In Italia Coldiretti è l’unica fonte “accreditata” su tematiche alimentari come: latte, pasta, olio, grano…, sui problemi del mondo agricolo e anche sui dati statistici inerenti i consumi. La capacità di indottrinare giornalisti e addetti ai lavori, grazie a 50-60 comunicati stampa mensili indirizzati a gruppi selezionati di operatori dell’informazione, è incredibile. Coldiretti gioca un ruolo sul tavolo della comunicazione che non è paragonabile a quello di altri player. Il problema è che i comunicati spesso riportano dati e storie verosimili che raramente vengono verificate dai giornalisti. I più preferiscono lanciare la notizia facendo un semplice copia incolla, come si fa con le dichiarazioni ufficiali dei capi di stato. In tv si preferisce mostrare le immagini delle bandiere gialle impugnate dai baldi giovani mentre bloccano camion che trasportano in modo del tutto legale latte, cosce di maiale e quant’altro. I “blocchi” nei porti pugliesi contro le navi con le stive piene di grano duro canadese fanno gioire milioni di italiani, pronti a scommettere su questi signori che difendono il made in Italy.
Nella lunga lista di prodotti posti sul banco degli imputati c’è anche il concentrato di pomodoro cinese che, pur essendo immune da contestazione di tipo sanitario, è ormai segnato da un’onta di negatività, suggerita da Coldiretti. Premesso che tutti questi prodotti e molti altri devono essere importati per soddisfare le richieste del mercato, c’è da chiedersi perché pochissimi soggetti si oppongono a questo monopolio dell’informazione, basato su storie verosimili portate avanti dalla lobby che raccoglie buona parte delle aziende agricole italiane.
Oltre al problema dei troppi giornalisti che non verificano le parziali notizie di Coldiretti, salvo poi trasformarle in veri articoli, c’è poi il problema delle aziende che non reagiscono. Un tipico esempio è quello di Aidepi (associazione di categoria che raggruppa i produttori di pasta, prodotti da forno e affini) che continua a subire attacchi senza reagire e senza fornire elementi in grado di riportare l’informazione sui binari della correttezza. Essere nel mirino dall’associazione degli agricoltori è una situazione accettata in modo passivo da molte aziende, incapaci di reagire a questo continuo stillicidio. L’assenza di comunicati in grado di ribaltare le accuse di Coldiretti è un atteggiamento inaccettabile, da parte di associazioni e aziende che hanno dimostrato ben altra verve, quando si è trattato di reagire alla nostra campagna contro l’invasione dell’olio di palma.
È vero, non tutti sono allineati su queste posizioni. C’è il caso isolato di Anicav che da anni denuncia le false notizie sul concentrato di pomodoro cinese che verrebbe utilizzato per il prodotto italiano. Più di recente anche Italmopa ha deciso di alzare il tiro e di reagire alle false notizie sul grano duro importato, carico di contaminanti, giunte da più parti. Purtroppo queste voci sono facilmente ignorate dai media che preferiscono il folclore delle bandiere gialle da mostrare in tv, sui giornali e sugli schermi dei pc.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
E allora fate voi chiarezza, mi fido di voi. Grazie
Il mio punto di vista sulla politica di comunicazione di Coldiretti l’ho già espresso a suo tempo sul Blog con il post “Coldiretti spesso non fa informazione, ma “politica”…. ”
Aggiungo un’aforisma letto tempo fa: “Chi urla più forte non ha sempre ragione.” Appunto.
Coldiretti è brava ad urlare e stampa & tv amplificano senza verificare e/o approfondire e meno che mai dando lo stesso risalto alla smentita quando la verità salta fuori.
I consumatori credono di essere informati ed invece non lo sono. Ma in realtà, nonostante la massiccia presenza di informazioni inesatte se non false, il consumatore potrebbe con un minimo impegno cercare la verità, ma serve meno pigrizia.
Fortuna vuole che ci sono siti come il Fatto Alimentare ed alcuni Blog “specializzati” che ristabiliscono l’ordine delle cose.
Sarebbe importante chiarire le motivazioni alla base della scelta di dare informazioni falsate, da parte di Coldiretti. Qual’è la causa di queste bugie?
