Mangereste würstel di pollo preparati con carne pagata mezzo euro al chilo? A questa domanda la maggior parte delle persone risponderebbe di no, senza sapere di fare questo tipo di acquisto ogni volta che ne compra una confezione al supermercato. Stiamo parlando di un prodotto molto gradito ai giovani e anche agli adulti, che contiene una percentuale variabile dal 40 al 90% di “carne separata meccanicamente” acquistabile sul mercato ad un prezzo da 0,3 a 0,6 €/kg. Certo questi würstel hanno sono estremamente convenienti (da 4 a 7 euro €/kg), ma considerando i costi di produzione, distribuzione e i margini di guadagno del produttore è lecito farsi qualche domanda sulla qualità della materia prima.
Gli ingredienti dei würstel
Leggendo la lista degli ingredienti si scopre che contengono in prevalenza carne separata meccanicamente (CSM) di pollo o tacchino. Il tutto viene poi miscelato con acqua, amido e fibre per dare consistenza alla poltiglia rosa che altrimenti risulterebbe troppo molliccia. Per il gusto non ci sono problemi perché gli aromi rassicurano il consumatore sulla bontà del prodotto.
Cercare di sapere qualcosa di più è complicato, perché le aziende non ne parlano volentieri e in rete si trova poco. Un documento redatto un anno fa dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) (leggi qui), descrive con cura la carne separata meccanicamente (CSM) e delinea anche le criticità, come ad esempio l’impiego di una parte di questa materia prima in alcuni mangimi. Certo l’abbinamento tra la CSM e le scatolette che diamo ogni giorno al nostro cane o al nostro gatto non è proprio il massimo, ma risponde al vero.
Non tutto però è così negativo, perché il consumatore può riconoscere i würstel di pollo leggendo l’etichetta dove compare in modo chiaro la dicitura “carne separata meccanicamente”. Purtroppo il più delle volte le scritte sono stampate con caratteri tipografici microscopici e sono posizionate tra le pieghe della confezione.
La carne separata meccanicamente
Per capire meglio di cosa stiamo parlando vi proponiamo un breve video che illustra il ciclo di lavorazione delle carcasse di pollo precedentemente private delle parti più pregiate come petto, cosce, ali e senza zampe, collo e interiora. Il processo è molto stressante, perché le carcasse di pollo vengono messe in uno speciale tritacarne dove sono spremute utilizzando alte pressioni. L’esito è una “pasta omogenea dal colore rosa” ottenuta da lembi di carne mescolati a parti di nervi, tessuto connettivo, cartilagini e piccole ossa ridotte in polvere.
L’ultima fase di lavorazione prevede il passaggio dell’impasto attraverso un filtro per separare le parti ossee più grossolane che darebbero fastidio al palato.
Un ingrediente economico per i würstel
La qualità della CSM si valuta in base alla quantità di calcio (più stressante e violenta è la spremitura maggiore è la presenza di calcio derivante dal tessuto osseo). Purtroppo il legislatore non ha fissato un livello massimo per il calcio e questo elemento permette l’impiego di CSM di bassa qualità che costa ancor meno. Un altro elemento interessante riguarda l’obbligo previsto dal legislatore di impiegare la CSM ottenuta da attraverso la spremitura ad alte pressioni (come nel caso delle carcasse di pollo) solo per prodotti che saranno sottoposti a cottura (come i würstel). L’indicazione si rende necessaria perché i processi di lavorazione sono di per sé “poco igienici” e c’è il rischio di contaminazioni di Salmonella, scongiurate dalla cottura.
Dopo avere visto il filmato e capito come viene prodotta la CSM è quasi superfluo spiegare perché la poltiglia rosa si vende a meno di 0,5 €/kg e perché i würstel di pollo confezionati esposti nel banco frigorifero dei supermercati si comprano a prezzi stracciati.
La provenienza della CSM
Un altro elemento poco noto è la provenienza della materia prima. Con l’approvazione del nuovo regolamento europeo, tra pochi mesi sarà obbligatorio indicare l’origine della carne fresca di pollo, maiale…La regola però non vale per la CSM che potrà mantenere l’anonimato.
