Barilla: la pasta – dice l’azienda nello spot- é fatta di grano italiano miscelato a quello importato da Francia, Australia e Stati Uniti. Ma sull’etichetta non c’è scritto
Barilla: la pasta – dice l’azienda nello spot- é fatta di grano italiano miscelato a quello importato da Francia, Australia e Stati Uniti. Ma sull’etichetta non c’è scritto
Roberto La Pira 20 Ottobre 2017“Sull’etichetta non lo scriviamo, ma nello spot lo raccontiamo”. Potrebbe essere questo lo slogan dei fratelli Barilla, che aggirano il contestato decreto del ministro Martina sull’origine del grano con uno spot affidato alla simpatica campionessa di scherma Bebe Vio, Nel video si dice chiaramente per la prima volta che la pasta Barilla è preparata miscelando grano italiano e grano importato dalla Francia, dall’Australia e dagli Stati Uniti.
Da tre anni aspettavamo questa notizia. Nel gennaio 2013 avevamo chiesto a Barilla, Agnesi, De Cecco, Del Verde, La Molisana, Granoro, Garofalo, Divella e Armando, di riportare sull’etichetta l’origine della materia prima. Li abbiamo invitati anche a spiegare le motivazioni che spingono i pastifici a importare grano duro di alta qualità pagandolo anche il 20-30% in più. Allora l’azienda di Parma ci ha scritto dicendo che impiegava il più possibile materia prima nazionale, anche per motivi di convenienza economica, e dichiarava di importare il 20% della materia prima (quantità che può arrivare anche al 30% in relazione all’andamento del raccolto italiano). Altri produttori ammettevano l’importazione di grano duro ma non lo dichiaravano in etichetta e sol alcuni fornivano informazioni più precise sul sito. Nel luglio del 2017 abbiamo inviato un’altra lettera ai fratelli ricordando loro che da anni l’indicazione di origine si trova già sulla pasta Voiello che è un marchio di loro proprietà.
Adesso Barilla ha deciso di voltare pagina e usa gli spot per fare sapere alla gente che utilizza grano straniero. Si tratta di una vera rivoluzione, anche perché Aidepi (associazione che raggruppa i principali produttori) è contraria all’indicazione dell’origine in etichetta, lasciando però una finestra aperta alla fantasia e al marketing per informare i consumatori.
In questi giorni Aidepi ha fatto ricorso contro il decreto del Ministero delle politiche agricole che, in deroga alle leggi europee, obbliga le aziende a indicare l’origine del grano duro. La posizione di Aidepi è condivisibile da un punto di vista giuridico, ma non su quello strategico. La gente vuole conoscere l’origine e i produttori dovrebbero assecondare la richiesta indicandolo sull’etichetta in modo volontario. Questo non viene fatto per motivazioni poco comprensibili e in questa situazione confusa arriva lo spot di Barilla che coglie un po’ tutti di sorpresa.
È la seconda volta che i fratelli di Parma dribblano i concorrenti. È successo nel 2016 con l’olio di palma. Allora mentre a Roma il presidente di Aidepi – nella persona di Paolo Barilla – difendeva l’uso del grasso tropicale, i suoi dipendenti lo eliminavano dall’assortimento e preparavano una massiccia campagna pubblicitaria per informare i consumatori. Adesso mentre Aidepi dice di non potere e volere indicare sull’etichetta l’origine del grano, Barilla affida a Bebe Vio il segreto nascosto per anni.
In questo strano gioco tra un ministro che spinto da Coldiretti vara un decreto destinato a finire nella spazzatura, e un’azienda leader che dichiara l’origine solo negli spot, chi rimane con il cerino in mano è il cittadino. Le informazioni sull’etichetta non ci saranno perché la miopia delle aziende non prevede questa concessione al consumatore, che per saperne di più dovrà andare sui siti dei pastifici, oppure ascoltare gli spot. Tra una schermaglia e l’altra si dimentica di sottolineare la nota più importante sulla qualità del prodotto. I consumatori devono sapere che l’Italia è in grado di produrre la migliore pasta del mondo e di esportarla ovunque perché importa il 20-30% di grano duro pregiato. In questi anni le aziende come Barilla hanno lasciato troppo spazio alle lobby e ai complottisti che preferiscono fare allarmismo focalizzando l’attenzione su questioni come le micotossine, il glifosato e il grano canadese.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
“I consumatori devono sapere che l’Italia è in grado di produrre la migliore pasta del mondo e di esportarla ovunque perché importa il 20-30% di grano duro pregiato. In questi anni le aziende come Barilla hanno lasciato troppo spazio alle lobby e ai complottisti che preferiscono fare allarmismo (PROdomo-loro- ndr)focalizzando l’attenzione su questioni come le micotossine, il glifosato e il grano canadese.”