Come scritto nell’articolo è la lobby che raccoglie buona parte delle aziende agricole italiane. Come numero. Se andiamo a vedere la PLV, ettari, numero salariati, ecc. c’è qualcuno numericamente più rilevante in Italia. Ma conta il numero di tessere. Il dr. La Pira ha un bel coraggio a schierarsi contro questi. Auguri…
coldiretti insiste sul piccolo e bello.il mercato che richiede sempre più merci non puo assicurare le forniture solo dal piccolo ma tenere ridotte le forniture fa alzare i prezzi. Non hanno interesse ad aumentare la superfice produttiva ossia la disponibilità di prodotto che calmirerebbe i prezzi.
Il punto sullo spingere ad utilizzare materie prime italiane a mio avviso è da correlare alla necessità di rilanciare la nostra agricoltura con effetti sicuramente positivi: riutilizzo dei terreni abbandonati , che significa anche gestione e controllo del territorio verso le calamità naturali che abbiamo visto in questi anni; lavoro diretto ed indotto; minor inquinamento ambientale dovuto ai trasporti da località lontanissime. Il problema è che il compito di favorire queste attività dovrebbe essere del governo e non di una lobby. A mio avviso comunque comprare italiano serve anche a dare una mano a rilanciare la ns economia. Concordo però con voi sul fatto che le etichette debbono essere chiare e poi sarà il consumatore a scegliere coscientemente e spesso non può farlo per mancanza di trasparenza.
Qualche riflessione
Coldiretti si erge tutore del consumatore e dell’ambiente….. con messaggi del tipo che sintetizzando suonano più o meno così:…..”piccollo è bello”,……”azienda agricola è genuino”……. “italiano è buono” …. “gli agricoltori fanno le cose per bene” e via di questo passo
ma le varie monsanto a chi mai li venderanno quei maledetti (dal punto di vista di coldiretti) pesticidi a migliaia di tonnellate?
e ancora chi ci avrà buttatto nelle acque della flada della Valpadanatutta l’ATRAZINA che lì si trova???
e infine i prodotti della grande industria, magari non sempre ma spesso sono sottoposti a controlli analitici…… qual’è quel contadino che porta i suoi prodotti in laboratorio per fare altrettanto?????
Che i pesticidi di monsanto & C siano “maledetti” non è opinione della coldiretti ma dello Iarc e di vari istituti sparsi in euopa.
I controlli analitici di cui parla non prevedono la ricerca sugli effetti dell’insieme dei pesticidi, i cosidetti coktail ne l’effetto accumulo,ma si limitano e verificare se quelli presenti sono nei limiti consentiti. Lo sono quasi sempre sia nei grani nazionali che in quelli esteri.
Italiano è buono? generalmente si
Piccolo è bello? sempre e aggiungo anche indispensabile.Le economie di piccola scala difficilmente cercano scorciatoie produttive,il gioco non varrebbe la candela,inoltre l’economia locale e piccola è foriera di ricadute positive,sociali,economiche,ambientali,culturali e chi piu ne ha piu ne metta.
Detto questo la coldiretti piuttosto che chiamare la stampa e farsi inquadrare a richiesta dai media,farebbe bene a interfacciarsi con le omologhe associazioni di categoria per es. cinesi per approfondire come mai il triplo concentrato cinese arriva in Italia a prezzi da pomodoro fresco?
Scoprirebbe altarini nei cui confronti il caporalato nostrano è roba da educande innocenti.Dumping sociale e ambientale.
Ho citato la Cina ma potrei citare Ungheria,Polonia.Turchia,Marocco e altri.
In sostanza combattere non l’importazione in se, perche insensato visto che il 60-70 % del made in italy che esportiamo deriva da materie prime importate,L’italia è autosufficiente,forse,solo per la carne da pollo e uova.
Complimenti Roberto! Per attaccare Coldiretti ci vuole un coraggio da leoni, che hai sempre dimostrato di avere, ma tu vai oltre e contemporaneamente attacchi sia Coldiretti che i giornalisti che le vanno dietro (praticamente tutti) e così rischi di sconfinare nell’autolesionismo. A ben vedere, però, la Coldiretti fa il suo mestiere per creare una domanda (più o meno artefatta) di materie prime agricole italiane e tenere alti i loro prezzi sul mercato. Chi non fa il proprio mestiere sono i giornalisti che non dovrebbero pubblicare articoli senza verificare la correttezza delle info di Coldiretti. Ma c’è un’altra categoria che non fa il suo mestiere: le associazioni dei consumatori, che pure nei confronti di altri soggetti sono attivissime. Forse dovresti ricercare un’alleanza con queste ultime, che dovrebbero avere a cuore la tutela del consumatore non solo dai prezzi gonfiati dalle false informazioni, ma anche da false teorie salutistiche di Coldiretti sui prodotti del contadino. Un esempio? Il latte crudo: una battaglia (fortunatamente fallita) di Coldiretti che è servita solo a garantire i guadagni dei fabbricanti di macchinette distributrici.
