Listeria, aumentano i casi tra anziani e donne in gravidanza. Cibi pronti e cattiva conservazione domestica tra le cause. Il parere Efsa
Listeria, aumentano i casi tra anziani e donne in gravidanza. Cibi pronti e cattiva conservazione domestica tra le cause. Il parere Efsa
Giulia Crepaldi 1 Febbraio 2018In Europa cresce il numero di casi di listeriosi tra le fasce più vulnerabili della popolazione. Le infezioni sono, infatti, in aumento tra gli anziani sopra i 75 anni e le donne tra i 25 e i 44 anni, soprattutto in relazione alla gravidanza. È questa una delle conclusione del parere scientifico dell’Efsa sui rischi per la salute legati al consumo di alimenti contaminati da Listeria monocytogenes. Il documento si basa sui dati dei rapporti congiunti Efsa-Ecdc pubblicati tra il 2008 e il 2015.
Per gli esperti, l’aumento dei casi di listeriosi in questi gruppi, in particolare tra gli anziani, potrebbe essere dovuto alla crescente incidenza di malattie croniche e diabete, che rendono l’organismo più suscettibile alle infezioni. Anche l’aumento dei sistemi di monitoraggio di alcuni Stati membri può aver contribuito alla crescita dei numeri.
Secondo l’Efsa la maggior parte dei casi di listeriosi (fino al 90%) sono dovuti al consumi di cibi pronti, come pesce affumicato, carne conservata e formaggi, ma anche cibi come le insalate pronte. Si stima, tuttavia che un terzo dei casi possa essere causato dalla proliferazione della Listeria negli alimenti conservati nel frigorifero di casa in maniera scorretta.
Gli esperti dell’Efsa concludono che è necessario aumentare il livello di attenzione e consapevolezza lungo tutta la catena alimentare, dai produttori di alimenti pronti fino ai gruppi di consumatori più vulnerabili, che possono ridurre notevolmente il rischio seguendo le buone pratiche igieniche: rispettare la data di scadenza, mantenere bassa la temperatura del frigorifero, cucinare e lavare i cibi in maniera adeguata e, soprattutto, mantenere separati gli alimenti crudi per evitare contaminazioni crociate.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
A proposito di questa infezione mi sorge il pensiero che possa essere anche per questo caso applicabile una mia tesi scritta nel mio blog quando, nel maggio del 2011, ci fu un’epidemia di Escherichia colii in Germania: ipotizzavo che la ragione della elevata vulnerabilità fosse da attribuire più all’ambiente intestinale e alla sua flora modificata che al batterio stesso.
Se volete leggerlo…
Un conoscente, docente di storia della medicina, giudicò la mia ipotesi “plausibile ed interessante”.
http://code001it.blogspot.it/2011/06/linfezione-di-escherichia-colii.html