di solito raggiungono negozi etnici ma che non è raro trovare anche in esercizi italiani, ri-etichettati o meno. A parte il requisito linguistico, uno dei problemi, ad esempio di fronte ad una lattina di Monster, (energy drink), concepito per il mercato polacco, può essere anche la formulazione? Spesso i grossisti non dispongono nemmeno di sufficienti competenze linguistiche per procedere ad una fedele traduzione (ingredienti e dichiarazione nutrizionale).