L’unica consolazione è che in l’Italia, essendo autonoma per quanto riguarda la produzione i polli e tacchini, si può pensare che la CSM provenga in buona parte da grandi aziende come Aia o Amadori che completano il ciclo produttivo dei polli utilizzando questa materia prima per preparare finte polpettine, finte fettine impanate, improbabili arrotolati e anche hamburger completamente ricostituiti utilizzando CSM.
Alla fine di questo ragionamento l’interrogativo di fondo rimane. È giusto chiamare carne un prodotto che costa 50 centesimi al chilo? Quanti consumatori sanno realmente cosa stanno comprando? Certo la normativa prevede che la CSM sia indicata in etichetta ma non basta. Secondo noi è improprio chiamare ancora “carne” la poltiglia rosa ottenuta spremendo le carcasse di pollo ad alte pressioni (*).
Purtroppo in Italia i würstel si sono sempre preparati in questo modo. Certo in alcuni supermercati si trovano wurstel con vera carne di pollo e di tacchino che però costano più del doppio. Forse vale la pena mangiare meno ma scegliere prodotti di qualità.
Invitiamo i lettori a mandarci le foto e indicarci i marchi dei würstel preparati con vera carne di pollo o tacchino senza carne separata meccanicamente.
(*) Nota
Il testo della commissione UE (leggi qui) dice che nella CSM “la struttura normale della fibra muscolare è in gran parte perduta o modificata in modo da non essere più comparabile con la carne normale… Dal punto di vista dei consumatori è perciò inaccettabile includere la CSM nella definizione di carne a fini di etichettatura”
Roberto La Pira e Giuseppe Pastori
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Così come per i prodotti che non contengono olio di palma, sarebbe utile che creaste una pagina con le varie marche che producono wurstel utilizzando carne “vera” e non csm.
Gentile Sam è proprio quello che abbiamo cercato di fare con questa nuova campagna: http://www.ilfattoalimentare.it/wurstel-di-pollo-carne-separata-meccanicamente.html
ma non può esistere un wurstel del genere, forse qualche marca tradizionale tedesca che li farà pagare il giusto per un cotto: 10 e passa € al kg
Sarebbe interessante sapere se anche “petali e biopetali di tacchino e pollo al forno sono prodotti con lo stesso metodo, la superfice di detti e petali e troppo grande per provenire da un taglio di carne.
Gentile lettore, lei sta parlando dei prodotti Golfera. Abbiamo rivolto la domanda all’azienda che così ci ha risposto.
I nostri prodotti petali bio di pollo e tacchino (prodotti cotti) sono preparati utilizzando carne di pollo e tacchino biologica, e non carne separata meccanicamente, tale scelta è evidentemente motivata dalla ricerca della massima qualità per il prodotto.
Il lettore che ha effettuato a voi la domanda, come tutti i consumatori, potrà trovare riscontro di ciò direttamente nella etichetta di prodotto, dove indichiamo “carne di ..”; come voi ricordate in un paio di articoli sul vostro sito, la normativa impone l’obbligo di etichettatura con il termine “carne separata meccanicamente” qualora venga utilizzata, quindi il consumatore è sempre in grado di discriminare il prodotto che va ad acquistare.
C’è un problema più grave: compreresti dei wurstel di carne che hanno il 40% di carne? E il cui terzo ingrediente è l’acqua (dopo pollo e tacchino)? Dove guadagnano veramente (le sottomarche), dalla carne spremuta o dall’acqua spremuta?
io personalmente rimango molto combattuto su questo argomento.
Sicuramente la CSM ha una qualità merceologica scarsa e non apprezzabile per questo, però non mi scandalizza molto il fatto che venga utilizzata. è un modo come un’altro per limitare gli scarti di produzione.
I wurstel che vengono fatti con pezzi di carne interi vengono comunque ridotti in poltiglia e poi insaccati.
Oltre alla scarsa qualità merceologica non vedo dove stia il problema.
Concordo. Non ci vedo nulla di ingannevole e probabilmente i consumatori che scelgono questi prodotti lo fanno solo per una questione economica.
Del resto, credo che nessuno sia così “ingenuo” da pensare che un wurstel pagato pochi centesimi contenga carne di qualità.
La Carne separata meccanicamente non è carne sia chiaro. Ognuno può fare le scelte che crede ma deve sapere cosa compra però.