Ecco, appunto, spiegato anche il perché c’è stata ritrosia a mettere una cosa così ovvia e risaputa da secoli (anzi molto tempo fa la percentuale di importazione era forse più alta) senza nessuno scenografico strappo di capelli e false lagrime di disappunto indignato nella platea aizzaforcaioli di TeleScandalo
Cui prodest? Perchè dichiararlo solo ora? Ed il grano canadese chi lo importa? E’ stato definito come “rifiuto da smaltire”, invece viene miscelato con il ns grano ed usato per produrre pasta e pizze in Italia.
Ignoranti e complottisti hanno definito il grano canadese in questo modo . Non è vero . In ogni caso pensare che i pastifici italiani pagano il 20-30% in più un “rifiuto da smaltire” è proprio difficile
Caro La Pira,
ma poi siamo sicuri che la Terra giri intorno al Sole…Cui prodest?
Lo sa caro Lei, che si schiera con la vetusta scienza laica e illuminista che sono ormai pratiche fuori moda (e presto fuori legge con decreto imperiale di Teodosio) e rischia il rogo nell’attuale Cialtronevo (il neo Medioevo con il potere ai cialtroni fideistico-ignoranti del web?)
Scommetto che ha pure fatto vaccinare i suoi figli…mbè allora se la sta cercando!
“il consumatore vuole sapere” ma ne siete sicuri? ma poi queste notizie come vengono gestite? Quanta conoscenza ha il consumatore delle etichette? anzi meglio dire dei claim. Basta osservare quello che è avvenuto sul palma, con i nitriti e la carne rossa o leggere tutti gli studi e i test sulle etichette o nutrizionali per comprendere che il consumatore non legge le etichette. Parlando di marketing è ovvio che avendo un livello tale di consumatori dove il made in Italy è sempre meglio di tutto? la Barilla abbia omesso l’origine per non incappare nella classica diatriba ignorante stile palma dove il gregge segue il pastore. Ha utilizzato ora il mezzo di massa per eccellenza, la tv, per spiegare meglio e tentare di istruire meglio i consumatori, proteggersi dai complottisti e da ignoranza da made in Italy
Per rimanere sul tema e concordando con l’invito de Il Fatto ad indicare volontariamente l’origine delle materie prime, tutte nessuna esclusa, in etichetta e non solamente in qualche spot pubblicitario, vorrei però rimarcare la necessità dell’obbligo normativo, così per ovvia parità di comportamenti e di concorrenza sul mercato.
Poi la posizione di reticenza dei pastai e produttori di altri alimenti, li rende vulnerabili a critiche e sospetti di usare materie prime di chissà quale provenienza.
Infatti Barilla c’informa che importa grano duro da tutto il mondo e gli altri cosa fanno?
Molti trasformatori utilizzano concentrato di pomodoro cinese nelle loro preparazioni e se in Cina si producesse anche grano duro, pensate che il consumatore italiano ed anche europeo non voglia sapere cosa acquista e consuma?
La trasparenza, oltre che onestà, è anche una buona strategia per la politica commerciale nostrana e comunitaria, molto di più e meglio dei dazi.
Quando i nostri produttori, ribadisco tutti nessuno escluso, lo capiranno sarà sempre troppo tardi.
“Molti trasformatori utilizzano concentrato di pomodoro cinese nelle loro preparazioni”
questa l’altra favoletta da complottisti di moda.
