Alle 18:30 di sabato 15 settembre, nel nuovo tempio del caffè a Milano firmato Starbucks erano entrate 4.854 persone e mancavano più di tre ore alla chiusura. La fila per entrare era di 15 minuti. L’attesa però viene ripagata dalla vista di un locale che su 2.300 metri quadrati propone 3 diverse aree (bar, caffè e snack) e una grandissima torrefazione in piena attività, posizionata al centro, con tanto di silos e linea di confezionamento. Non è esagerato considerare questo negozio il primo tempio italiano del caffè, anche se la firma è americana.
Il locale avrebbe fatto bella mostra a Expo e ancor di più a Fico a Bologna. La società non vuole sbilanciarsi sull’entità dell’investimento, ma qualcuno suggerisce somme vicino a 10 milioni (forse troppi per risultare remunerativo). Ma l’investimento va inserito in un contesto più ampio, quello di una catena americana che entra per la prima volta in un Paese considerato la patria del caffè, con l’intenzione di restarci e di espandere rapidamente la rete sul territorio. Un inizio così effervescente è probabilmente una mossa per rompere il ghiaccio e iniziare con un forte slancio il percorso di presenza sul territorio. Per fare questo si è scelto un format di eccellenza, diventando subito il più grande d’Europa e il più completo Starbucks tra i 3.100 locali sparsi per il mondo, tanto da ospitare per la prima volta anche un’area cocktail e aperitivi. Certo i prezzi sono superiori alla media, ma è anche vero che la gente si ferma circa 30 minuti, molto di più di un bar tradizionale.
Come 40 anni fa l’università e la scienza del caffè aveva sede a Trieste nei laboratori di Illy, oggi la cattedrale dei chicchi tostati si trova a Milano nell’ex sede centrale delle poste e porta il marchio USA. Uno spazio dove la cultura del caffè incontra il bar all’italiana, all’interno di una vera torrefazione. È facile prevedere l’inserimento del Starbucks Reserve Roastery tra le nuove mete dei milanesi e ancor di più dei turisti che affollano il capoluogo Lombardo.
Anche Lavazza e Illy hanno inaugurato in diverse città bar molto accattivanti, ricchi di spunti sulla cultura del caffè, eppure Starbucks sembra aver superato tutti. Certo i prossimi bar della catena americana, già programmati a Milano e in altre località, avranno superfici e dimensioni decisamente più limitate, e saranno simili ai modelli Starbucks situati nelle altre città europee. Questi nuovi bar potranno essere paragonati ai locali firmati Illy e Lavazza e dovranno anche battersi con la loro concorrenza. Sarà questa la vera sfida da giocare, tra la catena americana e i modelli italiani, basata su elementi come il prezzo, il servizio e la qualità della miscela.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
L’Italia continua purtroppo nella terribile discesa che la condurrà ad essere sempre di più una copia degli USA.
Mah, io non ci vedo nulla di male. Il caffè Starbucks è qualcosa di completamente diverso dall’espresso italiano e anche le occasioni per consumarlo sono differenti: il caffè Starbucks non te lo bevi certo al banco in due minuti o a fine pasto, ma magari può essere “confortante” nelle giornate fredde…
Sempre più “kolonia amerikana” che sconforto!
Non siamo colonizzati, ma colonizzabili, troppo italioti per resistere ad un intruglio da tachicardia ma tra cliché di marketing. Non abbiamo speranza, dopo McDonald’s anche loro
Questo paragone tra McDonald’s e Starbuck è improprio. Non è un intruglio e non è solo marketing.
Ma questi Milanesi che fanno la fila per una bevanda neanche fosse un prodotto Apple. Mah
Non vedo che un mesto futuro per un popolo, che pur vivendo nella patria del caffè Espresso, si mette in fila per farsi somministrare, a caro prezzo, una brodaglia scura.
E’ semplicemente un indicatore di quanto il livello dell’italiano si sta abbassando…
Sono d’accordo con i commenti che mi hanno preceduto. Fare la fila per bere un caffè solo perché è un Brand americano
Ma noi siamo la patria dell’espresso.
ci sono 4000 bar gestiti da cinesi a Milano e ci preoccupiamo di starbucks 🙂
Se è per questo ci sono anche migliaia di pizzaioli egiziani, che c’entra ??
Il concerto Starbucks fa parte di un meccanismo ormai globalizzato e che veda la concorrenza senza frontiera una delle caratteristiche epocali delle ultime generazioni economiche. Nessuno di noi si chiede perché avere un Mac o un Apple sia un progetto ambizioso nonostante si tratti di prodotti di imprint stranieri. Il problema è invece di assicurarsi che questi grandi conglomerati seguano le vie ordinarie. degli impieghi locali, assumendo onestamente forza lavoro locale, impiegando giovani che hanno bisogno di occupazione. Certo in un’America che fa protezionismo, aumentando dazi e contrastando i prodotti di importazione, avrebbe un senso reagite di conseguenza. Ma siamo in una situazione di bisogni diverrai. Non possiamo, almeno per adesso, permetterci di scegliere un panfilo quando un salvagente qualunque può. Salvarci la vita. Penso che col tempo impareremo a vedere la concorrenza non come una minaccia ma come una sfida da prendere seriamente al fine di consolidare maggiormente le nostre rispettatissime eccellenze di produzione
Che tristezza! La “Roastery” (per gli abitanti della colonia nella lingua locale “torrefazione”) studiata per ottenere un grande “Wow impact” (come ha più volte dichiarato il responsabile della gestione del locale, sempre in lingua locale “impatto sorprendente”)!!!! Quanto ai bar gestiti dai cinesi, il paragone non ha proprio nessun senso…. Invece vedo bene il collegamento con Expo, le due realtà vanno nella stessa direzione ……
Mah!!! Pronostico fatto per l Italia per il 2128…Abitanti 16.000.000…Ci sara un motivo no??