A che cosa si deve il successo del farro, sempre più presente nei prodotti venduti al supermercato e anche nelle pasticcerie? Che cos’ha di così speciale? Il blogger Günther Karl Fuchs risponde alla curiosità di una lettrice su Papille Vagabonde con un articolo ricco di notizie che vi proponiamo.
Qualche anno fa avevo anticipato che ci sarebbe stato un ritorno ai cereali antichi. Questo sguardo verso il passato ha fatto scoprire a molti il farro, che ha una storia in Italia legata al territorio e alla caparbietà di alcuni contadini di mantenere viva una grande e vecchia tradizione.
Quando si parla di farro bisogna distinguere tre principali (che fanno parte del genere Triticum come grano duro e grano tenero):
Farro piccolo o farro monococco (Triticum monococcum), chiamato anche Grano di Einkorn
Farro piccolo o farro monococco (Triticum monococcum), chiamato anche Grano di Einkorn
Farro medio o farro dicocco o semplicemente farro (Triticum dicoccum), chiamato anche Farro Italiano
Farro grande o farro spelta o semplicemente spelta (Triticum spelta), chiamato anche Grano dei Galli
Si tratta di uno dei primi cereali coltivati dall’uomo. La sua massima diffusione è stato nel Medioevo, con alterne fortune fino all’800 quando nuove varietà di grano, orzo e avena, grazie a una maggiore resa, ne sostituiscono la coltivazione. Tutt’oggi se il grano tenero rende dai 25-90 quintali/ettaro e 15-50 quintali/ettaro per il grano duro, il farro ha una resa più modesta tra i 20 e i 30 quintali/ettaro. Molti contadini hanno continuato a coltivarlo per tradizione nell’Italia Centrale (Toscana, Molise, Umbria).
In Italia la riscoperta del farro segue il movimenti hippies degli anni ’60 e ’70, dove della piccole comunità occupano paesi abbandonati in centro Italia, ricercando un ritorno a una vita più vicino alla natura che porterà alla riscoperta di un’agricoltura non intensiva e delle antiche varietà coltivate localmente di frutta, verdura e cereali. Negli anni ’80 sarà la cultura dei prodotti da agricoltura biologica ad ampliare e valorizzare il mercato del farro, un trend che prosegue ancora oggi e che garantisce un prezzo più alto che rende conveniente la sua coltivazione di bassa resa.
Perché si è cosi tanto diffuso l’utilizzo del farro e in particolare del farro italiano?
1) Il farro vanta un genoma non modificato. Una pianta che cresce in terreni poveri resistente al freddo e alla siccità.
2) La maggior parte del farro in commercio arriva da coltivazione biologica, una pianta forte che non necessita di un massiccio intervento di trattamenti.
3) Origine e provenienza Italiana, Toscana (Farro della Garfagnana IGP), Lazio (Rieti), Umbria (Val Nerina, Val Corneo), Molise, Marche, rassicura il consumatore rispetto a un cereale che arriva dall’Ucraina, Australia, Canada.
4) Molto facile da adoperare in cucina al posto della farina di grano alla quale siamo più abituati. È bianca lo stesso, mentre altre farine di cereali necessitano di una maggiore conoscenza ed esperienza per sostituire la farina bianca 00. Si possono fare pane, biscotti, focacce, dolci.
5) Il gusto è molto piacevole. Ad alcuni ricorda la nocciola con una qualche nota di sapore di miele, il pane in modo particolare assume un bel colore dorato.
6) Alimenti ad alto valore nutrizionale, lo abbiamo visto nel post precedente la considerazione che viene data ad alcuni nutrienti rispetto ad altri da consumatori ed esperti del settore, il farro si adatta perfettamente dato l’alto tenore di proteine, fibre e sali minerali come il magnesio rispetto ad altri cereali.
7) Il farro contiene glutine, ma molto meno del grano, tanto che persone sensibili al glutine non hanno alcun problema con il farro. La sensibilità al glutine è soggettiva, è un dato interessante ma che non può essere generalizzato.
8) Alto indice di sazietà. Secondo alcuni ricercatori grazie al fatto che assorbe molta acqua durante la cottura ha un alto indice di sazietà
9) Un basso indice glicemico, il farro in particolare il farro dicoccum, che si adatta ad un alimentazione per coloro che praticano attività sportiva ma anche coloro che devono affrontare una dieta ipocalorica (è il cereale meno calorico)
10) La storia ha un suo fascino. Sapere di potere mangiare un alimento che ha attraversato la storia, ha un suo forte “appeal”. Sono stato al Festival del Medioevo a Gubbio e molte ricette avevano protagonista proprio il farro, questa crea un legame con la storia ma anche con il territorio e la tradizione gastronomica, un aspetto che non deve essere sottovalutato.
La sua diffusione è stata anche ampliata dai social media, in particolare da molti blogger che utilizzano più cereali per le loro preparazioni in cucina. Questo ha stimolato molte più persone sia a utilizzare le farine di farro per preparare pane e pasticceria, sia a replicare ricette con il farro protagonista in cucina.