Certo, è carne separata meccanicamente. Roberto, sul fatto che uno debba sapere cosa compra mi trova più che d’accordo.
il problema sorge quando l’informazione tende a demonizzare invece che a informare.
Il fatto che la CSM venga utilizzata da moltissime aziende e che la gente non sappia cosa sia è già un elemento che deve fare riflettere. La descrizione del metodo di preparazione e dei documenti ufficiali che descrivono questo ingrediente non è demonizzare ma solo informare.
Mi dispiace contraddire i più saccenti (forse ingenuamente in conflitto d’interessi) ma buona parte dei consumatori (se non tutta) non sa assolutamente nulla di CSM nè di cosa ci sia all’interno dei wurstel di derivazione avicola o suina. Lo dimostrano non leggendo le etichette scritte con diciture microscopiche! Se si facesse un sondaggio in merito sarebbe interessante leggerne i risultati discordanti. Quello che commette l’industria non è scandaloso…è infame! Non informa e vende prodotti diciamo convenienti (in commercio ci sono anche confezioni da 100g a 50/60 centesimi!) assolutamente non nutrienti e probabilmente dannosi per la salute. Tralasciando l’aspetto etico di un alimentazione sconsiderata…mi chiedo veramente quanto valga la pena mangiare un prodotto sì a basso costo ma altamente redditizio solo per chi lo produce. E per la cronaca stiamo parlando di una fetta di mercato altamente produttiva. I cosidetti wurstel di “qualità” che vengono venduti a 2/3 euro la confezione da 250g o 500g non fanno testo causa vendite molto infinitesimali rispetto alla maggioranza degli assortimenti wurstel nei banchi frigo.
Mi schiero alla grande con la redazione che badate bene “INFORMA” e non demonizza assolutamente!
Riflettiamo soprattutto sugli spot illusori ed ingannevoli costruiti ad arte con messaggi falsi ed ammiccanti tramite cui i grandi brand italiani ed esteri cercano di indurre a complicità e favoreggiamento (<>), specialmente se erroneamente tali alimenti vengono distribuiti proprio ai bambini e adolescenti, spesso anche crudi!
Io non ho mai detto che il Fatto alimentare non informi, anzi più volte ho fatto i complimenti per quel che scrivono e per quel che portano avanti. Io non mi riferivo alla redazione, ma alla tendenza diffusa di non informare ma demonizzare i prodotti.
vorrei solo che ci si fermasse a riflettere e si riuscisse a distinguere tra un prodotto “Infame” ed un prodotto che non è di qualità. le cose sono ben diverse.
E’ sacrosanto che un consumatore sia informato, ma lui stesso ha il DOVERE di leggere le etichette, basta con la scusa che il consumatore non legge, se non legge sono fatti suoi. Parliamo dei caratteri microscopici? è vero e su questo c’è da lavorare, ma la scritta c’è e se uno vuole la trova.
Poi bisogna che ci mettiamo in testa che non ci sono più soldi, vada lei sig. Contestabile da una famiglia che guadagna 800€ al mese a dire che non dovrebbe comprare un prodotto a 0,50-0,70€ ma dovrebbe spenderne il triplo.
Mi creda non sono per niente in conflitto di interessi, non lavoro in una azienda alimentare e non ne posseggo una e forse a peccare di saccenza non sono io.
Giovanni tu lavori in un industria alimentare e credo che questa tua arroganza non migliori il contenuto della discussione. 1)i prodotti alimentari al pari dei medicinali dovrebbero essere a prova di stupido; non puoi dire sono fatti suoi. I componenti di cui è fatto un prodotto, un alimento devono essere totalmente esenti da interpretazioni di sorta e non rispondenti a conformità legali o a soglie di tolleranza (vedi conservanti). 2) il problema risiede proprio nel sistema di società e nella creazione dell’industria alimentare (già il nome industria è un qualcosa semanticamente inappropriata) che ha creato automi che devono lavorare 12 ore al giorno e non sapersi fare le cose semplici e naturali di questa vita, tipo sapersi fare da mangiare e non relegare questo ad un industria alimentare il cui scopo è solo il profitto.3) (Questo non c’entra nulla con il discorso della qualità) – non ci sono più i soldi; Falso. questo è quello che crede la maggioranza delle persone, i soldi ci sono ma, vanno redistribuiti. Non a caso le industrie dell’alimentare fanno miliardi in tempo di crisi
Mettendo da parte le solite accuse di complottismo fuori luogo, ma la discussione era incentrata sulla consapevolezza del consumatore riguardo la provenienza del prodotto.
