Miti, bufale, leggende: in ambito alimentare, sono ancora tante le convinzioni in voga pur senza il supporto di evidenze scientifiche. ISSalute, sito sviluppato e gestito dall’Istituto Superiore di Sanità, propone la nuova sezione “Falsi miti e bufale” che, in modo chiaro e sintetico, cerca di sfatare alcune opinioni scorrette sull’alimentazione, dettate da convinzioni frutto di un “sentito dire” o di un’opinione collettiva che riflette l’ultima moda. Purtroppo molti di questi miti sono attuali e difficili da estirpare. Ecco un panorama su quelli più comuni.

Il Kamut®. Non è il nome di una specie vegetale, ma è un marchio registrato americano della varietà di grano khorasan (triticum turanicum). Tutti possono coltivare il khorasan, ma solo l’azienda proprietaria del marchio può commercializzarlo col nome Kamut®. In Italia esistono già varie aziende che vendono prodotti ottenuti con questo grano, che sono facilmente riconoscibili perché sull’etichetta compare il nome khorasan; oppure vi è l’alternativa della saragolla, un tipo di grano duro molto simile, coltivato tra Lucania, Sannio e Abruzzo.
L’altro mito da sfatare è quello sull’origine: il khorasan non è originario dell’antico Egitto, ma è considerato antico perché non ha subìto la selezione genetica realizzata a metà Novecento per migliorare la produttività; inoltre, si caratterizza per l’elevato contenuto di proteine, ma come tutto il grano contiene glutine ed è quindi vietato ai celiaci.

L’acqua del rubinetto. Questa volta il discorso non riguarda l’acqua del rubinetto come alternativa all’acqua in bottiglia e all’invasione della plastica, ma si parla di calcoli. È ancora diffuso il timore che i sali di calcio e il magnesio presenti nell’acqua possano favorire lo sviluppo di calcoli renali, ma non esistono prove scientifiche in grado di confermare questa correlazione. La formazione di calcoli dipende dalla predisposizione individuale e familiare, dalle abitudini alimentari e dalla quantità giornaliera di liquidi assunta.
Sempre in tema di acqua, spesso si sente dire che sia preferibile non berla durante i pasti. Non è così. Una giusta quantità di liquido migliora la consistenza dei cibi ingeriti e favorisce la digestione.

Sulla frutta ci sono svariati miti da sfatare. Non è vero che mangiare agrumi di sera fa male. Se la persona è sana, non esistono evidenze scientifiche che indicano il momento giusto della giornata per mangiarli o fattori che interferiscono con la digestione. Diverso è per i soggetti con problemi di reflusso gastroesofageo: in questo caso, è sconsigliato ingerire alimenti acidi come gli agrumi, ma anche cibi altrettanto acidi come cioccolato, pomodori, menta, caffè.
Un’altra favola racconta della frutta che non contiene zucchero ma fruttosio e quindi può essere mangiata in quantità anche dalle persone diabetiche. Il fruttosio è uno zucchero che, insieme al glucosio, forma il saccarosio, cioè il comune zucchero da tavola. I diabetici non dovrebbero privarsi della frutta, che anzi è un alimento indispensabile per il nostro organismo, ma stare attenti alle quantità e a non assumerla insieme ad altri cibi con un elevato indice glicemico. Il discorso sulla quantità vale anche per chi è sano: la frutta è ricca di zuccheri semplici che possono aumentare la glicemia rapidamente.

Il ferro. È opinione diffusa che gli spinaci siano un alimento utile per i soggetti con problemi di anemia perché contengono elevate quantità di ferro. Il problema è che questo ferro non può essere utilizzato dall’organismo perché è presente insieme a sostanze che impediscono il suo assorbimento. Cibi ricchi di ferro e utili agli anemici sono, ad esempio, fegato, frattaglie, cacao amaro, lenticchie, frutta secca, frutti di mare. Ma non è da sottovalutare la questione dell’assorbimento: il ferro viene assimilato meglio dall’organismo quando è abbinato alla vitamina C e, in generale, ad alimenti acidificanti.

Per chi vuole approfondire questi temi segnaliamo un’altra pagina a cura della FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri), che dà informazioni su tematiche alimentari e di salute.

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Lolat
Lolat
23 Luglio 2018 13:39

Salve!
Trovo strano che il fatto alimentare, paladino della lotta contro l’olio di palma, dia un link ad un sito nel quale si dice che non è dannoso, va solo consumato con moderazione.

Roberto La Pira
Reply to  Lolat
23 Luglio 2018 14:08

Se ha la pazienza di rileggere i nostri articoli sull’olio di palma non troverà frasi dove si dice che l’olio tropicale è dannoso. La tesi che abbiamo portato avanti, così come la petizione è stata “contro l’invasione dell’olio di palma” che 4 anni fa era presente nel 90-95 % dei prodotti in vendita. Questo impediva a chiunque di consumare olio di palma “con moderazione”. Resta il fatto che si tratta di un olio di mediocre qualità nutrizionale

ezio
ezio
23 Luglio 2018 17:31

Ho letto con attenzione l’articolo sull’olio di palma del sito indicato a nome della giornalista medico Roberta Villa e come giornalista riporta tutta la genesi, le ricerche di EFSA sul grasso tropicale e la riorganizzazione della RSPO per una coltivazione sostenibile delle palme:
https://dottoremaeveroche.it/lolio-di-palma-fa-male/
Le notizie ci sono quasi tutte, mancano le analisi e ricerca di Altroconsumo, degli svizzeri, le segnalazioni dello stesso ISS, mentre la sintesi del medico soprattutto per i rischi dei lattanti e dei bambini è a mio parere troppo superficiale ed imprudente.
Il tema della grande diffusione di questo mediocre grasso tropicale è appena sfiorato parlando di etichettatura trasparente, senza la corretta valutazione dell’impatto cumulativo su tutti i consumatori a partire dai bambini, liquidandolo come una guerra commerciale tra i francesi grandi produttori di burro e la lobby del palma.