In genere troviamo in vendita al supermercato il farro perlato o il farro decorticato. Dal punto di vista nutrizionale in teoria meglio quello decorticato più ricco di fibre e sali minerali ma necessita d’essere messo in ammollo per almeno sette/otto ore, tuttavia rimane un buona scelta anche il farro perlato e precotto, che non richiede ammollo e ha tempi di cottura più rapidi.
Più che insistere sull’aspetto nutrizionale, mi soffermerei sull’aspetto della coltivazione, in un contesto di cambiamento climatico e inaridimento dei suoli, si è tornati a coltivare varietà di cereali maggiormente resistenti a fattori esterni. Questo è l’aspetto più interessante della diffusione del farro negli ultimi anni. Il consumatore scopre il farro, perché si adatta ad un’alimentazione moderna, con più attenzione su alcuni aspetti della salute ed esprime la scelta di un prodotto che garantisce una tradizione, una sicurezza, un controllo e una tracciabilità.
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Lode al Farro, ma aggiustiamo il tiro….
-Genoma modificato? Ha fatto tutto Mamma Natura e l’uomo antico (anzi probabilmente la donna, l’uomo era ancora a correre dietro ai Mammuth) hanno osservato e moltiplicato. L’unico genoma originale semplice (diciamo così) è quello del Monococco (appunto Einkorn, non “di”). Poi l’intero corredo cromosomico si è raddoppiato spontaneamente con l’ingresso di altra specie e straordinariamente è rimasto fertile originando una nuova specie e tale “favorevole” modifica OGM è stata colta da qualche neolitica in gamba e fissata con sicuro progresso dell’umanità: era nato il Dicocco (appunto “raddoppiato”).
L’osservazione delle mutazioni favorevoli porta ad individuare altri “mostri” genetici: addirittura il genoma spontaneamente si quadruplica e soprattutto la granella non rimane più vestita ma “nuda” quindi più facilmente lavorabile: sono nati i DURI tetrapoidi, dai primi turanici o Khorasan che sopravvivono con fantasioso sfruttamento commerciale al grande protagonista della pasta, l’attualissimo e fantastico grano duro , Re del mediterraneo e nostro principe della tavola, malgrado le bufale tragicomiche contro.
Lo adottano già gli antichi Romani e presto si diffonderà per tutto l’Impero, sostituendo di fatto il farro dicocco.
Meno rustico ma più produttivo del farro necessitava (e necessita) di un’agricoltura più razionale, strutturata e organizzata (I Romani avevano già le mietitrebbie!) e quindi di una organizzazione dello Stato e del suo territorio. Ma il prodotto è migliore e il farro pian piano declina
Non a caso quando grazie al clerico-barbaresimo l’organizzazione statale crolla e le campagne sono allo sbando riprende il farro (ma cmq il raddoppiato dicocco, il monococco sopravvive a malapena) più rustico e meno esigente: eccolo IL MEDIOEVO tanto amato!
Già nel Rinascimento con la ripresa del controllo del territorio si ridiffonde e prende il sopravvento totale il Duro al Sud resistente a siccità e il Tenero (addirittura genoma triplicato, ahia aahiai! ) più produttivo ma ancor più esigente in acqua e fertilità. I Farri “resistono” non a caso negli ambienti più difficili come Garfagnana, Leonessa, Molise….
Ecco molto frettolosamente questa la Storia VERA….della decrescita felige (???)
Un cordiale saluto, lascio perdere le convinzioni non comprovate da nessun riferimento e le storie che si autocertificano vere. Aggiungerei che è piacevole mangiare chicchi di cereali, serve sapere che gli istituti di ricerca del Tavoliere spacciano per farro incroci con altri cereali, tipo il “Padre Pio” (non c’è religione), che il farro si coltiva benissimo ovunque (in Maremma ad esempio non solo in Garfagnana), che essendo le tre specie di farro caratterizzate da “popolazioni” e non da varietà non hanno consentito all’indusrtria sementiera di appropriarsi (a danno degli agricoltori) di una risorsa fitogenetica così importante e che alimentarsi con cereali antichi trova un supporto scientifico nell’alimentazione equilibrata che l’intero pianeta invoca a causa dell’obesità e del diabete dilaganti, I migliori studi sembrano essere quelli indiani che davanti alla salute non accettano nessun copyright invocato da tante multinazionali.
La Storia genetica, antropologica e sociale dei Cereali è presente in ogni buon libro di Agronomia.
Basta volerla (e saperla) leggere con tanto di citazioni e studi multidisciplinari.
Le fantasie ideologiche sono invece”convinzioni” personali non dedotte da nessuno studio di nessuna disciplina.
Ottimo, genuino, salutare il farro (e soprattutto “comodo” visto che si può preparare e dura una settimana in frigo solo in attesa di diversi e veloci condimenti).
Ma la sua Storia (e preistoria) è stata quella, non c’è nulla da vergognarsi ad esser stati “poveri” e protagonisti medioevali. Basta saperlo e soprattutto non mistificare e demonizzare le conquiste dell’umanità che hanno decuplicato il benessere e la longevità per miliardi di individui per una improvvida nostalgia di quello “splendido” medioevo…
Una sola domanda, riferita al punto 3: ma siamo così sicuri che una produzione italiana sia più rassicurante, viste le tante, troppe frodi che si verificano in Italia, in tutti i campi, non solo nell’agricoltura?