Io credo che chi compra un prodotto finito del genere a pochi centesimi abbia la piena consapevolezza di non comprare un prodotto di qualità pur non sapendo che cosa voglia dire CSM.
E’ giusto pretendere un’etichetta più chiara, ma ritengo che in fin dei conti ciò che preverrà sarà sempre l’aspetto economico, quindi cambierà ben poco.
Un consiglio, semplice. Lasciamo i wurstel a chi li ha inventati. Se vi va di mangiare carne di pollo, andate dal contadino, gli lasciate 15-20 euro, tornate a casa, sezionate il vostro pollo e cuocetelo a vostro piacimento. Io lo faccio sempre. Tornate a fare le cose che faceva vostra madre o vostra nonna, imparate ad essere abili con le cose semplici della vita. Ricordate, ma è solo una mia impressione, che se andiamo a fidarci dell’etichettatura o di cosa scrivono sulle confezioni gli industriali, non avremmo mai la certezza esatta tra ciò che scrivono e la realtà, oppure ci sarà sempre qualche dicitura costruita ad hoc, che allieti o no la nostra impressione di consumatore. Se poi volete e spero ne siate consapevoli, che spendendo 40 centesimi al chilo, abbiate un prodotto di qualità, bé allora comprateli questi wurstel ma, allora non è un problema di informazioni, ma di pigrizia.
Maverik salvo prova contraria bisogna fidarsi dell’etichetta, altrimenti il sistema non regge. Altra cosa è la pubblicità dove ci sono giustamente mole perplessità
Si infatti. Crederci perché il sistema deve reggere. Caro Roberto, penso che tu lo sappia, ma fidarsi del sistema è in qualche modo essere complice. Nessuno ad oggi ci garantisce che il sistema sia scevro da inganni e raggiri. Purtroppo è un sistema dell’uomo per l’uomo, ed io mi fido molto ma molto poco. Rimane tuttavia una mia opinione, credo che tu lo sai ma, le persone al 90% non sanno nulla di cosa mangiano, non si informano e non devono essere informate.
Aggiungo e lo scrivo qui ma vorrei estenderlo a tutti i post che mi è capitato di lasciare; ma voi tutte queste belle informazioni, giuste e adatte a creare critica, le diffondete nel quotidiano? Cioè vi capita mai di parlare a delle persone e informarle di ciò che mangiano?? questo sito è fatto benissimo ma secondo me arriva a solo coloro che ne vogliono essere informati e che già hanno un parvenza di capacità critica per gli argomenti che si trattano. Ma come si fa ad arrivare a tutta l’altra gente che ignora questo? Io ogni tanto ne parlo nel quotidiano e spesso le persone sono disinformate su tutto. Mi capita però che dopo un pò di tempo che le persone a cui ho parlato tornano e mi dicono, sai che forse avevi ragione? Mi è capitato per esempio non per un fatto alimentare ma, per le sigarette, che una ragazza dopo che avevamo parlato una mezzora a tavola insieme ad altri di cosa era il tabacco e cosa era il fumo di sigaretta, a smesso di fumare totalmente.
Quello che voglio dirvi è solo esortarvi a non limitare queste informazioni non a questo sito ma, alle persone che conoscete, rendendoli sempre un po più consapevoli…
Grazie.
Caro Maverik, in primo luogo ti dico che ti sbagli, io non lavoro in nessuna industia alimentare, anzi tutto il contrario, faccio l’ispettore alimentare nella ristorazione collettiva e tutti i giorni mi trovo a vietare prodotti come i wurstel perchè di scarsa qualità e a promuovere invece prodotto di natura biologica o di provenienza solidale piuttosto che filiera corta.
Evidentemente l’arroganza è tua visto che ti permetti di speculare sul mio lavoro.
E’ inutile fare discorsi sull’economia nazionale, le famiglie i soldi attualmente non li hanno e non li spendono e questo è sotto gli occhi di tutti.
