Leggere l’etichetta degli alimenti è sempre molto importante: qui troviamo l’elenco degli ingredienti, le informazioni nutrizionali, quelle relative alla presenza di allergeni e all’origine delle materie prime. Poi ci sono scritte specifiche sulla presenza di glutine, lattosio, grassi saturi o altre sostanze che destano particolare interesse per la salute.
Sulle confezioni, oltre alle informazioni obbligatorie, si può anche raccontare una storia, come accade per la Pasta della Contessa, prodotto premium a marchio “di Canossa”. Trafilata al bronzo ed essiccata a bassa temperatura, questa pasta è prodotta in provincia di Ferrara, con semolato di grano duro coltivato nello stesso territorio.
L’etichetta racconta la filiera della pasta a partire dalla semina del grano alla produzione, fasi che sono seguite dalla stessa azienda, con la sola eccezione della macinatura, di cui si occupa un mulino di fiducia. In questo caso la semina ha avuto luogo fra il 26 ottobre e il 3 novembre 2017, il grano è spuntato e cresciuto nell’autunno inverno 2017/18, ha iniziato la spigatura nel maggio 2018 e la trebbiatura è avvenuta a fine giugno. È stato macinato l’8 aprile 2019 e dopo 10 giorni è stato usato per produrre la pasta.
Il fatto che il grano sia italiano non è per forza un indice di qualità (leggi approfondimento) però la trasparenza è sempre un valore, soprattutto se associata a scelte di qualità
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Il grano italiano ha performance scarse nella produzione della pasta secca.
Possono anche scriverci i nomi dei singoli chicchi di grano, la sostanza non cambia.
Veramente non generalizzare, la Voiello è la Molisana, con grano italiano, sono tra le migliori tra le paste industriali. A parità di qualità con una De Cecco, non vedo perché non comprare pasta da coltivazione italiana
🙂
Aggiungo che ben venga la trasparenza, ma il troppo è troppo.. Ora prima di comprare un pacco di pasta dovrei non solo leggere composizione e contenuto di nutrienti, ma pure la storia? Qui se ne esce pazzi (poi uno si ammala di ortoressia, vedi vostro articolo di giorni fa: per forza! Allora aggiungiamo una cosa: il nostro organismo ha margini di “tolleranza”, non è che se uno non segue una dieta salutissima rischia di crepare. Il danno lo fanno eccessi eccessivi e costanti, e comunque sia nessuno per ora è immortale: prima o poi…).
Infine, mi viene da pensare quanto costerà questa pasta.. Immagino
Per Antonino
Per la verità il problema adesso è “perché non comprare pasta con grano estero”… Perché il messaggio che ci viene passato adesso dal marketing è che l’italiano è migliore. In realtà in Italia non c’è produzione sufficiente, quindi per forza abbiamo pasta con grano non italiano. E va benissimo lo stesso, il Gliphosato non c’è nemmeno in quella…
Gentile Osvaldo,
non l’abbiamo vista come una raccomandazione, ma piuttosto una curiosità. In un caso in cui la stessa azienda segue il processo produttivo dalla semina del grano alla produzione della pasta, ci sembrava interessante l’idea di raccontare questa storia in etichetta. Per quanto riguarda il prezzo, è decisamente più alto della concorrenza: sul sito è venduta a circa 6 €/kg.
Qualsiasi cosa uno scriva, oggigiorno, innesca una polemica; a parte ciò ritengo che così come è ovvio che a me interessi poco quando è stato raccolto il grano, è importante che un’azienda dimostri, nero su bianco, che essere trasparenti, sino ad “esegerare”, è fattibile. E dato che la serietà non la compri al supermercato, va da sè che la trasparenza paga.
Premetto che avevo capito benissimo il senso dell’articolo. Per Paoloblog, preciso che non sono sicuro di avere capito il suo pensiero. Comunque sia, è ovvio che un grande produttore non potrà mai avere questo tipo di trasparenza. E meglio così, perché io così al supermercato compro della eccellente pasta a 2-2,5 euro, e amen per tutte quelle bufale tipo superfood compresi i “magici grani antichi” che un Senatore Cappelli del 1923 o un Abbondanza addirittura creato nel 1950.. che ci sarà di antico… la gente pensa che risalgono al Fiorino… ma invece è l’euro quello a cui puntano, quello che ci fanno pagare.
Peraltro riporto una esperienza assolutamente personale. Sono un gran consumatore di pizze fresche. Ad un certo punto nel Super dove le prendo hanno reso noto che iniziavano ad usare grano solo italiano. Mah, proprio allora secondo me sono peggiorate (ma può essere anche solo un problema di gusti, c’è chi adora il piccante e chi no, chi vuole la pizza alta e chi quella bassa, i gusti sono gusti, figurarsi che a me il vino non piace)
Buongiorno a tutti.
Penso che oggi il problema intrinseco del prodotto è mascherato dalla miriade di informazioni che si trovano sulle confezioni e, spesso accade che uno si perde a leggere quanto in bella vista che poi non ha il tempo di leggere ed esaminare l’elenco degli ingredienti, che sono la base fondamentale di quanto contenuto nella confezione stessa. Infatti le indicazioni obbligatorie dovrebbero avere maggiore spazio di quelle facoltative, purtroppo così non è, quindi ci troviamo sempre a disquisire su cose di poca rilevanza sia dal punto di vista della qualità sia da quello della sicurezza alimentare.