“Veleni in paradiso” e “Pesticidi siamo alla frutta”, i docufilm di Andrea Tomasi sull’abuso della chimica nella coltivazione delle mele
“Veleni in paradiso” e “Pesticidi siamo alla frutta”, i docufilm di Andrea Tomasi sull’abuso della chimica nella coltivazione delle mele
Elena Mattioli 2 Novembre 2018Andrea Tomasi, nel docufilm ‘Veleni in paradiso’, visibile integralmente su internet, parla del traffico di rifiuti pericolosi e dell’utilizzo di pesticidi nella coltivazione intensiva delle mele in Trentino Alto Adige e delle gravi ripercussioni su ambiente e salute provocate dall’assorbimento di sostanze tossiche attraverso l’aria, l’acqua e il cibo inquinato. I riflettori sono puntati sui vuoti normativi e sulle contraddizioni del sistema. “I controlli di legge verificano solo i livelli delle singole sostanze – spiega Roberto Cappelletti, di Isde, Medici per l’ambiente, intervistato dagli autori – ma nei campi le mele vengono sottoposte a più di 30 trattamenti con pesticidi e fitofarmaci”.
Nella bibliografia scientifica ci sono molte ricerche sugli effetti dei singoli pesticidi sulla salute, che hanno portato a definire dei limiti massimi di presenza nella frutta e nei prodotti alimentari. Ci sono però anche ricerche interessanti (e nel documentario se ne parla) sugli effetti tossici che il mix di pesticidi utilizzati in campo potrebbero avere sulla salute dell’uomo. In Francia e Usa hanno pubblicato lavori sulle malattie prodotte da questo mix.
Il percorso di presa di coscienza che si inizia guardando questo primo documentario è estremamente istruttivo e prosegue nel nuovo lavoro di Tomasi dal titolo “Pesticidi, siamo alla frutta“, in cui dal Trentino delle mele si arriva a Roma, passando per molte parti d’Italia. Questa secondo inchiesta, infatti, si occupa degli effetti dei pesticidi su salute e ambiente racconta dell’esito delle analisi sulle urine e sul sangue di un gruppo di abitanti della Val di Non, realizzate nella capitale. Qui i Medici per l’Ambiente hanno dimostrato in laboratorio la presenza di fitofarmaci in un campione di donne in gravidanza. Un fatto grave tenuto conto che queste sostanze sono particolarmente nocive per il feto in crescita.
Stiamo facendo compagnia a Biancaneve, come suggerisce il sottotitolo, mangiando mele “trattate”, anche se tutto risulta comunque a norma di legge. Il problema però va ben oltre, perché i veleni usati dall’uomo sono finiti ormai ovunque e si trovano perfino sui ghiacciai, nel corpo degli orsi e nei favi di cera delle api. Vengono inoltre presentati i dati dell’Ispra: attraverso schede che mostrano quanti pesticidi si utilizzano regione per regione si compie un “Giro d’Italia” del tutto particolare. “Pesticidi siamo alla frutta” viene proiettato con ingresso gratuito in giro per l’Italia nei cinema o nelle sale conferenze durante eventi dedicati, per creare consapevolezza e focalizzare il problema. Per chi vuole vederlo, il calendario aggiornato è disponibile sulla omonima pagina Facebook.
Gli effetti della presenza dei pesticidi e di altri inquinanti ambientali stanno lentamente emergendo anche grazie ai lavori di denuncia di Tomasi, realizzati in collaborazione con Leonardo Fabbri. L’Italia può e deve fare di più. Alcuni segnali interessanti ci sono. Molti cittadini si sono riuniti in gruppo per denunciare gravi episodi di illegalità legati all’inquinamento ambientale, come ha fatto il ‘Comitato 26 gennaio‘ in Trentino. Altri hanno deliberato a livello comunale di eliminare progressivamente l’uso dei pesticidi dal territorio, come è stato fatto a Malles, in Val Venosta. Iniziative innovative di singole realtà come queste stanno suscitando interesse anche in altre regioni e all’estero.