Ti do ragione, come scrivevo anche al Dott. LA Pira, che le informazioni devono essere a prova di stupido e in tal senso le normative vanno riformate, ma non possiamo più nasconderci dietro il fatto che il consumatore non legge perchè se no non ha senso nemmeno riformarle.
Questa è la scoperta dell’acqua calda……ma è possibile che il consumatore sia cosi “ingenuo” che pensa sempre( o non pensa mai) di comprare quello che vede sulla busta o sulla pubblicità….. provate a comprare la materia prima e non i “macinati” che siano di carne, formaggio o verdure nn importa ingrassano solo chi li produce…
Noi consumatori siamo ignoranti eppure avremmo tutti i mezzi per esserlo meno. I caratteri microscopici sono una scusa e il nuovo regolamento sull’etichettatura in ogni caso normalizzerà anche questo aspetto. Il fatto è che la maggioranza dei consumatori se ne frega, salvo poi risvegliarsi quando “fomentata”. Come chi si scandalizza per il fatto che l’1169 non prevede l’obbligo di indicare l’indirizzo del produttore, ignorando che di fatto per i prodotti di origine animale è già così da più di 20 anni. Sono le istituzioni a dover educare e informare i consumatori (e già queste non lo fanno correttamente, come nel caso dell’origine) non le aziende. Le aziende devono lavorare onestamente e indicare in etichetta quanto previsto dalla legge in modo da permettere a tutti di fare scelte informate. Se poi c’è gente che perde mesi a studiare quale nuovo cellulare comprare e che per contro non perde nemmeno un minuto a leggere l’etichetta di ciò che mangia chiediamoci perchè.
La logica del confronto vorrebbe inoltre che chi legittimamente la pensa in modo diverso dai coloro che si sentono depositari unici della verità e che ci onorano di scrivere su questo sito non vengano tacciati di conflitto d’interesse. Non credo sia chiedere troppo, è semplice civile convivenza.
Approvo ciò che dice Alessandro. l’ho detto in mille altri post da me inseriti in questo sito e lo ribadisco..
Ma lo STATO DOVE STA??? Latitante, ricercato,..o ai domiciliari?? Dove sono gli scienziati? Perché non si esprimono a gran voce?? Qui non possono esserci spaccature. Se un prodotto non è tecnicamente fatto bene e non è “scientificamente” sano dovrebbe essere abolito, non messo in commercio; invece in nome del dio denaro facciamo leggi soglia, leggi tolleranza, leggi del non scientificamente provato. Ed è per questo che poi per esempio ci accorgiamo che determinate sostanze cancerogene o non proprio benevole ce le siamo mangiate a nostra insaputa, come il colorante sudan21 utilizzato per decenni fino al 2005 quando bel 2001 ben 4 anni prima era stato dichiarato cancerogeno, oppure l’attuale storia del glutammato, ma nessuno si esprime. Pertanto se io leggo una etichetta di ingredienti che non conosco come faccio a sapere se sono stupido io o c’è qualcosa che non va nel sistema?? Il semplice utente che compra dell CIBO non è che va in una armeria e chiede “mi dia un panino al piombo”, vai in un supermercato e pensa che tutti quei prodotti esposti siano CIBO, non surrogati chimici di dubbia natura cancerogeni entro termini di legge….non ho altro da aggiungere.
La CSM non è tossica, non fa male ecc. è un ingrediente mediocre come altri prodotti sul mercato. Le scoperte sulle sostanze o gli additivi alimentari nocivi per le persone sono progressivi nel senso che sono il frutto di ricerche che durano anni. I
Salve mi permetto di virgolettate questo pezzo di articolo “L’unica consolazione è che in l’Italia, essendo autonoma per quanto riguarda la produzione i polli e tacchini, si può pensare che la CSM provenga in buona parte da grandi aziende come Aia o Amadori che completano il ciclo produttivo dei polli utilizzando questa materia prima per preparare finte polpettine, finte fettine impanate, improbabili arrotolati e anche hamburger completamente ricostituiti utilizzando CSM.” . Desidererei solo precisare una cosa , tutti i preparati crudi (quindi non precotti) non possono per legge ( se non ricordo male) contenere csm , quindi gli arrotolati , gli hamburger e le polpette crude non sono finti …..per quanto concerne i prodotti cotti e sempre riportato quando la CSM e’ negli ingredienti….sta a noi stare attenti quando acquistiamo!!