Bene quando sparate certe “fesserie” potete fare riferimento a nomi, aziende e soprattutto prove documentate? altrimenti c’è il bar o Facebook
Giampiero, bene quando lei spara certe “fesserie” per smentire chi è meglio informato di lei, può fare riferimento a nomi, aziende e soprattutto prove documentate? altrimenti c’è il bar o Facebook.
Cerchi d’informarsi meglio. Un aiutino:
https://www.internazionale.it/reportage/stefano-liberti/2017/04/08/pomodoro-cina-italia
questa sarebbe una fonte attendibile? un’inchiesta di un tizio andato in Cina e che pubblica dei dialoghi senza un nome di azienda? per poi dire e spiegare il concetto di riesportazione o importazione temporanea dove spiega che di consumatore italiano non c’è nulla ne europeo visto che il prodotto trasformato cinese (che sembra essere sinonimo del diavolo per alcuni) viene esportato in Africa?
Quindi le favolette da blog della Barilla che i sughi con il pomodoro cinese rimangono tali. Il concentrato importato dalla Cina è un prodotto molto marginale.
Giampiero, che i trasformatori italiani importino moltissimo concentrato di pomodoro cinese non è ne un segreto ne un mistero per nessuno, escluso lei.
La differenza ed i dubbi sono quale uso e fine fa tutto questo concentrato.
L’informazione più documentata che si può leggere penso sia questa:
https://www.internazionale.it/reportage/stefano-liberti/2017/04/08/pomodoro-cina-italia
Comunque se anche lei ci autorizza a chiedere l’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta, questi dubbi, salvo truffe sempre possibili, verranno evitati definitivamente.
“Perché il principale importatore di questo prodotto è proprio il nostro paese: nel 2016, secondo i dati dell’agenzia delle dogane, sono arrivati in Italia 92mila tonnellate di triplo concentrato made in China. Una cifra che segna un aumento del 40 per cento rispetto all’anno precedente.”
Questi sono i dati dell’Agenzia delle Dogane riportati da quel tizio che è stato in Cina per documentarsi, che si chiama Stefano Liberti, giornalista, sulla pagina che ho segnalato solo come esempio d’informazione e non di notizie da bar che le piacciono tanto.
Se 92.000 Tonnellate di concentrato per lei è solo un prodotto marginale, allora siamo d’accordo anche su tutto il resto…
Mi sembra un sonoro autogol di Barilla, che all’Expo ha presentato addirittura la pasta a chilometro quasi zero, e ora praticamente sosterrebbe che il suo marchio premium Voiello che usa solo grano italiano, contiene meno glifosato ed ha un prezzo più elevato, sarebbe di qualità inferiore!
Caro giornalista ti sbagli profondamente quando dai ragione alle aziende come Barilla e dici che “In questi anni le aziende come Barilla hanno lasciato troppo spazio alle lobby e ai complottisti che preferiscono fare allarmismo focalizzando l’attenzione su questioni come le micotossine, il glifosato e il grano canadese.”Si il glifosato è dannoso per tutti quanti e fare pasta con grano canadese pieno di glifosato nn aiuta per niente alla nostra salute…quindi speriamo che il decreto passa e le informazioni sull’origine del grano compaiono finalmente in etichetta…tu come consumatore potrai continuare tranquillamente a consumare la pasta fatta con grano canadese pieno di glifosato a te caro noi altri che nn la pensiamo come te possiamo scegliere prodotti magari più sani per noi e senza glifosato.
Ma il glifosate è ubiquitario e si trova anche se in minor misura nella pasta fatta con grano italiano e di altre nazioni, in quantità molto al di sotto dei limiti stabiliti dall’Efsa.
Comunque come tante sostanze presenti nell’atmosfera e negli alimenti, solo tracce irrisorie con le quali montare panico e terrorismo fideistico-ignorante.
Oltre 500 kg (5 quintali) di pasta al giorno a persona per “ipotizzare qualche pur improbabile effetto del gliphosate”….unica frase scientifica detta ieri alla nota trasmissione che come tante altre campa (alla grande, stipendi privatistici milionari ma garanzie pubbliche) facendo rozzo terrorismo sulla demonizzazione delle eccellenze agroalimentari italiane come la pasta.
