Quanto ne sappiamo dell’impronta ambientale, cioè delle risorse consumate dal cibo che mangiamo? E se ne sapessimo di più, compiremmo scelte più razionali dal punto di vista della salute del pianeta? Le risposte a queste due domande sono, rispettivamente, 1) pochissimo e con una generale tendenza alla grave sottovalutazione e 2) certamente. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature Climate Change dai ricercatori dell’Università di Sidney e della Duke University di Durham (North Carolina) che, per la prima volta, hanno provato a verificare il livello di consapevolezza dei consumatori e l’efficacia di una corretta informazione. Il risultato è stato forse quello che poteva essere più prevedibile, ma ha rivelato anche aspetti meno scontati e molto utili per un’eventuale programmazione di interventi di salute pubblica e per la tutela dell’ambiente.
Per raccogliere i dati, gli autori hanno selezionato mille consumatori e hanno chiesto di esprimere un’opinione relativa alle emissioni di gas serra su 19 alimenti e 18 strumenti elettrici. I ricercatori hanno così scoperto che c’è una grave sottostima delle emissioni associate alla produzione di cibo, che rappresenta – solo per quanto riguarda i bovini e gli ovini – il 18- 19% del totale.
Per capire quanta ignoranza ci sia sul tema, i ricercatori hanno poi chiesto quale sia la differenza, in termini di impronta ambientale, tra una zuppa vegetale e una di manzo (che è superiore di dieci volte). La maggior parte degli intervistati ha risposto “non molta”, anche quando dichiarava di voler fare qualcosa di concreto per ridurre le conseguenze ambientali della propria alimentazione. Pochissimi dei partecipanti hanno affermato di voler diminuire il consumo di manzo, per contribuire allo sforzo globale.
Nella seconda fase gli autori hanno voluto verificare se l’aggiunta, sulla confezione delle zuppe, di un’etichetta specifica sull’impronta di CO2, espressa con cinque stelle, contribuisse o meno a modificare i comportamenti e in generale il livello di consapevolezza. La prova ha dimostrato che i consumatori comprano meno zuppe di manzo e più prodotti vegetali quando sono informati.
Chiara la conclusione: un intervento (apparentemente) semplice come questo potrebbe dare un grande contributo alla modifica dei comportamenti individuali, che sono poi l’unica vera leva che può cambiare le abitudini, la cultura alimentare e, di conseguenza, le scelte dei cibi e l’impronta a essi associata.
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista scientifica