Riguardo Malles, mi risulta (cercare sul web) che il regolamento di divieto sia stato adottato nel 2017, ma a giugno 2018 il TAR lo ha sospeso (su ricorso ovvio). La questione è quindi in divenire.
Mi ritengo piuttosto esperto del settore, dubito che si possano coltivare mele col sistema intensivo della Val di Non senza utilizzare pesticidi.
A proposito, ricordo che i prodotti più avanzati (in genere più selettivi, che si degradano prima, che si usano non a cadenza fissa ma previo rilevamento del parassita) sono in genere organici, quindi per loro natura si degradano. Cosa che non avviene per i prodotti non di sintesi, quali rame e zolfo, permessi in agricoltura biologica. Ci sarebbero delle domande da farsi al riguardo dell’inquinamento dei terreni (infatti mi risulta che la UE forse diminuirà le quantità ammesse).
Dire organico non vuole dire altro che contenente carbonio. Non vuole dire nulla sulla tossicità o sua degradabilita, il DDT è un insetticida organico. Il rame (entro limiti relativamente ristretti) e lo zolfo (entro limiti molto più ampi) sono utilizzati dalle piante per svolgere i processi metabolici.
Bravissima Elena, il Toscana abbiamo fatto ricorso al TAR contro l’arrogante autorizzazione della Giunta Regionale di usare pesticidi “organici” a ridosso di sorgenti e pozzi per uso potabile, Mentre gli esperti continueranno ad avvantaggiare vivaismo e frutticoltura industriale la gente muore, i bambini si ammalano di cancro e l’ambiente è sempre più inquinato. per fortuna c’è chi non si arrende, Osvaldo è convinto di sfamare qualcuno che non sia iil solito “padrone” con le sue mele avvelenate?
Il trattamento maggiormente utilizzato nella coltivazione delle mele è quello contro la “ticchiolatura”, dovuta al fungo Venturia inaequalis. Tra il 2002 e il 2003, a Bologna, Silviero Sansavini e Stefano Tartarini misero a punto una varietà di melo resistente alla ticchiolatura. Era un OGM dove si utilizzava un gene preso da una varietà di melo selvatico che rendeva la pianta immune dalla malattia. Tutto ciò fu messo a punto in un laboratorio pubblico, cioè l’Università, ed il sistema non fu nemmeno brevettato, per evitare possibili speculazioni. Si badi bene, si innestava un gene proveniente dalla stessa specie, cioè da melo a melo, non il gene di un’anguilla o di un insetto. Si è calcolato che con questo tipo di melo si potrebbero evitare tra i dieci e i venti trattamenti (a seconda delle condizioni meteorologiche). Ma non è possibile, perché è vietato utilizzarlo, trattandosi di OGM, e quindi avanti con i trattamenti chimici! Dire che la scelta è autolesionista mi sembra poco: se questo commento verrà pubblicato, ci saranno sicuramente delle proteste. Ma chiedete a qualsiasi scienziato, e vi risponderà che queste proteste, soprattutto in questo caso, nascono da una profonda ignoranza scientifica. Inoltre, questa varietà di melo è utilizzato in diversi paesi esteri. Quindi da noi si è studiato, si sono spesi quattrini, si è ottenuto il risultato sperato, ma non si può utilizzare e sono altri che ne traggono vantaggio. E l’autolesionismo è sempre più evidente.
Gli Organismi Geneticamente Modificati, secondo Wikipedia, vengono spesso indicati come “organismi transgenici”: i due termini non sono sinonimi in quanto il termine transgenesi si riferisce all’inserimento, nel genoma di un dato organismo, di geni provenienti da un organismo di specie diversa. Sono invece definiti OGM anche quegli organismi che risultano da modificazioni che non prevedono l’inserimento di alcun gene (es. sono OGM anche gli organismi dal cui genoma sono stati tolti dei geni), così come gli organismi in cui il materiale genetico inserito proviene da un organismo “donatore” della stessa specie. In questo secondo caso alcuni studiosi parlano di organismi “cisgenici”