Chissà che qualcuno ci provi per entrare nel Guinness dei primati (“primati” nella doppia accezione).
Nella pasta 100% grano italiano NESSUNO si sogna di usarlo per lapalissiane motivazioni economiche e di aridità estiva, eppure un invasivo sito WEBETE allarmistico-scandalistico sta inondando FACEBOOK dicendo che i suoi laboratori hanno trovato 0.017 ppm (= mg/kg) di gliphosato in noto marchio di pasta 100% grano italiano.
Al di là dell’evidente vergognosa bufala demonizzante diffamatoria soprattutto verso l’estero del più sano e salutare prodotto alimentare nazionale e considerando che il limite ampiamente prudenziale del Min salute è 10 ppm per avere qualche lontana ipotesi di rischio bisognerebbe mangiarne qualcosa in più di 5 quintali/giorno/persona …allora chi si offre per entrare nel Guinness dei primati (“primati” nella doppia accezione) ?
Ieri hanno pulito le scale condominiali col Vetril…
Quanta ammoniaca ci sarà nell’aria della camera da letto?
E se mi impegno, la trovo: diciamo 0.017 ppm?
Sto già mandando diffida all’amministratore…
no no…i consumatori che leggono l’etichetta ..per fortuna ..stanno aumentando …e ..invece di restare con il cerino in mano …esercitano meglio il loro potere.. SCELGONO MEGLIO… SCELGONO ALTRO
e ancora con la storia dei trasformati di pomodoro ..cosi come ricordo con l’ucraina ed il grano… quando a breve sarà obbligatorio indicare l’origine del pomodoro sui trasformati ..finalmente si potranno zittire tutte queste chiacchiere e dimostrare una volta per tutte ..anche all’ultimo dei cittadini …qual’è la verità… !!!
come in politica in tanti danno i loro numeri…………..ma quelli veri quali sono??…. VEDREMO…
Non vorrei scalfire le sue granitiche certezze ma diverse fonti attendibili ed indipendenti non parlano di importazioni di grano DURO (D U R O) dalla terribile Ucraina
http://www.openfields.it/sito/wp-content/uploads/2016/01/PASTARIA2015_N06_it-artOF.pdf
http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/mercati/2017/05/18/news/grano_duro_previsto_un_calo_di_semine_e_produzione-165736164/
http://www.colturaecultura.it/content/grano-nel-mondo
pag 5 e 6
http://www.arsial.it/arsial/wp-content/uploads/SINTESI-2017-ROMACEREALI.pdf
pag 11
Forse si confonde come tanti “giornalisti” col grano Tenero (fortunatamente in Italia c’è legge del 1961 che tutela pasta che può essere fatta solo col duro)
Ma se poi qualche secchiello di duro arrivasse pure (ma nessuna statistica seria lo rileva) dall’Ucraina dove sarebbe il segreto terribile scandalo??
Si compri un bel volo Ryanair a pochi € con un posto lato finestrino: vedrà che i perfidi avvelenatori ex commnisti dei Paesi dell’Est hanno campagne BELLISSIME E CURATISSIME. Poi scenda e giri in treno e bus: una meraviglia, senza abusivismi e orrori italici
Oppure si grida all’Ucraina sottintendendo furbescamente ma senza dirlo Chernobyl e Dracula-Transilvania, così tanto per spaventare l’ingenuo mangiatore di maccaroni?
Mmmmm …… complottisti … micotossine …. una riflessione;
Ma siete stati voi con un articolo ad aprircii gli occhi su di una frase minuscola riportata in fondo alle scatole Barilla di pasta dedicata ai Piccoli: SCONSIGLIATO L’USO AI BAMBINI INFERIORI AI TRE ANNI.
