Torna il vuoto a rendere con una sperimentazione per le bottiglie di acqua e birra. Potranno aderire bar, ristoranti e altri locali pubblici
Torna il vuoto a rendere con una sperimentazione per le bottiglie di acqua e birra. Potranno aderire bar, ristoranti e altri locali pubblici
Luca Foltran 9 Ottobre 2017Il vuoto a rendere era una pratica molto diffusa negli anni ‘80 che potrebbe tornare di grande attualità grazie a un decreto del ministero dell’Ambiente pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La procedura prevede la consegna del contenitore vuoto al produttore a fronte di una piccola somma di denaro pagata come cauzione.
Per il momento il provvedimento, in vigore a partire dal 10 ottobre in via sperimentale, interesserà solo alcune tipologie di contenitori: bottiglie di acqua minerale e birra “serviti al pubblico”, in plastica, vetro o altro materiale e di volume compreso tra 200 ml e 1,5 litri, che potranno essere riutilizzati fino a 10 volte. Secondo il nuovo regolamento, il valore della cauzione deve essere correlato al volume dell’imballaggio e sarà compreso tra 5 e 30 centesimi di euro.
La sperimentazione durerà dodici mesi e interesserà alberghi o residenze di villeggiatura, ristoranti, bar e altri punti di consumo che decidono volontariamente di aderire. I locali coinvolti nel progetto possono essere facilmente individuati dai consumatori attraverso una “etichetta green” posizionata all’ingresso. I protagonisti saranno pubblicamente elencati in un registro pubblicato sul sito del Ministero aggiornato con cadenza mensile.
Dal punto di vista dei materiali impiegati, si dovrà passare a bottiglie di vetro e plastica leggermente più spesse rispetto alle attuali per consentire il riutilizzo senza comprometterne la funzionalità o la sicurezza. Per contro, i contenitori saranno recuperati con un processo di sterilizzazione che richiede il 60% di energia in meno rispetto a quella necessaria alla creazione di un nuovo imballaggio.
L’obiettivo dell’operazione “vuoto a rendere” è di sensibilizzare i consumatori sull’importanza del riutilizzo e del riciclo, e diminuire la produzione dei rifiuti. Si vuole sollecitare le persone a riflettere sul valore di un imballaggio, che non può più essere un contenitore temporaneo destinato a diventare spazzatura. Si tratta di un passo avanti verso la tanto ambita economia circolare nel campo dei rifiuti. Il successo dell’iniziativa dipende dai locali che aderiranno e dai consumatori, considerando che comunque l’operazione non comporta un aumento del prezzo di acquisto.
Un altro scopo del decreto è valutare la fattibilità tecnico-economica e ambientale del vuoto a rendere, per stabilire se la pratica sia da mantenere, ed eventualmente estendere ad altri contenitori. “Dopo mesi di pressioni finalmente il ministro dell’ambiente Galletti ha messo la firma al regolamento che reintrodurrà il vuoto a rendere, frutto di una nostra battaglia di anni” dichiara il deputato del Movimento 5 Stelle Stefano Vignaroli che ha avanzato la proposta.
L’Italia è in ritardo rispetto a Paesi europei più efficienti, tant’è che in Germania la pratica del vuoto a rendere esiste da oltre 10 anni. Secondo studi dell’Ufficio federale dell’ambiente tedesco, le bottiglie con vuoto a rendere inquinano decisamente meno dei contenitori usa e getta e il trasporto necessario per “i vuoti” non incide sulla valutazione complessiva.
Da questo primo passaggio potranno scaturire altre iniziative come l’estensione della procedura del vuoto a rendere a supermercati. L’unico dubbio riguarda l’impatto che questa nuova misura avrà sul sistema dei Consorzi Conai per la gestione dei rifiuti da imballaggio e la reazione delle filiere di riciclo attive nel Paese. Dal 10 ottobre si potrà aderire alla fase sperimentale. Secondo quanto previsto dal DM 3 luglio 2017, n. 142 (in GU n.224 del 25-9-2017), gli esercenti dovranno compilare questo modulo dell’Allegato 1, al momento dell’acquisto di birra o acqua minerale in imballaggi riutilizzabili, per poi inviarlo via mail all’indirizzo vuotoarendere@minambiente.it o consegnarlo al distributore o al produttore.
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Sarà sicuramente necessario fare con attenzione e senza spinte e sparate ideologiche completi ed accurati bilanci pro e contro, energetici, ecologici ed economici della riadozione del vuoto a rendere per categorie di prodotto (alcune come il latte neanche da prendere in considerazione secondo la mia diretta e lunga esperienza), anche per i necessari investimenti delle aziende : Raccolta- trasporto A/R vuoti e pieni-Stoccaggio vuoti puliti e sporchi- Selezione- Impianti di lavaggio costosi e ingombranti, efficienti ed efficaci- Gestione detergenti e trattamento depurativo reflui- gestione scarti di vetro e loro smaltimento(già ora solo 30% del vetro trova utilizzo a riciclo).
Alla fine potrebbe venir fuori che una raccolta sensata dei vuoti di plastica con investimento nell’educazione (ora molto scarsa) dei consumatori alla differenziata, e la destinazione a riciclo e a recupero energetico (al posto di ulteriore petrolio) nei MODERNI efficientissimi inceneritori dove l’aria che entra è più sporca di quella che esce, sarebbe in grado di garantire un migliore bilancio globale, e i camion destinati al trasporto inquinerebbero molto di meno l’aria