Aggiornamento del 5 giugno 2017 : il lotto ritirato è stato distribuito nella zona di Salerno, Cosenza, Potenza e Matera.
Il Ministero della salute ha comunicato che è in corso il ritiro dagli scaffali dei punti vendita delle bottiglie di Coca-Cola da 1,5 litri appartenenti al lotto L170329863M. Le bottiglie riportano come termine minimo di conservazione (TMC) la data 28/09/2017 che si trova sul tappo o sul collo della bottiglia. Il lotto è stato imbottigliato nello stabilimento di Marcianise in provincia di Caserta. Il richiamo è stato deciso il 26 maggio 2017, ma per motivi che non conosciamo, l’annuncio del Ministero è arrivato solo il 1 giugno 2017 a distanza di quasi una settimana.
Il ritiro è stato deciso perché la bibita ha un sapore sgradevole, un aspetto molto denso e livelli concentrati di caffeina, acido fosforico e solfiti. Purtroppo non ci sono altre notizie sul sito della Coca-Cola e quelle del ministero sono insufficienti, per cui non si sa se il lotto è stato distribuito in tutta Italia oppure solo in qualche provincia.
Per ulteriori informazioni chiamare il numero verde: 800.836000
Questo è il richiamo numero 33 dell’anno 2017 che Il Fatto Alimentare pubblica.
Per capire come funziona il servizio di allerta alimentare e come viene effettuato il ritiro dei prodotti dai punti vendita leggi e scarica il libro “Scaffali in allerta” edito da Il Fatto Alimentare. È l’unico testo pubblicato in Italia che rivela i segreti e le criticità di un sistema che funziona poco e male. Ogni anno in Italia vengono ritirati dagli scaffali dei punti vendita almeno 1.000 prodotti alimentari. Nel 10-20% dei casi si tratta di prodotti che possono nuocere alla salute dei consumatori, e per questo scatta l’allerta. La questione riguarda grandi aziende come Barilla, Mars…, catene di supermercati che commercializzano migliaia di prodotti con i loro marchi (Esselunga, Coop, Carrefour, Auchan, Conad, Lidl, Eurospin…), e anche piccole e medie imprese. Il libro di 169 pagine racconta 15 casi di richiami che hanno fatto scalpore.
I lettori che hanno fatto una donazione riceveranno in omaggio il libro “Scaffali in allerta”, scrivendo in redazione all’indirizzo ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it
“Scaffali in allerta” di Roberto la Pira – 169 pagine – Editore: Il Fatto Alimentare – maggio 2017
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Mi spiace, l’allerta alimentare è una delle poche cose che funziona in italia.
PS “Le bottiglie riportano come termine minimo di conservazione riportato la data del 28/09/2017” non si può leggere…
Due sono gli aspetti che non capisco. Il primo: nell’articolo parlate indistintamente di ritiro e di richiamo quando in realtà sono due cose differenti suppongo che si tratti pertanto di ritiro e richiamo. Poi: il richiamo presuppone una situazione di pericolo per il consumatore e poichè non credo che tale situazione sia determinata dal solo sapore sgradevole, quali sono gli aspetti che determinano il pericolo? L’acido fosforico fuori limite? O altro? Il richiamo è stato attuato dall’azienda o imposto dall’Autorità Competente?
Si tratta di richiamo e quindi anche di ritiro. La valutazione del rischio è stata fatta da Coca-Cola insieme all’Asl che hanno evidentemente considerato l’esistenza di un rischio reale per il consumatore.
“Il ritiro è stato deciso perché la bibita ha un sapore molto sgradevole, un aspetto molto denso e livelli concentrati di caffeina, acido fosforico e solfiti.”
Con livelli concentrati di caffeina, acido fosforico e soprattutto solfiti (allergene), non ci sono dubbi sulla pericolosità di questo mix, probabilmente dovuto ad un errore nel dosaggio automatico degli ingredienti.
Quello chi mi lascia perplesso però è l’addensamento che non si capisce da cosa può essere causato, se non da qualche componente estraneo non previsto finito per errore nella miscela.
Un addensante non previsto e non dichiarato in etichetta che iperdosato ha fatto la crema di Coca?
Oppure, visto che spesso l’ipotesi più semplice è anche la più probabile, mancava l’acqua Ezio…
Ezio..è solo che manca l’acqua.. il composto doveva essere diluito maggiormente in fabbrica ed invece..
Avete le idee così chiare che saturando l’acqua con lo zucchero, che è solubile e più di tanto non ne accetta depositandosi sul fondo e praticamente poco altro, visto che in ricetta aromi ed acido fosforico sono in percentuale bassissime, si possa fare una crema?
Piuttosto che delle ipotesi spiritose anche se legittime, preferirei un risposta ufficiale dall’imbottigliatore, peraltro dovuta visto l’incidente.
hai mai sentito parlare di POSTMIX ?!? o il principio chimico è troppo banale per esser considerato??
Coca Cola potrebbe serenamente comunicarci cosa è accaduto, senza far pensare ai consumatori cosa potrà mai essere accaduto, a partire dall’acqua impiegata ed alla concentrazione di solfiti.
speriamo sia solo l’acqua!!!…c’entra qualcosa il servizio di Report sull’uso di fonti acquifere da parte degli stabilimenti in Italia della coca -cola a canoni annui stracciati!!!
Ezio, secondo me gioverebbe a tutti avere un approccio differente dal pensare, come prima ipotesi, ad un addensante non previsto e non dichiarato in etichetta dando quindi perper scontato che l’azienda stia ingannando, frodando e volutamente mettendo a repentaglio la salute dei consumatori. Che non significa che poi possa effettivamente accadere anche questo eh…
Alessandro per l’addensamento anomalo io ho ipotizzato la presenza di un ingrediente non previsto, quindi non presente in etichetta ingredienti e finito per errore nella miscela.
Per l’approccio al tema contaminazioni, contraffazioni, allerte e ritiri di prodotti potenzialmente pericolosi per la salute, in base alle evidenze preferisco il mio.
La cosa strana è che il prodotto sia andato in vendita senza che una non conformità così pacchiana ed evidente sia stata rilevata. A differenza delle produzioni “a batch” dove il controllo va fatto per ogni lotto(come sembrerebbe il caso citato) anche sulle linee dove le miscele vengono fatte per miscelazione “in continuo” dovrebbe essere utilizzato, semplicemente secondo i principii HACCP, un misuratore altrettanto continuo di contenuto zuccherino (°brix), e di acidità (pH), magari con registrazione visiva ed anche su carta, che rivela in tempo reale l’accaduto. Qui sembra che manchi dell’acqua. Ma manca anche semplicemente un efficace controllo qualità, e, peggio, una procedura di liberazione del prodotto.