Il 2012 è iniziato con un’ondata di sequestri in Ciociaria, dopo la segnalazione di alcuni casi di mozzarella blu da parte di consumatori che avevano acquistato i formaggi in alcuni supermercati della zona. E di nuovo è tornato l’allarme, anche se – come gli esperti si affannano a sottolineare fin dai primi “incidenti” del 2010, la pigmentazione blu non indica la presenza di batteri pericolosi.
Il colore è infatti dato da batteri del genere Pseudomonas fluorescens e segnala un decadimento qualitativo del prodotto che, perciò, deve essere ritirato dagli scaffali a causa dell’insufficiente attenzione delle condizioni igieniche-microbiologiche.
Ma quali sono le caratteristiche del batterio? Ce lo spiega Giorgio Varisco, direttore sanitario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna di Brescia. Dove, dal 2010 a oggi, sono stati effettuati circa 200 controlli su campioni sospetti. «Lo Pseudomonas Fluorescens è un batterio largamente diffuso in natura, in particolare nel suolo, nelle acque superficiali e nella vegetazione. Condivide con le altre decine di specie della famiglia Pseudomonas la capacità di adattarsi bene a varie situazioni ambientali e solo quando si trova in determinate condizioni può – o meglio, alcune delle specie note possono – produrre pigmenti che causano colorazioni anomale nei cibi.
Tra gli “alimenti-veicolo” del microrganismo ci sono l’acqua, il latte, i vegetali e la carne, ma in realtà lo si trova un po’ dappertutto: non può essere pertanto considerato un patogeno “nuovo” o “emergente”, ossia che dà origine a contaminazioni che in precedenza non si sono mai verificate o in matrici che non venivano considerate a rischio per quel determinato microrganismo».
Il responsabile del poco gradito colore blu non è dunque un soggetto sconosciuto; al contrario, è molto noto e si sa anche che non ha conseguenze sulla salute: causa solamente alterazioni dal punto di vista organolettico negli alimenti e strane colorazioni rendendo il cibo inutilizzabile. Ma se lo Pseudomonas è ubiquitario e si trova in molti alimenti, come mai si sono registrati tanti casi in diverse regioni italiane proprio nelle mozzarelle?
Spiega Varisco: «In realtà il problema è stato rilevato anche su altri formaggi sia a pasta filata che di altra tipologia, e più in generale può riguardare anche carne, pesce, vegetali. Non tutti i ceppi di Pseudomonas fluorescens sono però pigmentanti: perciò questi batteri possono essere presenti anche in concentrazioni elevate senza che ci sia alterazione nel colore del cibo.
Per quanto riguarda la filiera del latte, lo Pseudomonas può entrare quando la materie prima utilizzata (latte o semilavorati caseari) è contaminata, oppure attraverso le acque utilizzate nel processo industriale durante le fasi di raffreddamento/rassodamento del prodotto o nella preparazione dei liquidi di governo, o, ancora, in seguito alla contaminazione dei locali di lavorazione. Il microrganismo è in grado di formare un sottilissimo strato di biofilm sulle superficie e sopporta bene anche le basse temperature, con le quali è comunque in grado di moltiplicarsi».
Come spesso accade quando scoppia una crisi come quella della mozzarella blu in Germania e poi in Italia, si è preso spunto dallo scandalo per approfondire le relazioni e le interazioni della coppia Pseudomonas/mozzarella. «Il nostro istituto, continua Varisco, ha verificato se le Pseudomonas isolate nei campioni di mozzarella colorata avevano la stessa origine o se si trattava di episodi isolati. Gli studi eseguiti hanno dimostrato che esisteva una sorta di correlazione geografica, per cui gli episodi riscontrati in una determinata zona erano causati da microrganismi simili. Non si è riscontrato alcun collegamento fra gli episodi di colorazione avvenuti in località distanti fra loro».
Le conclusioni che si possono trarre dalla vicenda è che le contaminazioni sono occasionali, che l’origine è ancora incerta, che non ci sono pericoli per l’organismo e che si possono ripresentare dei casi. Non è quindi il caso di creare allarmismi inutili, ma è opportuno esaminare i vari episodi e approfondire gli studi per contribuire ad aumentare la sicurezza.
Agnese Codignola
foto: www.cittadisora.it; www.cn24.tv; Photos.com
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Giornalista scientifica
Io ho personalmento analizzato molta acqua di lavaggio delle mozzarelle e sono sempre piene di batteri di diverse specie, molte pseudomonadacae.
Non mi soprende affatto che possa, in alcuni casi, formarsi colonie produttrici di cianine.
Presto sentiremo parlare anche di mozzarelle rosse, per contaminazione di alcuni lieviti.
Saluti