Vogliamo ancora nasconderci dietro un dito?
Se i consumatori comuni sapessero realmente come vengono prodotti alcuni alimenti e soprattutto cosa contengono (in questo caso i wurstel, ma stessa cosa dicasi per tutti i derivati animali) nessuno più comprerebbe nulla! E non sarebbe una cattiva idea! Tanto la disoccupazione è comunque in aumento in tutti i paesi industrializzati proprio grazie a queste corporazioni speculative…italiane comprese. Chiedete ad una persona qualsiasi se conosce la parola CSM o OGM…il 90% vi risponderà ZERO! Chi DEVE informare in primis è l’idustria del cibo, seguita dalla distribuzione. Il legislatore deve vigilare e tutelare tramite leggi, normative e regolamenti.
Se domani un pazzo qualsiasi decidesse che carne avicola, bovina e suina possa essere lavorata insieme in una mega hamburger super squisito pieno di additivi e conservanti di dubbia origine, o che gli OGM siano sanissimi per l’alimentazione umana e quindi leciti e legali…non credo che i produttori obietterebbero in vista di possibili lauti guadagni. Dove c’è profitto c’è guadagno…alla faccia di tutti. Questo avviene ormai ingiustamente da anni. E i controlli sanitari sono troppo pochi e a macchia per fermare le speculazioni e le truffe. Tanto poi le multe le pagano per l’1% rispetto ai fatturati annui, e per il danno d’immagine poco se ne fregano…la gente comune è ignorante tanto quanto smemorata. Qualcuno parla più di mucca pazza o influenza suina? Tanto dramma all’inizio poi tutti sono tornati a fare le grigliate. E la tracciabilità che giustamente è stata introdotta, a chi è stata spiegata? A nessuno. Il consumatore non sa niente. Del resto è meglio avere una massa ignorante e silenziosa che una cosciente e sveglia che pone domande su cosa acquista e cosa mangia. Non è redditizio avere consumatori informati. Non è conveniente.
Perchè il caro “Francesco romagnolo” così simpatico nei suoi spot televisivi anzichè mostrarci l’allegra famigliola che prepara feste e festicciole con il barbecue e la loro bella carne derivata da sfruttamento ed incoscienza…ci spiega invece dove, come e quando avviene la catena di montaggio?
E per la cronaca le indicazioni sulle confezioni sono nulle, inesistenti e microscopiche. Lo è per me che macino da anni in questo settore, figuriamoci per la casalinga o il pensionato. Non si legge perchè NON si informa! La gente ha troppa fiducia. E fa male!
Il Fatto Alimentare come altri coraggiosi (vedi Report di Rai Tre) saranno anche una goccia nel mare dell’ignoranza, ma sono un valido inizio per abbattere il muro del silenzio omertoso.
Cominciamo tutti, protagonisti e comparse, a darci una mossa prima di soccombere dietro un capitalismo sfrenato ed incosciente.
Altri paesi più etici ed intelligenti di noi stanno già rivalutando una conversione positiva a questo sistema economico inconsapevole che sta portando solo danni in tutti i settori economici e sociali.
Il capitalismo moderno è destinato a finire.
Bisogna solo capire a quale caro prezzo. Quanto realmente costerà alle popolazioni borghesi…quelle del terzo mondo sono state già annientate da un industria alimentare devastante e sconsiderata.
Come dice Aia…altro che GIOIA.
E’ vero Roberto forse la mia digressione è forzata e si parla di CSM e non di additivi. Il punto è che CSM è un termine legale per definire una carne che sarebbe da buttare poiché non ha, in termini nutrizionali proprietà eccellenti e non eccelle per gusto o sapidità. Se metto tutto in autoclave e sterilizzo, poi aggiungo additivi ad una qualsiasi sostanza siffatta e gli do un nome legalmente riconosciuto sono a posto con tutti. In secondo luogo dico a Fabrizio che è vero, sicuramente le carni italiane sono le “migliori”, tuttavia sei mai stato in un allevamento di imprenditori alla stregua di quelli che citi?Lasciate stare le normative, andate a vedere da consumatori cosa mangiate