Egr. Roberto La Pira con questo articolo mi hai definitivamente convinto per fare una modesta donazione
Non condivido le “sparate” di Coldiretti, che con il fantomatico Ufficio Studi dice anche quante persone vanno in autostrada a Ferragosto, sono però d’accordo con la richiesta di inserire in etichetta la provenienza della materia prima. Questo non per dire che una è migliore dell’altra, ma per rendere consapevoli i consumatori. Acquistare prodotti di origine italiana consente di far sopravvivere un settore, l’agricoltura, che molto spesso vale qualcosa in più della materia che fornisce (ad esempio tutela del territorio) e se paragonata ad alcuni paesi garantisce ancora ai lavoratori una certa dignità e tutela salariale.
Anche Il Fatto Alimentare sostiene i numerosi consumatori che chiedono sia indicata l’origine del grano sulle confezioni di pasta. Ma non occorre demonizzare il prodotto estero per pretendere che sia inserita un’informazione più che legittima in etichetta. Qui un articolo sull’argomento: http://www.ilfattoalimentare.it/barilla-etichetta-origine-grano.html
Forza “Il fatto alimentare”, andate avanti così!
Olio-di-Palma docet: Il Fatto Alimentare può far aprire gli occhi e cambiare le cose. Sono felice che qualcuno di competente ed autorevole finalmente alzi la mano e ponga la questione dello strapotere mediatico di Coldiretti, che si traduce in informazioni incomplete e scorrette, tutte a scapito del consumatore. Chi lavora nel settore dell’industria alimentare già lo sa da tempo, quindi credo che ci saranno molte persone che vi sosterranno anche questa volta. Grazie!
quello che mi colpisce di più di Coldiretti è lo snocciolare dati statistici in tempo reale come ad esempio in contemporanea agli eventi avversi. Ma come fanno? Ma sarà vero?. Ma questi dati chi li controlla?
Ribadisco il mio punto di vista condividendo anche quello di qualche commentatore:
-Coldiretti fa il mestiere di rappresentare la categoria;
-Aidepi ha poco da difendere se non accetta la trasparenza verso i consumatori, sull’origine delle materie prime in etichetta;
-i giornalisti riportino le notizie quando ci sono notizie da riportare, oppure se schierati, premettano che i loro commenti sono giudizi personali.
Il fine non giustifica mezzi falsi oppure opinioni artificiose, ma ritengo doveroso difendere il made in Italy da parte di tutti, produttori, consumatori e perché no anche giornalisti ed opinionisti.
Nessuno è perfetto ma Coldiretti mi pare meno perfetra degli altri. Sono di parte ma una riposta alle ragioni di tanta visibilità di Coldiretti è che si tratta di un’agenzia “governativa”.
Basti pensare alla storia dell’IMU agricola: Coldiretti era l’unica rappresentanza agricola ad essere favorevole al piano del governo di applicare l’IMU ai terreni agricoli; tutte le altre confederazioni contrarie!
Ad una rapida analisi storica delle persone che si sono spostate con agilità dalla confederazione ad ambiti ministeriali e governativi in genere, si può desumere come non vi sia soluzione di continuità fra le due strutture.
Donazione più che meritata
Ma ricordate, o non sapete, che Coldiretti è figlia di Federterra di mussoliniana memoria? Ne applica metodi e principi autarchici, in carenza di una programmazione agricola moderna su cui è sempre in grave ritardo, avendo contribuito allo spreco di anni e di risorse importanti tra cui i contributi europei mal gestiti. Eppoi, schierandosi a difesa di un’agricoltura assurdamente frammentata e inefficiente organizzativamente e tecnologicamente, ponendosi al servizio di ministri dell’agricoltura che negli anni hanno brillato per incapacità sul territorio nazionale e comunitario (vedi ad esempio quote latte) facendo credere di difendere l’interesse dell’agricoltura nazionale, SERVE A GESTIRE UN ENORME SERBATOIO DI VOTI !!. E adesso cerca ancora di giustificare la propria utilità ed esistenza lanciando spot di breve respiro ad esempio su “origine = qualità (falso), prodotti importati = inquinati e insalubri (falso, anche perché i più controllati) e via dicendo. E il “Ministero dello Spot” va di pari passo.