Si spiegava che dato l’elevato valore di determinati veleni poteva nuocere alla salute di chi pesasse al di sotto di tot chili … da allora non ho toccato più un prodotto Barilla e mi chiedo come i proprietari riescano a dormire sonni tranquilli distribuendo pasta avvelenata proprio specifica per bambini …
la storia de”I Piccolini” della Barilla non è proprio andata così. per riassumere: gli alimenti destinati alla prima infanzia hanno dei limiti su determinate sostanze che sono molto più stringenti rispetto ai cibi generici. Questo non vuol dire che gli alimenti per gli adulti sia “pieni di veleni”. Le stime sono fatte considerando delle soglie di sicurezza molto precauzionali. la barilla, con la pasta “i piccolini” (visto il formato che poteva essere percepito dai consumatori adatto alla prima infanzia) e in seguito a una polemica con la Plasmon, ha inserito sulle confezioni la scritta che il prodotto è “Per grandi e bambini sopra i 3 anni“. http://www.ilfattoalimentare.it/pasta-barilla-piccolini-nuove-etichette.html
La questione della pasta per i piccolini è emblematica del problema di cui discutiamo.
Che fino ai tre anni si possa mangiare solo pasta dedicata lo sanno e fanno in pochi.
Tutti gli altri bambini di tutte le età mangiano la stessa che si cucina per tutta la famiglia.
Fino a tre anni e tot peso medio facciamo prevenzione (teorica), dopo un mese quel tot di peso aumentato di qualche microgrammo, può consumare la pasta per adulti.
Emblematico, quasi come accompagnare e ritirare i ragazzi fino a 14 anni dalla scuola media!
Buon giorno,
la risposta sull’articolo di Barilla è “il mondo è strano” forse perché le “semplici” verità fanno più danno.
Se anche un azienda come Barilla fa una nuova linea di prodotti “con farine non raffinate” forse al marketing ci sono persone che pensano che le farine si fanno con il petrolio, e non con farine setacciate oppure miscelate, ovviamente attendiamo “senza farina integrale ricombinata” perché la macinazione del grano e setacciatura è un’attività da 2000 di alterazione dei “geni”.
Ritengo giusto informare il consumatore, in Canada scrivono sulle farine “da non consumare crude” dopo gli USA “non mettere il gatto nel microonde per scaldarlo” oppure da Italiano suggerisco per la pasta “non usare l’acqua che è inquinata” oppure in fase di cottura “non usare la testa al posto del sale”, però se la pasta la fa un “non italiano” siamo sicuri che non sia geneticamente modificata?
……..consoliamoci dopo il glifosate, parleremo della permetrina, della soia e abbiamo un elenco enorme di problemi da affrontare per distoglierci dai problemi seri (P.S tanto chi in salute chi in malattia moriremo lo stesso).
Mi permetto di fare una denuncia, sarà per questo che la vita si è allungata di 6 mesi e quindi si andrà in pensione a 67 anni? allora “voglio una vita spericolata” e abbasso i salutisti e i vegani!
Ai posteri l’ardua sentenza, agli ironici la gogna, il mondo sta diventando troppo “serio”?.
Magari “il mondo stesse per diventare serio” cioè consapevole, colto, informato e saggio.
E’ proprio l’opposto, purtroppo, come tanti ricorsi storici dopo un lungo periodo di benessere diffuso come mai prima nella Storia ( e crescita esponenziale dell’età media …) dovuto ad un illuminismo laico e razionale si sta sprofondando in un neomedioevo superstizioso fideistico-ignorante (il CIALTRONEVO) dove appunto hanno più credibilità pifferai magici di post-verità, gombloddisti cialtroni e tutta una crescente torma di prezzolati lanciatori di slogan allarmistici mestatori nel torbido forse per compensare le enormi spese familiari per l’agognato diploma di licenza elementare.
Oltre 500 kg (5 quintali) di pasta al giorno a persona per “ipotizzare qualche pur improbabile effetto del gliphosate”….unica frase scientifica detta ieri alla nota trasmissione che come tante altre campa sulla demonizzazione delle eccellenze agroalimentari italiane come la pasta.
Chissà che qualcuno ci provi per entrare nel Guinness dei primati (“primati” in entrambi i sensi)
Il glifosato e’ buono e fa bene.
Cosi’ come l’olio di palma.
Chi non vuole documentarsi trova mille scuse per far
Imputridire i pochi neuroni che possiede.
Basterebbe cercare di orientarsi un po’.
Ma del resto chi continua a fumare, a bere, a essere sedentario , obeso …perche’ dovrebbe preoccuparsi del
Glifosato?